Scritto da © Ezio Falcomer - Lun, 02/04/2018 - 12:27
A volte ho voglia di piangere.
Basta che una foglia tocchi terra,
che un'ala di rondine sfiori una nuvola,
che un ricordo scenda allo stomaco,
che un amore perduto
rilasci il suo odore,
e mi vien voglia di piangere.
Basta che io guardi alla mia solitudine,
che senta il concerto
del cucchiaino nella tazzina da caffè,
che mi partano quattro parole di poesia
messe in croce,
e mi passa la voglia di piangere.
Sto parlando di una vertigine,
che è più del sentirsi soli.
Un senso di costante precarietà,
un essere esposti al rischio,
continuamente.
Inermità.
Nel deserto della metropoli.
Eremitaggio.
Anche poco dopo avere parlato
al telefono con un amico.
La mano trema.
Ascolto il mio corpo
Ascolto lo stormire del passato.
Non ho futuro.
Solo l'oceano del presente.
E non mi viene più da piangere.
Basta che una foglia tocchi terra,
che un'ala di rondine sfiori una nuvola,
che un ricordo scenda allo stomaco,
che un amore perduto
rilasci il suo odore,
e mi vien voglia di piangere.
Basta che io guardi alla mia solitudine,
che senta il concerto
del cucchiaino nella tazzina da caffè,
che mi partano quattro parole di poesia
messe in croce,
e mi passa la voglia di piangere.
Sto parlando di una vertigine,
che è più del sentirsi soli.
Un senso di costante precarietà,
un essere esposti al rischio,
continuamente.
Inermità.
Nel deserto della metropoli.
Eremitaggio.
Anche poco dopo avere parlato
al telefono con un amico.
La mano trema.
Ascolto il mio corpo
Ascolto lo stormire del passato.
Non ho futuro.
Solo l'oceano del presente.
E non mi viene più da piangere.
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