Fino al minimo indispensabile

Prendiamo le distanze, questa è un’altra storia.

 

E’ una sensazione affamata quella che divora ogni sorta di altra emozione. Lui apparentemente sembra come sempre, in totale pace, immerso nella più serena tranquillità, ma dentro ha una specie di irritazione degli organi, arrossiscono imbarazzati, prudono ferocemente, vengono strizzati ad ogni pensiero che spinge il sangue più veloce. Lo sguardo è perso più del solito nei paesaggi fuori dal finestrino, si fanno via via più famigliari con l’imbrunirsi delle ore, fino ad arrivare al posto con i ricordi più inconsci. Un respiro lento e predatore cattura l’aria più leggera che ci sia. L’aria di casa. E’ un gran bel brivido quello che lo attraversa alla sola idea di essere finalmente tornato, ma questo non basta a placare ogni sorta di morso di quell’altra, maledetta sensazione. Non riesce a difendersi, non ha la forza di tirare un gancio sinistro sulla sua mandibola perché rimane affascinato dalla sua voce, non vorrebbe, ma non può fare a meno di ascoltarla e di accondiscendere con la sua coscienza. Vuole rivederla, ad ogni costo. Il suo cuore scapita tanto da far vibrare tutto il corpo fuori dalla pelle, tanto da irritare ogni organo, sa di non poter più aspettare. Ascolta il rumore tondo dei binari macinare gli ultimi chilometri che li separano, un pensiero assurdo gli scivola per la testa fino a sedurlo nella convinzione di esplodere quando l’avrà davanti, se il suo cuore è una bomba innescata, il ticchettio dei secondi diventa un orologio di battiti che aumenta man mano che le distanze si accorciano, come le gonne degli ultimi tempi, fino al minimo indispensabile.