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Della materia e della sua apparenza

Giorgio Morandi, Natura morta, 1929.
«Rintraccia nel cielo sbiancato il sole d'oro
senza evasioni in una sola metafora.
Guardalo nella sua nudità essenziale
e dì: questo, questo è il centro che cerco.»
 
È lì, immerso in quel cielo plumbeo e solitario e osserva, sonnecchiando, i profili dei passanti.
Sta lì, ignaro della vita che dona, eppure così forte, possente ed onnipotente nella propria incosciente luminescenza.
Non mi era mai capitato di pensarlo così a lungo, di concretizzarne la reale essenza. Spesso ci si accinge alle cose considerando soltanto quella che è la loro apparenza esterna; si dice di sapere cosa sia un tavolo, una sedia, un sasso, eppure, in realtà, rarissime sono le volte in cui ci si sofferma ad osservare con occhi nuovi questi oggetti del quotidiano, scavandone oltre la forma sensibile.
Ed è così che capita di conoscere per la seconda volta, anzi più profondamente, l'essenza del mondo circostante, poichè tutto ci apparirebbe nuovo se svegliassimo gli occhi e l'intelletto per dedicarci a questo tipo di esplorazione della realtà.
Un po' come fanno gli Iperrealisti o i Realisti magici.
Essi scovano nella realtà e nella apparente semplicità della materia quel tanto di altro che sfugge ai più, catapultano sembianze del quotidiano in una dimensione che conosce qualcosa di diverso, di più profondo, eppure sublimemente reale, materico.
Una sorta di alchimia delle forme che non è già magia né illusione: è la pura essenza delle cose che si svelano all'occhio nude e nuove.
La bellezza che risiede in tutto questo, sta nel fatto che le cose stesse sembrano essere inconsapevoli delle vibrazioni che emanano: un frinire di onde, di input ottici percepiti da astanti più o meno distratti.
Se la materia sia sostanza o puro pensiero, ciò non ci è dato ancora di scoprire, ciò che però pare essere concesso, è proprio questo infinito, perturbante e continuo riscoprire il mondo.
 
Alexis[A.H.V.]
12.06.2011
 

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