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Scrivo sempre la stessa poesia

Scrivo sempre la stessa poesia
e me ne compiaccio.
Perché c’ho i piccioni di Venezia
che cagano spruzzi sulla mia agonia.
E sorrido, arido e piatto
come un concerto dei Pooh.
Se Hannah Arendt mi vedesse
credo che mi definirebbe
come il popolo tedesco.
Perché sono rincoglionito,
 vecchio e lamentoso.
E  faccio odore di focaccia sgualcita.
Ma voi leggete
che è un bel leggere.
Così mi gonfio come un ramarro.
 
 
*
 
 
Soffro talmente tanto
da sentire nello sgocciolare del lavandino
gli stridori dell’inferno.
Ci sono cose come il vizio
che mi tengono compagnia.
Lo sfizio. La diabolicheria.
Eppure ho dei tratti angelici
nel mio carattere così irrisorio.
Mi dissipo come le piante
e penso ai buchi neri, al reef.
alle montagne rocciose.
Il fatto di non essere cresciuto
è la mia rovina.
Divorato tutto.
Strappato e reso lo zimbello la sacralità.
Eppure vivo.
E questo basta.
 
 

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