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Sempre lei

il mento appoggiato
sulle braccia conserte
che reggono uno di quei sorrisi
nato per una copula tra cani
ascoltavo i sonagli dei pensieri
mossi dal vento della nostalgia
figure come animazioni
ombre cinesi sopra un telo
senza immaginare mai
la prossima figura ma
aspettando sempre quella
lei che passa - attraversa
la scena, esce e torna
fa movimenti consueti
tuttavia affascinanti.

Cuore aquilone

La logica vorrebbe

 la logica vorrebbe la rinuncia
richiudere
                con un colpo secco
                uno schiocco
[l'assoluto che per definizione scioglie]
 
ma dove sia la logica
io non lo so
            io amo perdermi
            e piangere la perdita
:
sono qui, allora
           come sempre aspetto
e mi siedo sui miei versi
schiacciandoli ben bene

  

Il mare

Quando il vento delizioso
solleva nel silenzio caldo
l'impetuoso senso
sciaborda uncinetti di emozioni.

E a ricami di lenzuola
il giorno procede
teso a ricoprire
quest'oceano sospeso
in disegni ammalianti...
di giallo bagliore
e di dispetto lunare

i lapilli smarriti 
rapiti dal tepore
come fa il vento.
il cuore tace...

Svaniscono le pupille tese
al battito di ciglia accese.

Estranei i corpi riempiono la riva
e intanto gli occhi inseguono le scie degli aquiloni
come anime vaganti nel cielo terso.

Come poggi l'occhio 
su quella spuma aranciata all'orizzonte
la tenerezza veste quel pensiero
e l’occhio un po’ si bagna...

Quando lo sguardo piomba
in un dolce sogno 
almeno per quell’ istante
tutto il resto scorda
e, il vento come si fa
il Tutto tace.

Cedono i passi

Distante
stracolmi pensieri
riturbano troni
di affanni vespri
e toni disperi.
Lontano
voci ricolmi
e sfratti di ceri
manuali dicotomie
leggi disperse
Poggiando
anfratti discese
gireno le ròte
per sempre vòte
ci soffi di gioia
e aspergi speranza
Ansimi in risalita
Allacci alle scarpe
questa folle fatica
di legare cuori
e vinci speranze
nell'atroce agonia
di una folle fatica

Dolcezze al tramonto

I colori del tramonto
sui nostri visi incantati
mentre il sole s’immerge
rosso nell’onda
e tinge del suo colore
cielo e mare
e monti affacciati
sulla costa assopita.
Brillano di luce nuova
i nostri sguardi
perduti sognanti
nell’incanto
nel silenzio magico
delle nostre voglie.

Come in un puzzle.

il cristallo sfaccettato dei tuoi occhi
rimanda immagini spezzettate Leggi tutto »

Luigi Proietti - Mio padre è morto a 18 anni partigiano

Proietti recita magistralmente una poesia di Roberto Lerici il cui significato va oltre le motivazioni politiche ed il posizionamento storico della poesia stessa.
 
Cercatelo su youtube
 

Memorie (inutili)

Quando il mattino della vita, dalle grandi vetrate degli occhi infantili mi faceva luce dentro e irrequieto curioso straniavo gli obblighi dati, avevo un fortilizio solitario dirupato, trovato nei molti viaggi fantasiosi tra i muri crollati d'un palazzo dalle bombe sventrato. Luogo pericoloso a vista per soli alieni a caccia di misteri, dove le erbacce caparbie, lentamente, riconquistavano spazi abbandonati, angoli riparati in cui la guazza bagnava semi dal vento trasportati. L'angolo più recondito ombroso, di giorno in giorno si faceva covo, una parvenza una scarna copia d'un habitat domestico più noto: un sedile e un desco di pietra scalcinati, inutile lume una bugia rotta, un vecchio chiodo infisso nel muro per appendere bastoni cianfrusaglie raccattate; una boccia crepata teca d'una lucertola viva alimentata e mosche giornalmente. Arredi patrimonio tesori del pirata che premeva nascermi nelle voglie di volare, andare via. Sulla breccia d'ingresso fissato come chiave di volta, i resti di un rapace impagliato acefalo, per spaurire terrorizzare - forse - gli intrusi. Senza rendermene conto, piano piano, tutto scivolava via tra i nuovi interessi legati alla crescita, di cui non ho  più contezza ma, quella, la rocca segreta solitaria, è restata. Ha figliato. Ora lì c'è un palazzo di dieci piani.

25 aprile 1945. Liberazione

              
          

Tu che sei anelata insieme al profumo del biancospino
e rossa ti sei tinta a sormontare ogni ostacolo maligno;
per distenderti su verdi prati ancora umidi al mattino;
tu viva con l’onor dei torturati, onor più duro del macigno.
 
Per te popolo insorge a fianco di partigiani a tentar difesa
di donne, di bambini che non conoscono né gioco né futuro
ma sanno del pianto, della fame, di una guerra incompresa
e di troppe vite finite da rumor di spari contro un muro.
 
Ora il sole splende sui morti che al grido di “libera Italia”
hanno sovrastato e smorzato il crepitìo dei moschetti
perché di fronte alla morte è l’avvenire che ammalia,
un avvenire libero, strappato alle vite, strappato agli affetti.
 
Ultimo atto. L’aguzzino coperto d’onta è costretto alla fuga.
Di nuovo gente nelle strade; sui volti dolore, speranza, passione,
è la fine del terrore e anche la più piccola lacrima si asciuga.
Era il venticinque aprile del quarantacinque. Liberazione

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