Scritto da © taglioavvenuto - Lun, 17/09/2018 - 00:38
- Cosa facciamo?Aveva chiesto la madre della bambina, preoccupata che tutto fosse finito in due ore.
- Ci sediamo a mangiarci un panino e poi ce ne andiamo.
- Dove?
In effetti, non erano molti gli spazi rimasti a nostra disposizione nel parco, al termine del viale delle bibite, se si eccettuava una decina di metri quadrati di un reticolato riservato agli scimpanzé, ai pan, agli australopitechi, agli uomini di Giava?
Dovevo ancora stabilire, dalle loro colorazioni, e dagli assembramenti, se si trattasse di scimpanzé o di bonobo, ma, in fondo, a chi importava se non a me.
Avevo avuto l'occasione di scontrarmi, con uno di questi maschi, per proteggere la mia bambina, in un parco malese alcuni anni prima, e, l'occasione, la ricordavamo ancora.
- Beviamo qualcosa e andiamocene! Mi fanno paura. Aveva detto la madre della bambina, ricordandosene.
Era da allora che aveva iniziato a chiamarmi Pan? O, forse, l'aveva sempre fatto?
- No, stavolta sono chiusi da un reticolato. Non ci sarà alcuna lotta. Non mi inseguirà. Non mi morderà.
Mia figlia dodicenne se la rideva.
- Ti sei messo di traverso. Tra lui, le femmine e i figli!
- Per forza. Eri nel gruppo! Avevo iniziato a fargli gli occhiacci.
- E lui all'improvviso ti ha morso i jeans.
- L'infame.
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