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Passeggiando sulle Mura di Treviso

Le Mura di Treviso che circondavano tutta la città per una ampiezza di circa 5 chilometri, furono costruite sotto la direzione di Frà Giocondo verso il 1510, per difendere gli attacchi alla vecchia Tarvisium. L’opera respinse gli attacchi dell’esercito della Lega di Cambrai nel 1511.
Dunque sono molto vecchie,  ma lavori di restauro le hanno portate ad essere la passeggiata dei trevigiani, jogging ed eventi culturale e gastronomici.
Stavolta toccava al Elvis Presley day folcloristica manifestazione il cui intento è di cercare di tener sempre vivo il mito di Elvis con tutto il suo contorno dell’epoca. Vincendo la pigrizia abituale, decisi di fare un salto per dare un’occhiata a questo baraccone.
La mia casa natale era situata in zona Frà Giocondo. Bastava attraversare la strada e le mura erano la. Una rapida corsa sulla ripidissima  riva e arrivavo nel mio “regno” in attesa di amichetti.
Stavolta scelsi una delle varie salitelle di accesso: quella situata vicina alla mia vecchia abitazione.
La mente ritornò subito indietro negli anni. Quante giornate avevamo passato a giocare. Quanto tempo avevamo trascorso, seduti nel terrapieno, con le carte per lo scopone scientifico, oppure al  paga pegno con la speranza di rubacchiare un bacetto …. Alzai lo sguardo e non vidi più la mitica panchina di marmo dove qualcuno aveva inciso la scacchiera della tria e della dama.
Mi misi a camminare verso il luogo del Festival. Era caldo ma gli ippocastani rendevano piacevole la passeggiata. Quante volte eravamo andati a caciare in quel posto. Le presunte prede erano le lucertole e gli uccelli. C’erano decine di passeri, ora scomparsi, fringuelli, lucherini, verdoni.  Un luogo pieno di cinguettii vari che noi avevamo imparato a riconoscere. Qualche rarissimo merlo. Insomma la facevano da padrone i passeri. Noi non ne prendevamo  quasi mai uno. Gli alberi erano alti e le nostre “armi” erano scarsotte: fionde e qualche flobert per chi poteva permetterselo. Ci rimettevano solo le lucertole che uscivano dal letargo e mettevano fuori la testa dai buchi degli alberi dove avevano svernato.
Continuando a camminare raggiunsi il primo basyione da noi usato come campo di calcio in alternativa ai sottostanti giardinetti. Quante partitelle, quanti calci e anche innocenti baruffe..
Qualche altro passo e arrivai in zona festival. Si teneva da zona porta Caccianiga sino al grande torrione di San Marco.
Olezzo di profumi vari, magliette celebrative, gente che mangiava quell’orribile cibo americano.
Persone vestite da country con cappelli e stivali, bikers ecc. ecc.  Nel grande semicerchio era appostato il palco. Un gruppo stava suonando del Rock and Roll. I livelli erano altissimi. Qualche coppia si esibiva in un rock acrobatico. Ognuno nei suoi limiti.
Io vagavo per vedere se trovavo qualcuno che conoscevo. Mi diressi verso il muretto e buttai l’occhio giù.
Da ragazzini eravamo certamente un po’ incoscienti , pensai tra me e me,  a scalare le mura dalle sponde del Siletto. Circa una decina di metri. Scalata a mani nude mettendo i piedi nei diroccati mattoni. …. Qualcuno certamente cadde ma con conseguenze lievi.
La musica continuava a spaccarmi i timpani. Mi diressi allora verso la strada dove erano parcheggiate delle lucenti Cadillac.
La strada, con la curva rialzata, in zona collegio Pio X mi fece tornare in mente le corse in bicicletta che noi ragazzi facevamo. Una sfida dove il traguardo era posto vicino a porta Caccianiga. Si poteva fare. Di auto ne passavano pochine. Noi credevamo tutti di essere dei Maspes  o dei Gaiardoni che erano i re della velocità in pista. Erano 250 metri tutti di un fiato in apnea pura.
A questo punto del festival di Elvis non mi interessava nulla. Lui era stato il nostro idolo e ascoltavamo tutte le sue canzoni. Questi erano dei pacchiani imitatori.
Ritornai indietro lentamente attraversando un sacco di gente. Il mio pensiero andava alle Mura. Luogo della mia infanzia e della mia giovinezza. Luogo di intimità se avevi la fortuna di trovare una ragazza.
C’era un venticello e i maestosi ippocastani antichi, cioè quelli rimasti, con le loro larghe chiome muovevano le foglie. Mi misi a guardare un attimo e poi lentamente ripresi la strada di casa. Accompagnato da mille ricordi e pensieri.
Treviso, lì18 giugno 2018

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