Scritto da © Ezio Falcomer - Lun, 12/03/2018 - 08:16
Piccola poesia idiota e inutile,
scritta di domenica mattina
tanto per occupare uno spazio bianco,
vorrei assegnarti messaggi fondamentali
per l'umanità. O forse invece non dire niente.
O qualcosa di così minimalista
e piccolo borghese da meritare
la cancellazione. Io che non ho mai avuto
la certezza di essere collegato all'Essere,
ma di essere solo
un accidente transeunte.
Un foruncolo del caso. Ma forse
riempio lo spazio bianco con costrutti
e figure retoriche tratte
dalla tradizione o dalla modernità
o dalla postmodernità per... tutto questo
per sfuggire all'angoscia
della pagina bianca, per non dire
di non aver provato a fecondare
il grande utero vuoto e bianco
della grande madre della scrittura.
Così difficile e pericoloso è il ruolo
di chi si assume l'incarico
d'imbrattare lo spazio bianco,
spazio di luce pura, di puro essere.
La scrittura lo macchierebbe,
lo ridurrebbe a imperfezione, a relatività,
a nulla. Il peccato originale
fu un gesto di scrittura,
da lì nacque la condanna alla ripetizione,
alla serialità, al feuilleton,
all'attesa del lettore, terribile mostro,
l'attesa del lettore, che fa tremare i polsi,
e schiavizza lo scrittore a seguire dei modelli
per soddisfare l'attesa del lettore.
L'attesa del lettore
è il piccolo inferno dello scrittore.
Maledetto sia tu, lettore, piccolo satana
di questa cosmogonia domenicale.
scritta di domenica mattina
tanto per occupare uno spazio bianco,
vorrei assegnarti messaggi fondamentali
per l'umanità. O forse invece non dire niente.
O qualcosa di così minimalista
e piccolo borghese da meritare
la cancellazione. Io che non ho mai avuto
la certezza di essere collegato all'Essere,
ma di essere solo
un accidente transeunte.
Un foruncolo del caso. Ma forse
riempio lo spazio bianco con costrutti
e figure retoriche tratte
dalla tradizione o dalla modernità
o dalla postmodernità per... tutto questo
per sfuggire all'angoscia
della pagina bianca, per non dire
di non aver provato a fecondare
il grande utero vuoto e bianco
della grande madre della scrittura.
Così difficile e pericoloso è il ruolo
di chi si assume l'incarico
d'imbrattare lo spazio bianco,
spazio di luce pura, di puro essere.
La scrittura lo macchierebbe,
lo ridurrebbe a imperfezione, a relatività,
a nulla. Il peccato originale
fu un gesto di scrittura,
da lì nacque la condanna alla ripetizione,
alla serialità, al feuilleton,
all'attesa del lettore, terribile mostro,
l'attesa del lettore, che fa tremare i polsi,
e schiavizza lo scrittore a seguire dei modelli
per soddisfare l'attesa del lettore.
L'attesa del lettore
è il piccolo inferno dello scrittore.
Maledetto sia tu, lettore, piccolo satana
di questa cosmogonia domenicale.
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