Scritto da © maria teresa morry - Dom, 10/02/2013 - 10:02
Quand’eravamo bambine, a me e alla mia cugina rossa di capelli come un elfo irlandese , la sorella minore di mia madre cuciva gli abiti per il Carnevale. Li faceva di carta , quella crespata che usano ancor oggi i fioristi per addobbare i vasi di piante. La Mariucci - questo il nome di mia zia- trovava questa carta colorata, rosa o azzurra o verdolina, e ci ritagliava e cuciva gli abitini di carta . Un anno, ricordo, ne inventò due, da fata: a me toccò quello rosa, moretta come ero stavo bene; a mia cugina rossa capitò quello verde muschio, adattissimo alle sue trecce .
Mariucci ci fece pure i cappelli a cono, con le stelle dorate. Eravamo graziosissime dentro i nostri sogni di carta. Dai cappelli a cono scendevano dei lunghi nastri di vario colore e noi scuotevamo le teste per farli girare attorno a noi. Il primo giorno di Carnevale, in cui indossammo i nostri abiti di carta, splendeva un magnifico sole. Sotto la carta, comunque, le nostre madri ci avevamo imbottite di maglioni. In campo dei Tolentini io e la cugina ci mescolammo tra gli altri bambini e ci correvamo incontro. Noi due facevamo davvero un figurone, perchè indossavamo abitini da maschera veri e propri, mentre la maggior parte degli altri bambini si cammuffava con vecchi abiti delle loro madri e dei fratelli maggiori. In campo era una vera bufera di coriandoli e di stelle filanti. Ovvio che qualcuno mi strappò un poco la gonna, mettendoci il piede sopra e a mia cugina la manica, cosa che la mandò in un pianto dirotto. Ma si riprese subito graffiando come un gatto il possibile autore dello sfregio. Il secondo giorno , dopo che Mariucci risistemò gli strappi con ago e filo, io e la cugina fummo sorprese da una pioggia invidiosa , proprio ai giardini pubblici, e gli abiti non solo si disfarono, ma persero pure il colore e la carta ci macchiò gli abiti veri. Tenaci e ostinate tornammo da Mariucci che paziente rattoppò con altra carta nuova…Ricordo, comunque, che di questi due abitini a me rimase solo la gonna e a mia cugina il corpetto. Ma eravamo talmente affezionate che continuammo a circolare per il campo dei Tolentini, addobbate con questi ultimi residui cartacei, anche la settimana successiva al Carnevale. Dai cappelli a cono s’erano staccate le stelle dorate e la punta s'era ammaccata, ma ce ne importava poco. C’eravamo inventate i personaggi delle fate strassaròle ( straccivendole) e così ci piaceva giocare, ciabattando in giro anche per casa, a me e alla cugina rosso irlandese!
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