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La meraviglia, il miracolo, il prodigio

 
Prese in esame tre liriche di Montale. Nell’ordine: “Meriggiare pallido e assorto”, “Forse un mattino”, “Spesso il male di vivere”.Con l’obiettivo di intessere un discorso atto a cogliere elementi comuni e sovrapponibili del pensiero di Montale con misticismo e spiritualità orientale. Montale, occidentale di indubbia provenienza e formazione, strizzare l’occhio,probabilmente inconsapevolmente, ad Oriente. Proprio lui che una volta, alla domanda postagli intorno all’esistenza di Dio,rispondeva: “per quanto io mi sia levato in punta di piedi, non l’ho veduto”.
 
 
 
 
                La meraviglia(triste meraviglia)
 
 
Meriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d’orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.
 
Nelle crepe del suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
che ora si rompono ed ora si intrecciano
a sommo di minuscole biche.
 
Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare,
mentre si levano tremoli scricchi
di cicale dai calvi picchi.
 
E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com’è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.
 
Nell’andare nel sole che abbaglia, rivelarsi la cecità dell’esistenza e la triste meraviglia della vita come dolore. La vita-dolore primo comandamento del Buddismo. Un brutto guaio che i buddisti affrontano perseguendo la perfezione, limitando, quindi, il ciclo delle reincarnazioni. Perfezione e reincarnazione, temi sconosciuti al Montale, ipotesi che avrebbero potuto accendere una fiaccola nel suo buio pesto. Però vediamo come prosegue il Nostro…
 
 
 
 
 
 
                                                       Il miracolo
 
 
Forse un mattino, andando in un’aria di vetro,
arida,rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:
il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro di me
con un terrore di ubriaco.
Poi come su uno schermo, s’accamperanno di gitto
alberi case colli per l’inganno consueto;
ma sarà troppo tardi ed io me ne andrò zitto,
tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.
 
Il miracolo è la rivelazione dell’inganno del mondo. Montale gli ha tolto il velo di Maya,  per dirlo come un induista. Poi si accontenta di avere l’esclusiva come effimera consolazione.
 
 
        Il prodigio
 
 
Spesso il male di vivere ho incontrato
era il rivo che gorgoglia
era l’incartocciarsi della foglia
riarsa,era il cavallo stramazzato.
 
Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.
 
Penso che meglio di Montale nemmeno i taoisti, che pure sono maestri nell’arte dell’indifferenza, della sonnolenza verso il mondo, del distacco, avrebbero potuto esprimersi meglio. Ecco il cercatore di verità,quella verità che in Oriente viene rivelata dall’alto e che nell’Occidente laico di Montale è dolorosa ricerca. Montale aveva provato a valicare il limite dello stesso Occidente arrivando davanti al frontone della porta d’Oriente. Si è arrestato laddove si arrestano i poeti, affezionati al loro crogiolo di dolore disperato. Chi li consolerà se non la rassicurazione sulla così tanto temuta morte, il cui ridondante pensiero ha segnato di malinconia le loro facce smunte.

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