Scritto da © ferdinandocelinio - Lun, 31/12/2018 - 09:28
Odio i lipidi del mio vocabolario,
il simbolismo da pastaro compulsivo,
i colpi de panza,
le salivate post-depachin,
la luna decembrina
così pregna d’ispirazione.
Alle volte mi sento come Baudelaire
o come Tognazzi ne ‘La grande bouffe’,
voglio dire sperpero e immagazzino,
energia, denaro, tempo, parole, flussi,
tutto per assecondare le mie angosce,
il Nihil che sta dentro il mio stomaco,
e vorrei essere leggero,
danzare altrimenti,
ma mi sento così inscatolato
in tale bulimia d’essai
da dovervi rinunciare.
Ah, ma che volete farci
è la dura legge dei poeti:
assecondare la propria arte
in un magazzino caracollante di stracci e magia.
*
Mesciato ai versi e alla puzza di piscio,
il mio silenzio ha casa sotto ai ponti.
Scendono medicinali nella gola strutta,
chiamano in adunata il dovere.
Essere vuol dire forse accontentarsi?
*
È irraccontabile la storia
di una malattia,
come una religione
alla fine dei tempi.
Segnati dalle diarree
gli stomaci degli uomini
hanno a che fare col peso.
Tra silenzio e piglio
vince sempre lo specchio
e ogni buco
ha la profondità di Dio.
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