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Angelo Zabaglio

 

 

Preceduta da un mio testo poetico nato per ispirazione da essa, ecco l’irresistibile intervista ad Angelo Zabaglio alias Andrea Coffami

L’intervista

Così imbevuta la domanda
di seriosa compenetranza
alla ricerca del senso poetare
replicando lieve il passo in danza
in grazia di piuma lei s’inchina.

Spiazza per risposta l’ironia grassa
il fumo in sigaretta e due bicchieri
d’alcoolico spaiato.

Dobbiamo ridere ci dice
e nel solletico (s)offriamo
lo scherno della maschera
alternanza di ganci a coniugare
l’amarezza del rigido stirare
i muscoli facciali in cartapesta
al dramma di tragedia antica
per teatro greco a pianto e pietra.
 
Il poeta dice il mondo
ma in te così frizzante e opposto
a cono per cappello di giullare
si rispecchia rovesciato in dentro
per poesia (s)porta indicibile
occultata al verso interno.

Loredana Semantica

 

L'intervista

 

Maria Rilke dice nelle sue "lettere ad un giovane poeta" di chiedersi prima di iniziare: morirei se mi fosse negato di scrivere? Si dice che la scrittura abbia origine in una fonte sotterranea alla quale lo scrittore attinge, nella quale torna ad immergersi per ritrovare intatta e viva la frattura da cui sgorga la scrittura. Anche per te è stato così?

 

Andrea Coffami: Che domanda bislacca. Morirei se mi fosse negato di scrivere? Non esageriamo, se mi vedo alle strette imparerei a parlare e la cosa si risolverebbe così. Non facciamone un dramma dai! Per quel che riguarda le fonti è vero. Attingo da molte fonti, in realtà non creo nulla di nuovo, leggo gli scritti degli altri e modifico le parole mantenendo lo stesso numero di sillabe. È un gioco.

 

Ci puoi parlare delle origini della tua scrittura?

 

Andrea: Sì, certo non c'è nessuno che me lo vieta. L'altro ieri mattina non avrei potuto perché c'era un tizio anziano che per un paio d'ore mi ha puntato la pistola alla tempia e mi ha detto: “Non parlare delle origini della tua scrittura altrimenti ti sparo”. Poi è andato via. L'ho rincontrato alle poste che ritirava la pensione d'invalidità.

 

Dal bisogno al sogno. C’è un momento nel quale lo scrittore si rende conto che oltre l’ispirazione scrivere può essere la strada, una via da percorrere, una scelta di vita. Quando hai acquisito questa consapevolezza? Consideri in questo senso la scrittura una sorta di vocazione?

 

Andrea: Non ho ancora acquisito questa consapevolezza per fortuna, io scrivo tentando di dare piccole emozioni, m'illudo che chi legga le mie cose sorrida pure per tre secondi oppure vomiti con il cervello per qualche minuto. Lo scrivere può essere una vocazione ma non è certo l'unica strada da percorrere, altrimenti c'è il rischio di rimanere soli in questa vita e senza pane a fine mese. A mio avviso la scrittura più che una vocazione è una condanna piacevole. Può renderti la vita impossibile soprattutto quando non hai carta e penna a portata di mano.

 

Quali sono le figure di riferimento della tua opera? Non solo tra i grandi, ma anche persone che sono state per te guide, punti d’appoggio o modelli. Ti viene in mente un nome al di sopra di tutti?

 

Andrea: Sicuramente ho dei modelli di riferimento, primo tra tutti Karim Capuano.    

 

La ricchezza dei contenuti delle poesie di Emily Dickinson ha indotto a definire la sua opera una sorta di cosmogonia, gli scritti di Kafka sono pervasi da un senso di colpa incombente ed invincibile e tanto si è parlato del pessimismo cosmico leopardiano. Quale ritieni sia la nota distintiva o il tema ricorrente del tuo scrivere?

 

Andrea: Forse l'ironia. L'ironia è sovversiva come disse qualcuno sul tram stamattina. La fase del pessimismo cosmico l'ho superata per fortuna ma ancora pervade nella letteratura e nell'arte. C'è una totale disattenzione e sottovalutazione della comicità e della risata nel nostro ambiente culturale che è spaventosa. Fa molto più “culturale” il dramma, il pianto, lo sfruttamento delle tristi emozioni. La risata invece è sovversiva, mantiene attivo il cervello, lo stimola, lo rende libero, pronto ad agire e reagire. Il crogiolarsi nel dolore invece è un atteggiamento reazionario che non porta a nessun cambiamento. Quindi 'fanculo Leopardi e tutta la razza dei felini in generale.

 

Si dice che scrivere, specie poesie, sia un’attività essenzialmente inutile, proprio per la sua peculiare incapacità di produrre beni materiali, per la sua natura afinalistica, eppure ad essa si dedicano ore ed ore al giorno. E’ così anche per te?

 

Andrea: No no, io scrivo solo mentre sono in bagno, quindi un paio d'ore al giorno e non di più.

 

Quali sono state le soddisfazioni che ti sono giunte per mezzo della scrittura?

 

Andrea: Mi offrono da bere ai locali quando vado a leggere le cose che scrivo, e non è poco, considerando che bevo minimo quattro cocktail a sera. Poi si conosce un sacco di gente e non è poco neanche questo. Poi dormi spesso in case diverse dalla tua e anche questo non poco. Poi grazie alla scrittura quando ho mal di gola e non posso parlare, mi basta scrivere su un pezzo di carta ed i miei amici mi capiscono lo stesso.

 

E cosa speri possa darti nel futuro?

 

Andrea: Mah... al futuro non ci penso. Vorrei avere dei figli ma non sono una donna e con la scrittura è da pazzi credere si possa costruire qualcosa. Quindi per il futuro spero di trovare un lavoretto che mi permetta di pagare l'affitto a fine mese per continuare a scrivere stupidate.

 

Siamo quasi alla fine dell’intervista e questo punto ti chiedo: quale domanda ti sarebbe piaciuto ti fosse rivolta?

 

Andrea: “Quale domanda ti sarebbe piaciuto ti fosse rivolta?” è perfetta ma come ho notato me l'hai già fatta. Diciamo allora: “Viene prima il testo o componi dopo la musica?”

 

E per finire ci vuoi parlare di cos’è secondo te la poesia oggi? Andrea: La poesia dovrebbe cercare di far sorridere, ma spesso si confonde con il solletico ai piedi. La poesia è un'entità che per fortuna possono comprendere tutti (a parte mio nonno che è morto). La poesia a volte è premiata e questo è buono soprattutto quando si vincono soldi. La poesia è dittatura mascherata da libertà. La poesia è paracula perché una marea di poeti scrivono solo frasi incomprensibili che non trasmettono nulla. La poesia è una cosa bella ma è molto meglio un piatto di spaghetti ajo e ojo alle tre di notte. A mio modesto avviso.


 

Angelo Zabaglio

Nato a Latina nel 1979 è artista eclettico, poeta, sceneggiatore, musicista, da oltre un decennio performer in reading letterari, vincitore di numerosi slam poetry, ha pubblicato la raccolta di racconti “Lavorare stronca” (Casa Editrice Tespi – 2008), l’antologia poetica “Non tutti i dubbi sono di plastica” (Arcipelago Edizioni - 2007) ed il CD poetico/musicale “Pene” (Nicola Pesce Editore - 2007) dove la voce ed i suoi testi si miscelano con le musiche elettroniche di Marco Russo.

Suoi testi sono apparsi in numerose riviste letterarie tra le quali: “Toilet”; “Underground Press”. Con gli pseudonimi Vertigo ed Andrea Coffami ha composto il CD“Maniscalco – poesiole remixate alla meno peggio” (2008) in free download su www.jamendo.it nel quale miscela la poesia all'aspetto musicale dell' Hip Hop.

Per conoscerlo meglio:
http://zabaglioangelo.splinder.com
http://myspace.com/andreacoffami
http://myspace.com/vertigozabaglio

 

-Associazione Salotto Culturale Rosso Venexiano
-Direttore di Frammenti: Manuela Verbasi
-Supervisione: Paolo Rafficoni
-Intervista di Loredana Semantica
-Autore intervistato Angelo Zabaglio alias Andrea Coffami
-Redazione
-Editing: Manuela Verbasi

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