Scritto da © Nievdinessuno - Ven, 28/10/2016 - 18:07
E’ la gravità di una stanza
a zittire palpebre
dall’invisibile cura
solitudine arteriosa
dove ruota la fame
a una piccola distanza
o forse distorta
dissonanza
rappresa soltanto per poco
da una sola
orbita vuota,
o un oblò di carta
con cui osservare
il baratto di un fiore
da un albero appeso sul palmo
senz’esserne schiavo
né dittatore,
forse altrove
è come un origami
la tua grande metrica
che divide una pelle
dall’essere soltanto per poco
fermacarte di sostanze.
E’ la gravità di una stanza
a zittire palpebre
dall’invisibile cura
solitudine arteriosa
dove ruota la fame
a una piccola distanza
o forse distorta
dissonanza
rappresa soltanto per poco
da una sola
orbita vuota,
o un oblò di carta
con cui osservare
il baratto di un fiore
da un albero appeso sul palmo
senz’esserne schiavo
né dittatore,
forse altrove
è come un origami
la tua grande metrica
che divide una pelle
dall’essere soltanto per poco
fermacarte di sostanze.
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