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Il Lucchetto

 

Attenzione. Stai per attraversare un momento importante della tua vita. Perché attraverso le parole inizierai un percorso che ti porterà lontano, molto lontano.

Sei pronto? Allora allaccia la cintura e via!

 

Tre, quattro, otto. Li senti questi suoni?

 

Sono strumenti dell’uomo. Scandiscono il tempo e ordinano lo spazio. Parole, solo parole.

Precise, affidabili, taglienti come lame, ma soltanto parole. Apri la scatola, estrai il lucchetto e dispiega il foglio d’istruzioni, distendilo sul tavolo, osserva le linee che compongono il disegno. Sì, quelle con le lettere maiuscole all’interno dei cerchi. Lo so, sembrano buffi palloncini.

Quel cilindro dentellato è la chiave (sul disegno è contrassegnato con la lettera A). L’anello, o elemento mobile, è quel gancio luccicante che porta sul disegno la lettera B. Ruotando la chiave, l’anello si blocca serrandosi.

E quella massa scura? E’ la cassa (o corpo centrale, lettera C) del lucchetto, munito di corazza che protegge i suoi meccanismi.

Ma procediamo con ordine. L’oggetto che stai osservando non è che una piccola serratura da viaggio. La usi per delimitare e racchiudere i tuoi spazi, per nascondere i tuoi tesori. Te la porti dietro, e con essa, all’interno di un bauletto, le tue cose preziose. Ma attenzione: non perdere la chiave! Altrimenti non puoi più riaprire questo tuo mondo segreto. Buffo, vero?

 

Nove, dieci, undici. Ancora il vento che porta suoni, parole…

 

Sollevi l’oggetto dal tavolo, lo soppesi per un istante, poi concentri l’attenzione su quello strano cilindro che si muove, lo fai oscillare avanti indietro, e con uno scatto secco, lo estrai. Osservi perplesso questo tubo dai profili dentellati (chiave). Tiri violentemente l’anello e la cassa, non succede nulla. Avvolgi, come un polipo, i tuoi tentacoli, e tiri forte, più forte ancora. Ingaggi un corpo a corpo con questo manufatto che si è incastrato saldamente su di te. Dilati tutte le tue ventose e, in un perfetto arco di spazio, saltelli, rotoli, rimbalzi, e finisci a terra, a fianco della cuccia di Poldo, che continua a ringhiare e abbaiare furiosamente contro di te.

 

Dodici, tredici, quattordici.

 

È tra il quindici e il sedici che adirato, saltelli via, scivolando sul tuo humus bavoso. Sei nel giardino, e con la tua polpa ondeggiante ti avvinghi su quel disco argenteo piantato lì. Un istante dopo sei sparito al suo interno. Un bagliore, un tuono, poi un lampo bianchissimo, e una traiettoria di un punto che man mano si rimpicciolisce, lanciato verso ad Alpha Centauri, mentre un altro punto, sputato da questo, cade.

Un tonfo sul prato, e il lucchetto rotola a terra.

 

 

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