La cantina di Giò | Prosa e racconti | Silvia Leuzzi | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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La cantina di Giò

Camminavamo dinoccolati sull'asfalto bagnato di questa pioggia calabrese, dopo una notte di treno e tu ci sei venuto a prendere alla stazione di Pizzo te lo ricordi Giò? Erano i tempi che si alzava il tasso alcolico nel sangue quando stavamo insieme, tempi di musica urlata, di falò sulla spiaggia con gli occhi rivolti al cielo in cerca della stella più splendente; di bagni a mezzanotte tutti nudi...così l'acqua ci penetrava in ogni dove e l'emozione saliva alta nei nostri cervelli...ricordi Giò?  Sensazioni forti di una libertà che vedevamo dentro di noi...solo dentro di noi purtroppo...in realtà intorno costruivano i muri: che ci avrebbero oppresso, che avrebbero chiuso in un cassetto i tuoi e i miei sogni.
Non li vedevamo i muratori a quel tempo, avremmo solo sentito di lì a poco mancarci l'aria e tu nella tua bottiglia, perenne compagna, avresti affogato le tue responsabilità opprimenti a cui non riuscisti ad assoggettarti ferendo il tuo e l'altrui corpo...ma è un'altra storia Giò, un'altra storia!
Adesso siamo arrivati a casa e la tua famiglia si stava approssimando ad affrontare un'altra giornata  calabrese, di muto trascorrere del tempo tra beghine e muti vecchi che parlavano quel dialetto incomprensibile  di cui ci facevi da traduttore simultaneo. Noi eravamo pieni di vita, i nostri vent'anni feroci, quelli che ci impongono di correre, di mordere il tempo, non ci lasciavano il tempo di pianificare ma forse non volevamo appiattire i nostri monti di illusioni, poveri sognatori falliti! Ma anche questa è un'altra storia.
La tua stanza Giò e tutti quei libri che facevano disperare tua madre perché non riusciva a pulire, con tutti noi in mezzo seduti a terra con la testa tra le nuvole e l'aria fumosa da tagliare con il coltello. 
 Poesia liquida sulle note di Steve e di quel blues che faceva parte delle nostre giornate di sonno arretrato per le troppe notti di veglia. Eravamo pazzi Giò, tutti pazzi scatenati.
Con quel tempo feroce non potevamo dormire in campeggio te lo ricordi? Ci veniste a prendere con Pasquale e Salvatore, due impenitenti puttanieri sempre alla ricerca di ragazze...che soggettoni!!!
Dove andare? Vagare per la Calabria esaurita del 1980 sotto una pioggia incessante, le note schizzavano fuori rabbiose e io l'unica donna in mezzo a tutti questi maschiacci affamati...ma che tempi folli e che rispetto per me, come fossi una di voi, un maschio anch'io ahah mi piacciono troppo gli uomini con tutte le loro piccole stoltezze di eterni bambini! Mi piacciono al di là di ogni maliziosa congettura mentale, è come essere in perenne simbiosi con mio padre, il primo uomo della mia vita, l'indiscusso signore di buona parte della mia vita e che ora a fatica smonto pezzo su pezzo per riconquistare me stessa e la mia femminilità e la mia voglia di vincere nonostante tutto.
L'idea l'avesti tu, ricordi? “ Ragazzi vi potete sistemare in cantina da me? “ ci guardammo e senza indugio accettammo, ormai si era fatta notte fonda e i locali cominciavano a chiudere e la testa nuotava in un mare di vino calabrese.
“ Dai che spettacolo!!! In cantina ma se tuo padre scende domattina gli prende un colpo! “
“ No tranquilli che se glielo dico non ha nulla in contrario “
 era bravo tuo padre Giò, ci sopportava a tutti quanti e tua madre che si vedeva piombare in casa sto mucchio di cenci umani, tali le saremmo sembrati, zaini e jeans, fiori e sorrisi stolti, ma gli eravamo simpatici, i romani si sa sono chiassosi e portavamo rumore in tutto il paesello.
Era così la primavera della nostra vita, il dito proteso in cerca di un passaggio, le idee come meta di un viaggio perenne dietro alle note che la fantasia ci costruiva dentro. Inconcludenti sognatori.
Tu vivevi, per buona parte dell'anno, giù a Messina, erano gli anni dell'Università, ti vedevamo proprio come avvocato, ti piaceva e studiavi come un matto. L'unica alternativa di non finire schiacciati da quel consumismo becero era studiare e lo facevamo tutti insieme cercando di salvarci...
Mani protese al cielo, mani imploranti che rabbiose scavano nel fango umano...mani...ci si son tagliate e fatte a pezzi, come l'aereo di Steve che ha spezzato le note della sua chitarra...ma anche questa è un'altra storia, una storia come tante, ali spezzate e sorrisi sdentati tale già era il futuro...
Ma in quel momento non ci pensavamo e i denti erano sani e il fegato reggeva la botta, pure i polmoni sembravano resistere agli attacchi di erba secca, buona e genuina che a Roma te la sognavi!! Ma Salvatore era un esperto e ce l'aveva sempre e poi tutti alla lavanderia del Pop...tra mucchi di panni da lavare e musica sgangherata che proveniva dal suo mitico stereo. Vinili accatastati a fungere da mobili...ci piacevano così le case, le sedie sembravano un orpello inutile con tutto quel pavimento disponibile...bastava un tappeto magari sdrucito e logoro, pure meglio.
A guardarci a distanza di trent'anni eravamo proprio pezzenti, sempre con pochi spiccioli in tasca, sempre irraggiungibili perché non esistevano i cellulari all'epoca., quindi sempre alla ricerca di una cabina telefonica e di un gettone, maledetti gettoni mancavano sempre al momento giusto.
Sembrava strano trovarsi tutti lì in quel paesino della Calabria tirrenica ad ascoltare musica ed a progettare un Sud diverso, aperto e sfrontato, fuori dai rigidi schemi di una malavita intessuta nelle mura stesse dei palazzi eternamente incompiuti o accatastati uno sull'altro come le mosche, in quegli agglomerati costruiti di notte sotto l'occhio compiacente di una giustizia piena di ingiustizie.
Calavamo dalle città del centro nord, calavamo sulle vostre magnifiche spiagge e le violavamo con i nostri stracci e l'estate si accendeva di magia. Femmine disponibili non vi pareva vero eh?
I paesani avevano un bel da parlare sull'invasione delle “ bottane “ delle città...ci faceva ridere e a volte sembravate estremamente comici nei vostri approcci. Appiccicosi come carta moschicida sembrava che non avevate mai visto una donna ma poi vuoi il vino, l'erba, il ballo sfrenato dopo ore di cottura al vostro meraviglioso e caldo sole...si poteva fare e vai......
Intrecci e sospiri e la notte con il suo manto di stelle si posava sulle nostre teste pazze, ci abbracciava e ci accoglieva nel suo grembo.
Ma non era questo il tempo per dormire sulla spiaggia... ancora l'inverno non demordeva nonostante fosse aprile avanzato. Per fortuna la cantina tua Giò era calda e affatto umida, piena di quelle bottiglie di buon vino che faceva papà tuo...secco e delicato che si lasciava scivolare lungo la trachea risollevandola dal bruciore di quell'erba genuina, casalinga o come si dice oggi a chilometri zero.
Giò dove si è perso quell'avvocato fallito? Messina non ti ha più visto, ti eri fatto gli esami più tosti, eri qualcuno quando si parlava di storia e devo a te se ho conosciuto tanti particolari della questione meridionale, che poi ho esportato qui in mezzo ai preti, perchè noi stiamo sotto l'egida del cupolone, ombra grigia e opprimente, al pari delle mafie più criminali.
Dove siamo finiti tutti quanti, dove sono finiti quei sogni blues sotto le stelle?
Bianchi e radi capelli, denti finti e che altro?
Un'Italia ancora più spezzata e fradicia di quella che contestavamo, di quella che pensavamo di cambiare.
Abbiamo fallito Giò o forse non abbiamo neppure tentato perché eravamo dei pezzenti straccioni finti poeti e forti bevitori....null'altro che aria fritta.
 
 

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