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La pizza filosofica

Una volta alla settimana, dal venerdì alla domenica, consumiamo il nostro rito culinario mettendo sul gradino più alto del palato, mozzarella, pomodoro e poi a scelta, sulla base lievitata, prosciutto e funghi o carciofini, oppure che la fantasia trionfi!

E' un rito che inizia con una telefonata per le ordinazioni ed il conseguente tragitto fino al locale pubblico, da me, più calpestato negli ultimi quindici anni. Nonostante ciò non conosco i nomi battesimali dei coniugi campani che gestiscono la ristorazione e loro non conoscono il mio, ma questo pare non crei nessuna difficoltà all'atto del pagamento.

Lei, bella pacioccona, incassa e mi elargisce le bibite annesse, lui, piccolo furetto col pizzetto, saluta con la mano, fischietta e son sicuro che segna mentalmente la mia venuta, un po' come si fa sul lavoro col cartellino. Nel giorno dell'ultima timbratura, dopo aver preso in consegna i contenitori fumanti, mi sono diretto verso il parcheggio subito dopo un altro cliente, la mia auto affiancata alla sua. Metto in moto, mette in moto.....anzi no, la sua non parte.

Insiste sulla chiave, usando quattro volte la forza necessaria ma...niente.

Sbigottito, quasi in panico, scende e prova il funzionamento della chiusura centralizzata, forse pensando ad un difetto nel riconoscimento della chiave, ma tutto funziona perfettamente, tranne il motore che non si avvia. Abbasso il finestrino, sempre fermo nel mio parcheggio e gli allungo uno sguardo da pronto soccorso, ma lui mi ignora totalmente. Faccio retromarcia, mi metto di traverso e ci riprovo, questa volta con la voce: «hai bisogno?». Mi lancia i suoi occhi, quasi fossi quella scintilla che si rifiuta di accendere il motore, con lo sguardo di chi vuol dire << non t'impicciare, son già nei guai, non vedi? >>, poi si gira e dice a se stesso « mi ha portato fino a qui! » senza ringraziare, né scusarsi.

Ho un attimo d'indecisione, poi la destra ingrana la prima e lentamente m'avvio a cena.

Solo qualche chilometro mi separa dalla mia abitazione, ma il tempo è sufficiente per rimuginare sull'accaduto e sopratutto su quella frase « mi ha portato fino a qui!» pronunciata con l'espressione inebetita di chi rifiuta qualsiasi cambiamento, come se tutto fosse immutabile nel tempo e nello spazio. L'accettazione del concetto in cui tutto passa e si trasforma, elaborato nell'attimo di grande difficoltà o più semplicemente nel momento di un banale contrattempo, dovrebbe essere uno stimolo per interagire meglio con gli altri ed invogliarci a scambiare esperienze, perlomeno un saluto, una cortesia. Ma è probabile che non tutti elaboriamo allo stesso modo.....anzi il sospetto è che qualcuno non elabori un bel niente. La vita è un continuo mutamento, a volte ciclico, ma necessario, penso, un po' come faranno queste pizze che muteranno in energia per il nostro corpo ed ancora più in là, alla fine del processo metabolico...no, qui mi fermo.

Di ciò che producono certi comportamenti umani, scriverò un'altra volta.

 

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