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Era il '55

I meriggi di maggio che volgevano alla sera
portavano con se i profumi di primavera
ancora distinguibili ai tuoi sensi di bambino
che giocava nel cortile dietro casa, lì vicino.
 
Il venditore di ghiaccio curvo sotto il peso
confondeva le donne col suo sorriso acceso,
tua madre che urlava chiamandoti alla cena
il volgere alla fine di una giornata serena.
 
Il maggiolino al filo da cucito imprigionato
nel volo suo adesso improvviso,  liberato
andava allegramente incontro alla serata
respirando infine una libertà inaspettata
 
Libertà sempre voluta, da poco conquistata
oggi quasi dovuta ma spesso immeritata
ricordo di meriggi tra giochi da bambino
non ti ho più incontrato, amico maggiolino.
 

Cenere

 
  Non ho rimorso, ho guardato con indifferenza gli ultimi sussulti dei miei ricordi ardere portandosi via tre quarti della mia vita nel fuoco purificatore acceso da un cuore insofferente ai lacci che lo legavano al passato. Anche l’anima ha fatto capolino dal nascondiglio dove si era rifugiata ed ha assistito agli ultimi spasimi del mucchietto. Fischiettando indisponente ho ramazzato la cenere ed è stato allora che ho visto una piccola fiammella, giovane ma prepotente, ardere ancora incessantemente. Non voleva morire, ho guardato meglio e ho riconosciuto il ricordo cui sbadatamente avevo dato fuoco: l’amore. Come al solito avevo sbagliato tutto, i ricordi fanno parte della vita, puoi dargli fuoco e seppellirli sotto montagne di cenere, ma poi lentamente, ma inesorabilmente ritornano ad ardere, non si spengono mai del tutto. Ho recuperato la cenere e l’ho raccolta in un angolo della mia anima, mi è parsa contenta. So che alla fine i ricordi torneranno a tormentarmi. Ho deciso: cambierò strategia, li affogherò in un mare di lacrime. Servirà?

L'Amore tra Noi

L'amore tra noi
dovesse parlare con immagini
le scolpirei tra le falciate dell'erba:
vedresti occhi sul prato e il cuor sul davanzale,
 anche lì fuori sentiresti  perpetuarsi
il nero della notte.
 
... stanotte mi riposo nel buio
 come me difende le sue noie.
 
Non chiedo di esser cullata da un sogno,
così difficile da raccontare. Nè chiedo
perdono a questa storia di piedi spenti.
Sciolgo le labbra al succo dei suoni
che aspergo all'imbrunire
davanti ad un puntino
sospeso al centro del mio petto.
 
Non so se sia sia gusto
definiscilo amaro
quel puntar il dito alla luna
e affondare nella sostanza dei suoi giorni.
Come saprei parlar da quaggiù
in seno alla notte sposa di illusioni
se non di briciole sparse
ai bordi di questo davanzale.
 

Vi presentiamo la redazione di RV

 

E m' sa me...

E ristò qui
Mentre tutto scorre
S'affanna la mente
A riordinar pensieri
Mentre il bacio di oggi
È diventato di ieri

Roma Capitale

 «Che famo? Nd'annamo?»
«E che ne so io? Stamo qua, 'ndo' dovemo d'annà? Nun ce sta gnente qua 'ntorno. Hanno chiuso puro er baretto. Dice che ce stava 'na bisca. 'na bisca, tzeh... magara! Ar massimo se giocava a zecchinetta...»
«Va beh, stamo qua allora. Ma che famo?»
«Aho, a neno? Ma che voi da me? E che te lo devo da di' io che devi da fa'?»
Se ne vanno camminando in silenzio per lo stradone vuoto. Pochi alberi striminziti nell'aiuola spartitraffico centrale; l'erba giallastra fiorisce in cartacce, cicche di sigarette, siringhe conficcate nella terra. Niente panchine: le hanno distrutte qualche mese fa e coi pezzi di legno hanno acceso falò per scaldarsi. Non che facesse freddo: pensavano fosse bella l'idea del fuoco. Col bel risultato che adesso non sanno nemmeno dove sedersi. Per ora nessuno ha pensato di sostituirle. D'altronde a che pro? Le avrebbero distrutte di nuovo dopo pochi giorni.
«Aho, ce la sai 'na cosa? Mario me manca propo...»
«E daje, mo' ricominci? M'hai stracciato i cojoni co' 'sta storia. Ho capito che te manca. Ma mo' so' tre mesi che nun ce sta più e tu tutte le sante vorte che se vedemo me devi da di' che te manca...»

Io lo fui...rospo

 
groagk...groagk...
fossi grande e grosso rospo
che d'un balzo salta un fosso
grogk...grogk...
ogni notte griderei
tu, due gambe, ma chi sei?
groagk...groagk...
che mi temi, che mi schifi
sol perché tu non ti fidi
dei tuoi occhi, del cervello
solo stomaco sei, solo quello.
groack...groack...
non capisci, poverello
che il mondo è così bello
perché tutti siam diversi
groagk...groagk...groagk...
nasce cresce e muore ognuno
il più grande ed il nessuno
ch'è la vita è un ritornello
groag...groag...groag...
e alla fine e dopotutto
quel che conta è aver vissuto
groag...groag...groag...

La carezza stesa

La schiena è vuota, quando nel viso stai tipica
di sguardo, colmata ad un passaggio
dalla tempesta adunca:
quella vera, quella muscolare e genuflessa
sulle ginocchia corse
che spingono
più che la schiena, la seconda luna,
l’altra donna che non prova dolore.
 
Si desse un tono l’ospite nel cuore
quando nasconde il suo corpo etereo!
provasse anch’ella le regole del gioco:
liberasse il cielo! cadrebbe su quella schiena
- la sola amata, la rosa piovra -
con labbra grandi
la sua immensa gola
la lingua scopa.
 
Perchè la schiena è vuota?
 
Rifinita nelle spalle, stesa,
fonda un gorgo in quel apriti bufera!
la carezza.

Qualcuno l'ha più Visto?

 No, mi spiace.
 Si è guardato intorno e poi, spaesato,

 ha fatto su le sue cose e se ne è andato.

 E' che l'Universo, anche per Lui
 si è rivelato troppo complicato.

Ispirato da Yeats ~Chi può dire danzatore dalla danza~

 
Offro il mio amore, fragile e tenera.
La mia anima nuda, presentata a te
su un piatto d'argento.

Dolcemente danza dietro le ombre,

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