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CASUS BELLI

Caso di guerra. Un evento che fa scoppiare un conflitto fra due o più nazioni. Tipico"casus belli" è l'aggressione, che costringe l'aggredito a difendersi. Per ridurre al minimo i "casus belli" è stata inventata la diplomazia che cerca con la voce della ragione, di prevenire quella del cannone. Per il piacere di dare veste grave alle cose futili, oggi vediamo un casus belli nel finto vaso cinese frantumato dalla colf, o nel litigio fra due condomini per l'alto volume del televisore. Al casus belli fra due nazioni seguiva regolare dichiarazione di guerra, che adesso non usa più. La guerra prima la si fa, poi la si dichiara. Nell'Ottocento vigeva maggior correttezza. Nella lettera in cui il 20 giugno 1866 l'Italia dichiarava guerra all'Austria ( la terza di indipendenza) si legge"..d'ordine del prefato Augusto mio Sovrano significo a V.A.I. (Vostra Altezza Imperiale, cioè l'arciduca Alberto), quale comandante le truppe austriache nel Veneto, che le ostilità avranno principio dopo tre giorni dalla data della presente, a meno che V.A.I. non volesse aderire a questa dilazione, nel qual caso la pregherei a volermelo significare". Firmato il Generale d'armata capo di stato maggiore dell'esercito italiano Alfonso La Marmora. Uno sportivo preavviso di tre giorni: cortesia da cavalieri ariosteschi.

 

 

CAVE CANEM

All'ingresso delle case romane, vigilate da un cane da guardia, si esponeva la scritta "Cave canem", guàrdati dal cane. La si legge anche oggi, scolpita nella pietra, sui pilastri dei cancelli di qualche villa appartenuta a nobili signori che si dilettavano di studi umanistici. E andrebbe scritta anche all'ingresso di certi teatri di provincia, dove il famoso tenore, per una improvvisa indisposizione, viene sostituito all'ultimo momento da un volonteroso, ma soltanto volonteroso esordiente.

 

 

CICERO PRO DOMO SUA

Dopo aver represso la congiura di Catilina e giustiziato, con giudizio sommario, i suoi seguaci, Cicerone non sfuggì alla vendetta del partito popolare. Infatti il tribuno della plebe Publio Clodio fece approvare una legge che mandava in esilio chiunque avesse messo a morte un cittadino romano, senza concedergli l'appello al popolo. Il bersaglio, anche se non nominato, era Cicerone. E Cicerone partì per l'esilio, a Salonicco. Dopo diciotto mesi tornò, ma la sua casa sul Palatino non esisteva più, era stata abbattuta e su quel terreno era stato costruito, dall'irriducibile nemico Clodio, un tempio alla dea Libertà. L'oratore si rivolse ai pontefici e con una splendida orazione ottenne non solo la restituzione del terreno, ma anche la ricostruzione della casa, a spese dello Stato. La locuzione "pro domo sua", a favore della sua casa, viene oggi applicata a quei pubblici amministratori che curano soltanto il loro interesse personale e, in generale, a quegli individui, asociali ed egoisti, che considerano se stessi il centro del mondo."Pro" è una preposizione con altri significati: "pro consule" al posto del console, "pro fano" fuori del tempio, "pro capite" per testa.

 

 

CONSECUTIO TEMPORUM

Concatenazione, successione dei tempi.Nella sintassi è l'insieme di regole che governano il rapporto temporale tra le frasi che compongono il periodo. Popolo di conquistatori, i Romani avevano trasferito nel linguaggio le stesse esigenze di disciplina attuate nella vita militare. Il loro periodo ha la compattezza di una legione, con il comandante in capo (la proposizione principale), gli ufficiali schierati in ordine gerarchico (proposizioni dipendenti di primo, di secondo, terzo grado), ciascuna col suo devoto manipolo di aggettivi, avverbi, pronomi. La "consecutio temporum" è la bestia nera di molti studenti:

Tra sbadigli studiando il suo latino

chiedeva un signorino

"Qual tempo è questo?" al precettor canuto

Rispose il precettor: "Tempo perduto".

GIOVAN GHERARDO DE ROSSI (1754-1827)

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