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In metrò (seconda parte)

3.
 
   Il giorno dopo ho un orario inconciliabile con il suo: devo prendere per forza il metrò prima delle otto. In fondo sono contento però, perché rivederla così, subito, mi avrebbe imbarazzato e non avrei saputo davvero come comportarmi. Ma il giorno successivo la ritrovo ancora lì, alla solita ora.
   Quando arrivo sulla banchina, la vedo e "sento" che mi sta aspettando. Per questo mi metto quasi accanto a lei, che si è piazzata in una posizione tale da dover entrare in un vagone centrale; cosa che oggi, con l’apertura della fiera dell’elettronica, significa sicuramente entrare nella scatola di sardine.
   Penso un attimo se lo sta facendo apposta, se vuole capitare come quella volta appiccicata a me nel vagone strapieno, ma mentre me lo chiedo, arriva il treno e automaticamente, per entrare, mi metto in fila dietro di lei.
   Entriamo e me la ritrovo di nuovo appiccicata davanti, mentre io sono pressato e inamovibile contro lo sportello dell'uscita. Lei stamani ha un tubino nero, lungo un palmo sopra il ginocchio, sotto a una giacchetta nera corta e attillata sui fianchi. Non ha le calze poi, perché la giornata è caldissima, e quindi sento il suo calore che mi avvolge subito, appena lascio andare il mio corpo sul suo.
   Per una fermata sto così, fermo, cerco di capire se lei col corpo mi dà un segnale per andare avanti, per andare oltre. E poi, vedendo che continua a starmi attaccata anche quando il pigia-pigia si allenta un po' alla fermata, decido di osare ancora.
    Appena la porta si è richiusa, allungo la mia mano destra e la infilo tra le sue cosce semiaperte. Oddio! Appoggio la mano nell'interno della sua coscia destra e sento la sua pelle d'oca che divampa e il calore del suo corpo nudo che quasi mi scotta.  
    Lei sta ferma, immobile, non riesce a trattenere un lieve fremito che sento chiaro sulla sua pelle, ma sta ferma. Allora salgo piano con la mano sull'interno della coscia destra fino a raggiungere le mutandine e poi, dopo un ultimo fortissimo momento di esitazione e di imbarazzo, appoggio il palmo aperto della mia mano sulla sua figa.
   Sento che è bagnatissima e il liquido vaginale penetra abbondantemente la stoffa delle mutandine per arrivare a inumidire la mia mano. Premo leggermente sulla sua figa allora e lei accosta ancora di più il suo corpo al mio, fino, probabilmente, a sentire il mio cazzo che si è rizzato, rizzatissimo...
   Ma ancora una volta, quando siamo arrivati alla sua fermata, lei si stacca, si ricompone velocemente ed esce di corsa, senza esitazione, senza rallentare o fermarsi a guardarmi. Che stronza!... E che grande!

 
4.
 
   Nei due giorni successivi non cercai di rincontrarla. Ero troppo imbarazzato all’idea, e troppo incerto su come avrei dovuto comportarmi dopo un episodio così “forte”. Ma il terzo giorno da quello dell'ultimo “incontro”, il caso o il destino mi spinsero ad agire. Mentre verso le 14 tornavo a casa in metrò infatti, la intravidi sulla banchina, alla fermata in cui di solito scendeva. Evidentemente anche lei stava tornando a casa.
   Quel giorno era scoppiato il caldo afoso e lei aveva addosso solo un vestitino verde scollato e con le spalline, delle scarpe marroni con tacco piccolo e una borsa grande a tracolla sulla spalla destra. Bellissima, ancora una volta, e sensualissima…  
   La vidi salire nel vagone accanto al mio e improvvisamente fui travolto da un pensiero incalzante: arrivati alla "nostra fermata", avrei potuto seguirla, apertamente, facendole capire che se lei me ne avesse lasciato l'occasione sarei entrato anche dentro casa sua...
   Macinai quel pensiero per tutto il tragitto fino alla "nostra" fermata, e quando lei scese, spinto da un impulso intrattenibile e da una curiosità dilagante, decisi di realizzare il mio pensiero.
   Cominciai a seguirla ad una certa distanza, e sulla scala mobile dell'uscita vidi che si voltò un attimo verso di me, appena, impercettibilmente. Si era accorta benissimo che ero dietro di lei e interpretai quel movimento impercettibile come gesto d'intesa.
   La seguii per alcune stradine del quartiere, finché arrivammo ad un bar situato in un corso molto trafficato. Era uno di quei bar-tabacchi immensi, con doppio bancone e pieni sempre di gente che compra e consuma di tutto.   
   Lei entrò, si fermò un attimo a comprare qualcosa al banco del tabacchi e poi, con il suo passo ondeggiante e lascivo, si diresse verso il bagno, anch'esso spazioso e probabilmente con doppia entrata per uomini e donne.  
   Considerai quella sua mossa come un invito a seguirla fino a lì, e quando entrai ebbi un'altra conferma della mia ipotesi: la porta del bagno femminile era visibilmente socchiusa.
 
   Il mio batticuore toccò il massimo quel giorno. Lei mi dava un segnale chiarissimo, ma sempre in modo implicito, costringendomi ancora una volta a rischiare, a compromettermi, ad affogare in un abisso viscido di imbarazzo... Quella porta socchiusa infatti poteva voler dire tante altre cose: "sono entrata di corsa per sciacquarmi le mani"... "devo mettermi a posto il trucco e ho lasciato aperto perché sono di frettissima"... "sto posando la borsa e tra un attimo chiudo"...
   Insomma, non ho nessuna sicurezza assoluta che quella porta sia restata socchiusa per me.
   Ma ovviamente, a quel punto, non posso certo resistere. Mi incammino titubante, spingo la porta ed entro...
   Anche il singolo bagnetto è abbastanza grande, il lavabo con sopra lo specchio è di fronte all'entrata e lei è ferma davanti al lavabo, in piedi e con le spalle alla porta. Chiudo a chiave e naturalmente, li per lì, non so bene cosa fare. Aspetto un secondo e strabuzzando gli occhi vedo che lei abbassa le spalline, tira giù la cerniera del vestitino e lo lascia scivolare per terra... Resta così seminuda, solo con le mutandine e il reggiseno…
   Io allora, col cuore che mi batte così forte che sembra uscirmi dal petto, mi avvicino, la raggiungo e le appoggio appena le mani tremanti sui fianchi nudi...  
   Quando lo faccio, oltre alla sua pelle d’oca, sento che lei ha un forte brivido per cui, con le due mani, salgo piano verso le ascelle e sento che emette un lieve mugolio di piacere...
 
   Ma proprio in quel momento bussano alla porta. Io stacco immediatamente le mani e lei, dopo aver sussultato per la sorpresa, finalmente mi fa sentire la sua voce. E' una voce calda, profonda, avvolgente, e dice soltanto: "Vai ora, vai, ti prego..."
   Io mi sveglio dalla trance in cui ero piombato e velocemente me ne vado. Fortunatamente nell'ingresso del bagno non c'è più nessuno. Rientro nel bar tremando ancora per l'emozione e di nuovo non so bene cosa fare.
   Dopo un attimo di vero e proprio panico da scelta immediata, decido di andarmene. Sono troppo emozionato per tentare un secondo approccio, e poi, con una donna così misteriosa, non saprei davvero che tipo di approccio "organizzare". E allora, alla fine, esco e m'incammino di fretta verso casa mia...
   Mentre cammino a passo svelto, sorrido compiaciuto e penso a quale sarà la prossima puntata di quest' avventura... Lo penso con emozione fortissima, come se fossi arrivato alla parte culminante di un thriller molto coinvolgente, senza ancora riuscire ad intuire quale sarà il finale.

 
5. 
 

   L'indomani arrivo in metrò all'ora in cui di solito lei c'è. Stavolta non resisto alla curiosità e all'eccitazione, voglio rivederla subito. Dopo aver sentito quella voce così calda e sensuale, sono quasi innamorato.
   Ma lei non c'è.  
   Aspetto un quarto d'ora, ho i margini per farlo, ma lei non arriva. Allora, sconsolato, prendo la metro e penso che forse la rivedrò domani, o dopo domani, chissà....
   Ma anche il giorno dopo lei non c'è, e neanche il giorno dopo, e neanche quello dopo ancora... per cui ormai comincio a capire che probabilmente non la rivedrò più…

 
   L’ho aspettata mille altre volte poi, dalle 8 alle 8,30, sulla banchina di quella fermata, e sono stato mille volte in quel bar di corso Lodi per cercare di rivederla. Ho girato anche per il quartiere, in lungo e in largo, sperando pateticamente di incontrarla, magari così, per caso. Ma non l'ho più rivista, sapete, e alla fine a poco a poco mi sono rassegnato. 
   Allora, persa ormai ogni speranza, ho cominciato ad arrovellarmi sui perché del suo comportamento. Ho pensato che forse mi ero mosso male nell'ultimo episodio in quel bar; oppure che lei era stata costretta da un incidente o da un trasloco a non riprendere più il metrò a quella fermata e a quell'ora; oppure che dopo quel giorno, essendo sposata o fidanzatissima, aveva deciso di troncare quella storia di sua volontà, per evitare drammi o conflitti... Ma alla fine ho cominciato a propendere per un'ipotesi più poetica: lei si è fatta solo "assaggiare" da me, ha voluto stampare in quel modo la sua immagine nella mia anima, per sempre, come quella della donna più interessante e più misteriosa tra tutte quelle che ho incontrato.
 

   Ed ora, per il resto della mia vita, sarò perseguitato da questo dubbio assillante: non saprò mai se lei era un genio o una pazza, una musa ispiratrice o una donna resa perversa da esperienze scabrose, una maestra dell'eros o una banale troietta di quartiere...

 
 

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