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Quando la globalizzazione non era ancora in cima ai pensieri

Una violenta grandinata, nella mattinata del 29 dicembre del 1939, causò il blocco del congegno per l’azionamento degli scambi sui binari presso la stazione di Torre Annunziata Centrale, provocando una catastrofe.

Una tradotta militare, proveniente dalla Sicilia, con molti civili a bordo, si scontrò violentemente con un convoglio che giungeva a velocità alquanto sostenuta dalla parte opposta della strada ferrata.

La sciagura, che registrò un rilevante numero di morti fra militari e civili, suscitò scalpore e segnò profondamente l’intera cittadinanza vesuviana.

Dalle macerie si estrassero più brandelli di persone che salme intere. I feriti furono trasportati al vicino Ospedale Civile dai cocchieri della zona e da carrette d’occasione trainate a mano.

Fu un grave lutto per la cittadina pedemontana, già tanto martoriata in quegli anni cruenti. Torre Annunziata, protagonista di spicco in campo mondiale quale “la Manchester d’Italy” per la fervida attività dell’arte bianca e della siderurgia, piangeva per la sciagura.

Tra i morti furono trovati i resti di una coppia di giovani, probabilmente in viaggio di nozze o in procinto di maritarsi, stante il ritrovamento di un abito da sposa nei loro bagagli.

Espletate le limitate perizie del caso, quelle salme furono sepolte, assieme alle altre, nel cimitero locale.

La popolazione, che su quel tragico episodio aveva già fantasticato tanto, non riusciva a persuadersi dell’accaduto, specialmente per l’atroce destino toccato alla sposina.

Se ne dissero tante, sino all’inverosimile, costruendo con la fantasia un vero e proprio mito, che avrebbe avuto il nome del nostro personaggio: - Maria ’a spósa. -

Quelli del popolino si recarono frequentemente a onorare le spoglie della giovane vittima, e non tardarono a portarle fiori e ad accenderle ceri.

Trascorsi gli anni consentiti per la sepoltura nella zona comunale, si provvide poi alla riesumazione e i resti della sventurata furono deposti nella Chiesa Madre, in fondo al viale principale del cimitero torrese. Da allora, iniziò il culto per la sposa.

Non trascorreva giornata senza che una folla di persone onorasse quegli umili resti, esposti in una teca trasparente.

Andare al cimitero senza una sosta al cospetto della sposina per molti non aveva significato. Alla fine degli anni ’60, ricordo di esserci stato pure io, e svariate volte, dapprima per appagare la curiosità - rammento che rimanevo a fissarla di continuo (chissà per quale motivo non le chiedevo mai nulla).

Maria era ormai rinomata nel nostro territorio, e forse ne sapevano qualcosa anche i forestieri.
Gli anni trascorrevano e la fiumana di persone non si interrompeva presso il suo sacello. La chiesa divenne così meta di pellegrinaggio per quelli che ricorrevano a lei con le più disparate richieste.

In particolar modo, le si rivolgevano ragazze in procinto di sposarsi e, particolarmente, quelle maritate che non avevano avuto ancora figli.

Il culto crebbe sempre più esageratamente e ci furono tantissimi miracolati.
Dalla testimonianza dei numerosi ex voti che le si portavano, si desumeva che tante erano le persone esaudite. E non solo c’erano ex voti, ma anche oggetti preziosi o di particolare valore. Un vero tesoro, insomma.

Secondo alcune voci, si arrivò persino a formulare l’ipotesi di una raccolta di firme per la richiesta di beatificazione della nostra protagonista ma, stando al parere delle autorità ecclesiastiche, non sussistendo i canoni essenziali per dar corso al relativo processo, si ritenne opportuno zittire la faccenda che andava crescendo a dismisura.

Fu agli inizi degli anni ’70 del secolo scorso, in conseguenza di un ampio articolo su un quotidiano di grossa tiratura, che scaturì un polverone. Si provvide alla definitiva chiusura del culto proibendo, in un secondo tempo, anche l’ingresso all’ossario presso la cripta della stessa Chiesa Madre.

Fu come un lutto cittadino per la stragrande maggioranza del popolino che non voleva accettare le decisioni delle autorità competenti.

Il tempo calmò gli animi – prima ci fu qualche vaga promessa e poi il silenzio totale, quel silenzio rassegnato dei deboli arresi davanti all’evidenza dei fatti.
Tale situazione, che permane a tutt’oggi, ha fatto sì che della sposa non se ne senta più tanto parlare, ma nelle testimonianze degli anziani del luogo, ogni qual volta se ne ricorda la storia, torna palese un sottile richiamo di malinconia.

Ora, dopo tormentate vicissitudini e tantissime tribolazioni, Maria la sposa ha trovato finalmente la pace all’ombra dei grandi cipressi e adesso dorme il sonno dei giusti.

 

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