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Brividi

Ci ero passata davanti una prima volta andando all'ufficio postale: nel parcheggio vuoto dalle ferie estive la sua macchina mi aveva incuriosita, lei era lì, al posto di guida, il finestrino aperto, il suo profilo pallido, la mano che reggeva la sigaretta. Sul sedile posteriore una trapunta chiara a fiori azzurri.           -Attenderà qualcuno- fu il mio pensiero . Al ritorno era ancora lì, la testa poggiata sulle braccia incrociate sul volante, pareva dormisse, ma mi accorsi che il corpo sussultava piano, mi avvicinai al finestrino e diedi due piccoli colpi con le nocche: alzò il viso con uno sguardo spaventato e vidi l'altro lato del volto, l'occhio tumefatto e un segno rosso violaceo dalla fronte allo zigomo . - Hai bisogno d'aiuto? - Si girò a guardare il sedile posteriore, poi aprì la portiera e scese.  Le sue braccia erano piene di segni scuri  - Che ti è successo? - la domanda mi uscì improvvisa anche se intuivo la risposta . - Il mio compagno - sussurrò continuando a guardare dentro la macchina . -Me ne sono andata appena si è addormentato. Ho viaggiato tutta la notte .- Sfugge il mio sguardo . - Non so cosa fare. - Allargo le braccia e l'accolgo, lei e il suo pianto disperato.
Nonostante le sue promesse, nonostante il mio amore  lui l'aveva rifatto : era tornato ubriaco e con odore di donna addosso . Mi ero girata di spalle, nel letto, fingendo di dormire con lo stomaco contratto dagli odori che emanava, ma non ero riuscita a trattenere le lacrime, e un singhiozzo mi era sfuggito. Il primo colpo mi colse  di sorpresa - Sei sveglia ? - la voce sbiascicata non preannunciava nulla di buono. Mi prese i capelli tirandoli con forza e arrivò il secondo colpo sulla schiena. Mi mordevo le labbra per non urlare: sapevo per esperienza che avrebbe infierito più forte al mio grido. Mi prese un braccio girandomi a forza - Ma sì che sei sveglia - La sberla mi riempì il volto, mi coprii con le mani e lui si mise seduto sopra di me, il suo peso sul mio ventre, mi prese i polsi allargandomi le braccia - Bentornato !!  Non me lo dici bentornato ? - Il suo alito pesava sul mio respiro - Bentornato - sussurrai . Mi pose le mani sui seni, strizzandoli, poi sul collo a stringere  - Non è un bel beltornato! - Cercai di liberarmi dalla stretta, più spaventata che mai. E poi cominciò, come sempre, colpo su colpo, a darmi la lezione che secondo lui meritavo, e io pensavo già alle giustificazioni del giorno dopo, ed è così difficile d'estate, quando i corpi sono più liberi dai vestiti, nascondere la propria vergogna.
- Vieni , ti offro un caffè -  Si ritrasse di colpo dal mio abbraccio - No, non posso- Si coprì con una mano  il volto segnato  girandosi verso il retro della macchina . E come prima avevo intuito il motivo del suo stato  - C'è qualcuno lì, vero ?. - Il suo occhio sano diventò sottile , iniziò a negare piano con il capo . Mi avvicinai all'auto gettando uno sguardo a quello che sembrava un fagotto fatto con la trapunta . Sospirò, lei, lasciandosi cadere a terra ...
Avevo perso da tempo la forza di dire basta, quando capitava cercavo di estraniarmi dal mio corpo, pensavo alle cose normali di casa, a quello che avrei preparato per pranzo o per cena, alla biancheria da stirare, ai calzini da rammendare; i colpi parevano meno dolorosi, così, e poi lui avrebbe smesso, si sarebbe 'svegliato' dal suo, di incubo, e io dal mio e mi avrebbe abbracciato ancora, ninnato tra le sue braccia dichiarandomi quanto mi amava, avrebbe leccato le mie lacrime, promesso di nuovo -ancora e ancora- che non si sarebbe più ripetuto... ma entrò Ettore, aprì la porta piano - Mamma ? Papà? -
Mi chinai su di lei, la spostai piano e aprii la portiera dell'auto, la raccolsi e pareva un fuscello abbandonato, aveva un peso leggero e nemmeno i  vestiti tamponavano la sensazione sui miei polpastrelli di ossa e carne infrante, con delicatezza la posi sul sedile, poi guardai il sedile posteriore : c'era qualcosa, lì avvolto, qualcosa di piccolo, uno strano odore pesante  mi colse, allungai una mano a scostare la trapunta e apparve il suo viso ... dormiva?
Ci sono accadimenti che rimangono nella nostra testa come fotogrammi rallentati , impressi a fuoco: al suono della voce di Ettore lui si alzò di scatto, non lo fermarono gli occhi attoniti del figlio, gli si avventò prendendolo sotto le ascelle ... e lo scaraventò addosso al muro . Il volo mi sembrò infinito e il suono dell'impatto l'ho ancora nelle orecchie, un suono sordo come il frantumarsi di ceramiche dentro ad uno scatolone. Il dopo è un incubo che non ricordo, mi svegliai che lui dormiva, il mio corpo stremato come la mia anima, Ettore ancora lì, presi la trapunta del suo lettino, lo avvolsi ...e me ne andai .
 

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