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La bandiera crudele

Di nuovo accarezziamo il fondo dell’ignominia, della barbarie, in un mondo che non è già più quello che si era ripromesso di bandirle per sempre. Oramai il punto più basso della bassezza possibile è oltrepassato. Dalla preistoria riemergono figure sanguinarie che avremmo voluto scongiurate per l’eternità. E la storia, da parte sua, le coadiuva, divergendo solo nell’ipocrisia di non mostrarle …
Il fanatismo cieco e macellaio, da cui la preistoria è sgorgata ancora, ha comunque una connotazione psichica che fa piazza pulita di qualsivoglia “scusante” politica, religiosa o ideologica. Questa connotazione infila una catena di conseguenze, per giungere al suo vero volto. Il suo primo  input è quello dell’umiliazione: quando intere categorie antropologiche vengono umiliate insorge in esse un secondo start. Ma l’umiliazione può essere imposta (con la forza, con le armi, come ai tedeschi alla fine della grande guerra), ovvero spontanea: un popolo si sente surclassato e umiliato dai traguardi di altri. In quest’ultimo caso, si tratta evidentemente di inferiorità, non di complesso. L’inferiorità non è solo un concetto razzista: per esempio, l’inferiorità tecnologica è comunemente accettata; quella sociale un po’ meno, ma non meno evidente. Nessun uomo è inferiore per definizione a nessun altro, questo è ovvio. E dal punto di vista del diritto universale, così come è sancito, da questo non si può sgarrare. Ma quanto a ricchezza, per esempio, sarebbe assurdo dire che non vi siano “inferiori” sulla faccia della terra.
Il secondo start è l’invidia. L’invidia socio-politica di chiunque non possa permettersi un tenore che vede invece espandersi proficuamente tra altre categorie (piove sempre sul bagnato, e questa invidia che incornicia il nascente fanatismo, la riscontriamo persino nella nostra piccola Italia, ove ciclicamente vediamo nascere nuove confraternite di “puri” incazzatissimi che vogliono scacciare i corrotti dalle poltrone del potere- salvo istallarcisi poi loro e infilarsi il medesimo costume …). L’umiliazione consustanziata all’invidia, apre al terzo stadio, il nichilismo. Il fanatico non spera più di ottenere uguaglianza rispetto al ricco o al potente. Non crede mai più di potere evolversi dalla miseria e dall’inferiorità in cui è precipitato. Non vede vie d’uscita, ma soltanto un pungolo che diventa ossessione e che comincia a condividere con la comunità di poveracci di cui è membro. Il pungolo, quarto stadio, è esiziale: la vendetta. Non si vuole più edificare una società più equa, ma solo de-costruire quella in vigore. Abbatterla, radere al suolo sia la società che i suoi simboli: anche la cultura, qualsiasi cultura, viene attaccata. E al trionfo del nichilismo consegue lo stadio finale, quello che avremmo voluto (e creduto) di liquidare per sempre dalla faccia del mondo: la crudeltà.   
La vendetta crudele ha anche l’altro nome, il sadismo. E De Sade non era semplicemente un pazzoide assatanato da una feroce pornografia. Era l’altra faccia del mondo, quella appunto che vorremmo sempre abolire e che sempre risorge sulla cenere delle buone intenzioni. Il mondo che allora era nascente e che avrebbe per sempre riprodotto il suo doppio teatro: l’ordine e il disordine; la costruzione e la distruzione; l’uguaglianza e il razzismo; la speranza e il nulla vuoto e disperato dell’apocalisse nichilista.
Umiliazione – invidia – nichilismo – vendetta – crudeltà. Così, con questa concatenazione si dispiega il vessillo del fanatismo. E con un’amara constatazione: il fanatico somiglia molto al modello che vuole abbattere e quindi, se anche vincesse, re-instaurerebbe appunto ciò che si appresta a estirpare. Se così non fosse, la catena si spezzerebbe al secondo stadio, perché non si può invidiare ciò che non ci si augura.
 

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