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Gerico

le tue parole hanno sgretolato
il mio muro di indifferenza
cattiverie corrosive come acido
pisciato contro l’intonaco
hanno  impietose messo a nudo
la mia barriera di calce e sassi

ora sto spazzando le briciole
del mio superego sconfitto
e soffro, finalmente soffro
libero da artefatta corazza
mentre il mucchietto di sassi
affoga in un mare di lacrime
 

E' la fine

Solo aria nel vuoto,
erano le tue parole.
Ridammi il mio cuore
perchè non voglio t'appartenga più.
Mi fai soffrire come un'albero in inverno,
sono un ciliegio sotto la neve.
Ripuliscimi l'anima
e dimmi addio...
Questa volta,
per sempre.
Questa volta,
è la fine.

Cento pani

Con borracce d’acqua
di fonte cristallina dolce
m’hanno mandato ieri
pe’l deserto di luce accecante
sassoso e senz’altro riparo
che un cappello pieno di sogni.
Con cento pani fragranti
ho pagato pedaggi qualunque
a chicchessia per traversare
l’arsura di bisogni inappagati
e con cento frutti furati altrui
ho deliziato il palato secco
di voglie aliene tormentose.
In cento giorni ho consumato
l’unghie ricurve arcigne, forse
per cento anni non avrò pace.

Aria, soffoco

ho bisogno di azzurro, aria pura, di ossigeno
in un tempo dedito a mille mistificazioni
che spalma tutto e tutti come marmellata insulsa,
annaspo cercando di salvare la mia identità

non voglio assomigliare a niente e nessuno,
non voglio vivere in eterno in una camera iperbarica
nonostante il peso opprimente dei molti lustri
troverò la forza per riemergere dal guano

con la testa libera, sgombra da coercizioni
annuserò l’azzurro del cielo e respirerò aria pulita
 

Te la racconto così, come venuta

Oggi, di testa, sono tornato da Leyla
 
Ripetevo come un pinocchio
questo legno, questo legno scuro
che fa ombra
un graticcio, un viticcio
 
Ah
la tv bianca e nera, a proposito l’hai venduta?
tu, che sgrani i misteri
come patatine
 
 
O perlomeno, in frigorifero
ne hai una bella riserva, come me
che un plaid attento sulle ginocchia
ci potremmo divertire
 
ti sei alzata, il deretano pastoso impresso di rosso mezzaluna
la latteria
una ragazza scalza occhieggiante dalla cucina
il caffè
 
E carogna, ti sei portata la coperta
l’hai lasciata cadere, una seta, a mezza strada
 
 
 

Al Sup. Marcos

Don Marcos: Io non so se non le sembrerà strano che le scriva, però risulta che mi duole un molare e secondo quanto sto leggendo, lei sta andando ora per queste terre che, finché non termineranno di venderle, continueranno ad essere di chi sono. Cioè quelle di chi l’hanno sempre vissuta e lavorata.
Allora ho pensato che, approfittando del fatto che mi duole il molare e che lei sta camminando sotto questi cieli, io potevo scriverle e salutarla e invitarla a scambiarsi una manata sulle spalle con me (a larga distanza, si capisce). Che ne dice?
Come? Che ha a che vedere il dolore al molare con una manata sulle spalle? Bene. Lei ha ragione, devo spiegarle allora la relazione, molto strana, che esiste fra il dolore al molare, il fatto che lei cammini per queste terre, la larga distanza e una ragazza.
No, non si sorprenda del fatto che ora sia apparsa pure una ragazza. Sempre ne appare una, lei lo sa Marcos.
Bene, risulta che, mentre io stavo passando per quella tappa difficile in cui uno scopre che non è più un bambino e neanche riesce ancora ad essere un uomo (quella tappa, lei lo sa Marcos, in cui le femmine si trasformano da moleste a interessanti e da lì quanti problemi), conobbi un vecchio che, senza che glielo chiedessi, decise che doveva darmi un consiglio sopra questi esseri incomprensibili però tanto amabili che erano, e sono, le donne. "Guarda ragazzo -mi disse- la vita di un uomo non è altro che la ricerca di una donna. Attento che dico una donna e non qualsiasi donna. E per una donna, ragazzo, mi sto riferendo a una come unica.

Pensando

Pensando, rivedo canne sfilacciate
un fiume già pietraia
rondini sempre in ritardo

ma anche roseti a maggio
gambe nude alle ortiche
pur di essere carezzate

La mente sa riconoscere i suoi danni
rinverdisce gli autunni
rende la sillaba mancata
a una domanda

Oltre il pensiero, cè questo bisogno
di riprendere il viaggio
a fiato corto  
tendini ossidati

ma cuore aperto
ad ogni abbraccio

Aetos

Vorrei un giorno di refoli di luce
d'azzurri spasimi di niente
e planare su nuvole
gonfie d'elettrico e d'immenso
aquila

dominare cime e urli di baratri
con occhi che sanno
l'orrore e la bellezza
della storia

berlo, il calice
come un andare a scontro di schiere
a bolgia
di furia ed amore
a dolore attraversato
e vedere.

Torno subito.

Leggendo ti ho atteso invano
così come uno stolto
son morto col libro in mano.

era ieri

Cose Così [bla bla bla]

Parlarci per ore, fra battute ed altro, produrre un numero esponenziale di parole che legate divengono considerazioni, motivi per riflessioni da portarci in tasca per almeno due giorni, sviscerarne i doppisensi, crearne quando non ve ne sono...
un gran lavoro se vogliamo, a cui non opponiamo resistenza.
Concatenandosi i pensieri di uno e dell'altra producono altri pensieri, infinite possibilità di ragionamento. Inserendosi nella mente, questi ci costringono ad affrontare prima di tutto noi stessi, le nostre fobie, i nostri blocchi ben nascosti, le cose che preferiremmo accantonare o che da soli non vediamo, riprese e portate in superficie, quindi neutralizzate, o, fatte fiorire se sono germogli. Ramificazioni, come quando un sasso buca il parabrezza.
Capire noi rivedendoci in un altro essere umano (la specifica è d'uopo), apparentemente diverso eppure così affine, scoprirsi nelle analisi di sensibilità ricevute e rese, fa salire di un gradino se si è in un percorso paragonabile ad una scala. 

                                                                                                                          Manuela

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