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Canto dell'angoscia

Sorretto da una strana angoscia demente,
da una malattia impulsiva; un cavillo, un capello,
l’istante prima di nascere, la resa prima di morire
con una sigaretta alla garcon della boheme,
alla satyre, alla esistenzialista
mi fermo in quest’istante di nudo nulla,
in quest’attimo di pura assenza
e contemplo la fine di tutto,
come mio padre se ne è andato,
la schiena spezzata di mia madre,
la stolida deriva di un paese di populismi e decadenze;
sono fermo davanti al sorriso merdoso delle cose,
lucido, un chirurgo,
datemi un solo ingrediente,
un’altra tiepida ricetta,
un tuorlo d’uovo,
delle uova di pesce,
datemi il segreto che si scorpora dalla concretezza
per scrutare nelle nubi invisibili, per spiegarmi
una tale insensatezza di sifilide
che s’agita e si apre sulle mie membra stanche,
tutto questo disastro, questo quieto dolore
sono cose innominabili per chi non è morto,
almeno una volta, almeno per un po’.

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