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Lettera d'amore

Tu, amore mio che mi domandi sempre di parlarti del nostro futuro, oggi voglio scriverti cosa penso veramente dalla parte più profonda del mio cuore e perdonami se parlerò di presente e di passato costruendo metafore su metafore, confuse immagini nei tempi e similitudini allegoriche tra strofe e passi; righe in rima nei modi e scioglilingua poetici a cavallo tra poesia e prosa come fosse un gioco che mi riesce perché mi ci trovo sempre, quando scrivo a te, come un gatto sul tetto.
 Sai anche noi camminiamo sullo stesso bordo, al ciglio delle stesse tegole scosse, sempre mosse, legati da un’unica mano e sul foglio di questa carta che vola agli spesso imprevisti vortici dei tempi, sta scritta la poesia della mia vita con te. Ma troppo dentro questo soffio di vento stiamo, che a volte ne ho paura io stesso. E in questi pochi attimi di vita di questi prossimi infiniti anni con te, a volte immensi amori perduti e sogni infranti come fantasmi vagano e uniche sono le mobili parvenze che vagamente a volte compiamo. Strade di gesti che lastrichiamo d’inutili parole. Spesso perdiamo allora la storica memoria persino difficile a dimenticarsi dal tanto male di olocausti compiuti ed erigiamo approssimative scuse o ci accontentiamo di un suono mediatico e di una lacrima che scivola facile o del falso sorriso dello stupido al potere.
E per le occasioni uniche perdute? A volte, in questo caso un insulto sta a difenderci o un sussulto sta ad amare. Ma il tempo passa e grava presente nel sogno di un istante, nella paura di sempre nell’atavico rispetto per la Signora, solo perché prima o poi busserà alla nostra porta e non per altro.
Quindi per lasciare qualcosa: scriviamo, e come sempre io scrivo e ci domandiamo: dove andiamo? Perché dobbiamo? E senza una vera risposta ci sentiamo così come adesso siamo, una povera pietra che rotola; per non doverci pentire e al peso del cuore non riuscire mai e continuamente provare pur di non lasciare nulla di intentato; destinati poi, a non vedere legata alla precedente la nuova generazione, che resta eternamente legata a identici sogni: ma distrugge pur di ricominciare a costruire sulle macerie di chi ci ha lasciato, non prima di aver gettato irriverenti il sale sull’appena consegnato.
Figli contro i padri o lotte perdute così diabolicamente ripetute. E poi le nuove invenzioni:
bambini clonati, dna di animali estinti o dittatori riabilitati o peggio: perdonati.
Sesti inutili di quarto sono i nostri segni per il futuro.
Giovani per sempre ci obbligano, ma lignite nel tempo siamo e spurie di vuoti e antitesi di sintetiche tesi, in tre parole: inutili di passaggio.
Ma cosa succede? Dove si corre? Cosa si vuole? Cosa ci spinge? Come ti ho detto prima,
ho ancora un peso che grava sul mio cuore: un sogno impazzito in un buio tradito, un sorriso scavato in una ruga di lacrima per quell’uomo che parla e non ascolto che comincio a sentirmi uscire da dentro, ha le braccia ancora tese; non lo vedi? Eppure, gettano ancora aceto sul suo viso e a volte mi domando se si sentiva anche lui così come mi sento anch’io a volte qui solo, come quando tu non ci sei, una povera pietra che rotola inerte nel vuoto di questo abisso.
Quindi la mia risposta è questa, amore mio: ho la fortuna che ancora sono vivo! Pronto come sempre dentro me a continuare e affrontare gli imprevisti improvvisi che pur sempre appeso a questo vuoto sotto al tetto del tempo che deve ancora passare, prima che la Signora bussi alla nostra porta, e impagabilmente continuerò a scrivere questa poesia in tutti i miei gesti accompagnandoti finché potrò, nei miei sorrisi e nelle traversie io ci sarò, sulle ali di questo straordinario gabbiano in volo che è la mia vita. La mia vita… con te.

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