Scritto da © Stefania Stravato - Mer, 19/10/2011 - 08:16
Si allungavano ombre macchiate di luna, sugli argini della notte e lei
lasciò i suoi passi in quella macchia di asfodeli dormienti.
Poi, arrese la pelle all'armonia di stelle smarrite nell'ellisse del silenzio
e nella curva che le disegnava la bocca a cuore, scivolò un soffio
profumato di rose selvatiche, ad ombreggiare un desiderio antico, che
tornava, come muta melodia, ad illanguidire le rive del suo sangue.
Si, tornava da un altrove lontano, quel desiderio ed era come il suono
di un flauto, che sgorgava da un argento brunito dalle carezze del tempo,
era come un ondeggiare di seta rara sulle dune della sua anima.
Mosse piano la mano, un lento volo di attimi screziati di luce, una danza
invisibile di mille ali frementi, che anelavano la meraviglia della rugiada
odorosa d'alba. E sciolse il nodo la notte e s'alzò un canto, forte e bello,
come il fragore cristallino di un ruscello, che scorre nella carne nuda
e bianca della roccia. Vivo e sontuoso, come il cuore delle rose, quel canto
fugò le ombre annidate tra i rovi sporchi di buio e continuò a crescere
come fa l'onda quando, piccola e lieve si muove, poi s'avvolge su se stessa
e corre impetuosa il suo inarrestabile andare. E come l'onda, infine quieta,
cerca la sponda per morire, così quel canto, si avvolse alla pelle chiara,
sospirò ancora un fiato caldo di vita, poi, dolce come quei sorrisi nascosti
tra le ciglia, si sciolse in una goccia trasparente di miele.
( tratto da ''Le pagine della notte'' - 2011)
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