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Il partigiano

Arturo Lenzi, un bell'uomo sulla cinquantina, funzionario nazionale del partito, grazie ai suoi trascorsi bellici nella guerra di resistenza e liberazione, capo squadra assaltatori, si era fatto nome di coraggioso fino all'incoscienza e godette e gode, ancora, stima e reputazione. Finita la guerra, lasciò il paese natio e tutte le conoscenze, per la politica. Neppure il suo amore giovanile, del quale aveva sempre serbato un nostalgico ricordo, si peritò di salutare, d'altro canto - alla macchia - aveva allacciato una relazione con la figlia del Comandante, che faceva da staffetta da e per la montagna, come portaordini. Ora era di ritorno, per assolvere un mesto dovere di esequie ma, pensò molto, alla sua vecchia fiamma amorosa, durante il viaggio da Roma. E giunto in paese, da appena un giorno, nella piazza principale, quasi fosse un appuntamento...
- Ciao Giulia, come stai? quanto tempo....e tua mamma?
- Ciao Arturo, ti ho visto in paese, ieri ma, anche se mi avevi visto, ti sei girato dall'altra parte.
- Bhe! sai, avevo appena saputo che avevi sposato Marco. Ricordi? lo consideravamo una nullità, anche tu, perché non aveva preso parte ...
- Quando sei andato in montagna, mi aspettavo notizie. Nulla per mesi. Che dovevo pensare? e poi, dicevano che ti era messo con la Jolanda, la staffetta, e lei in paese, si vantava di essere la tua ragazza. Non sei neanche tornato a casa, subito a Roma per il partito.
- Niente, niente, non voglio recriminare. Hai dei bambini, lo so e Marco ha un buon lavoro,. Insomma state bene e tua madre, la Maria. Era terribile, a quei tempi, sempre a farti la guardia.
Giulia, abbassando la testa e sorridendo:
- però gliela abbiamo fatta, ricordi? Te lo ricordi, quella notte ...
- Io non l'ho scordato mai, Giulia, mi ha fatto compagnia tutto il tempo della guerra e ancora mi torna in mente, con una nostalgia infinita. Sai, io non mi sono sposato...poi la politica mi ha preso tutto il tempo. Oggi sono qui per le esequie di Molotov, ricordi? il padre di Jolanda. Era il mio comandante nella Brigata Vallelunga.
L'imbarazzo cresceva in entrambi e nel tentativo di fugarlo, si guardava attorno e salutavano i passanti, indifferenti, anche a distanza. Giulia sembrò, un attimo, voler aggiungere qualcosa ma, restò interdetta, Arturo stava guardando qualcuno e gli porse, distrattamente la mano, come a volersi necessariamente congedare. Così si separarono con un attimo di titubanza, come un rincrescimento.
Arturo, che durante il breve incontro con Giulia, si era tolto il fazzoletto rosso dal collo riponendolo in tasca con le decorazioni da esibire nel corteo funebre, si stava risistemando mentre si avvicinava al suo sorridente interlocutore:
- Ciao Marco, come stai? Come va qui in paese? Ho visto Giulia, poco fa. E' ancora bellissima.
- Tutto bene, ah! Giulia, si stiamo bene tutti ,anche i ragazzi. Nell'ultima campagna di iscrizioni siamo aumentati del tre e mezzo per cento. Grande adesione e l'Amministrazione Comunale, funziona bene. Vieni, devi prendere posto in testa al corteo, vicino al sindaco agli altri e la Jolanda.
La lucida macchina nera, con il feretro, seguito da una donna corpulenta in gramaglie, il sindaco, un anziano dall'aria battagliera e Arturo con a fianco Marco, prese a passo breve a percorrere il corso principale, dalla sede del partito, dove era stata allestita la camera ardente, verso il cimitero. Seguivano un centinaio di persone e qualcuno faceva ala al passaggio del corteo.
D'improvviso, provenienti dalla parte antistante il corteo, si udirono dei botti, esplosioni di artifici, simili a quelli che si usava far esplodere per Pasqua.
- Cosa succede Marco?
- Deve essere quel bastardo del Camerata, oh scusa!
Intanto un gruppetto di giovinastri, correndo inseguita da due Carabinieri, risaliva i lati del piccolo corteo, sbeffeggiandolo con il lancio di buste d'acqua colorata.
- Mario, Camerata, bastardo. Poi facciamo i conti.
Gli gridava dietro Marco, evidentemente inferocito.
- Ma chi è? Chiese Arturo, di chi è figlio. Avete fascisti qui, ancora?
- Nessuno ti ha detto nulla? Neanche la Giulia?
- Cosa vuoi dire? cosa c'entra la Giulia.
- Ho sposato la Giulia che era incinta. Quel nazi skin, alto, con gli orecchini, è suo figlio e ...
- E...? Domanda inquieto Arturo.
- E' anche tuo figlio.
 
 
 
 
 

Confini

"Ho cercato un segno, ho cercato un cuore in un Mondo troppo buio."
Amo questa frase.
Forse perchè mi rappresenta in tutto e per tutto o forse perchè così comicia una canzone dei Guns and Roses. Che vuoi che ti dica? La musica è la mia vita, ed io la vivo! Axl Rose diceva sempre <<è difficile far durare una candela sotto la fredda pioggia di novembre.>> e ha ragione. Cavolo, se ha ragione. Questo Mondo è buio! E allora sai che ti dico?
-Illuminalo-
In quanto alla candela,  non so, amico. Non so nulla. Posso solo provare a brillare un po'.
Ma sono troppo in alto. Sono solo una piccola stella ai confini inesistenti di un fottuto Universo.
 

Pasqua

 
Alberi fioriti
rondini nel cielo
campane a festa
 

Il pifferaio di Hamelin

 
Ricordi quel motivetto
che ballavamo
in quella notte d'estate
dove le zanzare facevan baldoria...
Un foxtrot impazzito
che solo noi danzavamo
rubando la musica che lontana
suonava
anzi, eri tu che danzavi e ridevi
su quella rotonda abbandonata
davanti al mare...
e poi seria mi abbracciavi
io lì a te m'appoggiavo
che l'amore mi pareva un tempo
al quale perduto tempo anch'esso appoggiasse
e camminavo nel corteo
tra i passi lenti e nottetempi
di cui già parlai altrove...

 

 
O forse così doveva
essere
per quel foxtrot tutto per noi
per quel contrabbasso al suo contrappunto
e la chitarra appena arpeggiata...
Ricordi che io avevo
il cuore giovane
e un fazzoletto al collo
e che l'estate era lì
arrivata da un po' che già l'onda sfuggiva
sottovoce parlando
come il pifferaio di Hamelin
sul ponte dell'acqua sorgente
che bella e trasparente scorreva
lungo la gola di quel lupo
che diventato sono
e tu, una collana di perle come neve
che ancora giocherellava
tra le tue dita,
davanti alle labbra del tuo sorriso
tutto rose e coriandoli a primavera
e bouquet di fiori d'inverno.

 

 
Ricordi? Come era tutto pianura
e la montagna lontana neppur si vedeva
che ancora stento a credere
che il tempo lemme lemme
tra una nota e l'altra passato
che sento alle orecchie e noi lì
anni interi che mai si fermava
che dietro la montagna ora
quel contrabbasso suona per altri
hai la collana nel cassetto e io
ho un pensiero nel mio cuore

Il resto mancia

Dolce gioia ti prego credimi
ho finito di districarmi
nel reticolo dei miei astrusi piani;
parte del disegno è svanito,
risucchiato nella mina
e lo spettro dietro l’ombra
l’ho disciolto nella varechina.

Perso nel tuo sguardo
il brivido che ha mosso la mano
si è riscoperto spavaldo
lanciando via lontano
questa insana mia mania
che nella ricerca del facsimile
spegne e accende la nostra spia
con una carica imprevedibile.

Hai creduto fosse troppo,
non sopporti vedermi piègato
mi hai salvato proprio il giorno
del flagello prefissato;
con schermi velati da fertile placenta
dove le brezze marine avevano essiccato 
confetti di lacrime ripieni di menta
freschi germogli dietro un filo spinato.

Quanta forza si regge sui tuoi tacchi
non per niente sei l'orgoglio della strada
le riprove sono il siero degli impacchi
per chi torna dopo un lancio di granata;
la denunzia per chi sta sporcando il sole
tu la avverti quale grido disumano,
salvi l’armo delle stesse bagnarole
nonostante il tuo sangue sia pagano.

Potessi un dì vedere il popolo
muoversi pacato al tuo seguito
che ogni speranza salga,
e tutti i sogni si avverino.
Di nascosto ho disegnato te
quale nostro modello di vita
e il vento non può cancellare
il racconto che mi invita
alla memoria del tuo volto
nel profondo della notte.

Ora per tuo merito
anche i viaggi verso le stelle
nell’abbrivio io riesco seguire
scarto ancora caramelle
che si lasciano inghiottire
col sapore inebriante
e per nulla prepotente
sul servizio del tracciante
che diviene iridescente
dietro un arco svergolato
dove il cielo prende fiato.

Lui si sbriga presto
e strizzando le nuvole
poi mi lascia il resto.

En forme de

 
… allora diciamo di sì che forse potrei
navigare a vista senza calibrare i bassi
della voce e poi cambiare pelle mutare
come le lucertole aspettare l’ora bianca
immobile sul sasso senza dare un senso solo musica
così come un vinile che gira all’infinito
 
                                    potrei
 
rincorrerti paesaggio al finestrino in un’estate di treni
così, senza gallerie potrei lasciarmi scivolare
come dentro l’acqua salsa in schiuma e sabbia
di barche capovolte e reti rammendate
                            
                                   trasformarmi
 

La sposa di Maggio

Come è bella la sposa di maggio
bella nel suo abito bianco
con mille e mille
chicchi di riso
sulla sposa la sposa di maggio.

Come è bella la sposa di maggio
il velo sugli occhi
l'abito lungo
leggera come una modella
oh come è bella la sposa di maggio.

La gente nella chiesa
trattiene il respiro
quando incede leggera
sino all'altare
oh come è bella la sposa di maggio.

Chicchi di riso
sulla sposa di maggio
e sull'altare il suo compagno
si vede che l'ama
d'amore sincero.

L'organo suona
e sembra che lei danzi
e un sorriso
prende la gente,
la sua voce è sottile,
lei è la sposa di maggio.

Fuori,
sopra un muretto
un poeta di strada
guarda il suo gatto,
l'amore non muore
sia grande o sia leggero
l'amore non muore
nemmeno nella pioggia di riso.

Quel gatto,
il suo piccolo gatto
si struscia ai suoi piedi
e il poeta sorride
oh come è bella
come è bella la sposa di maggio.

ricordati, tutto è poesia, ma...

Nell'abbandono verso un sentimento
mi dichiaro reduce, in battaglie perse
tengo fisso lo sguardo all'orizzonte di pace
ma per descrivere la poesia
ho bisogno di trampoli, forse cosi cresco nello
sbilancia- mento, per non cadere nel logico.
arduo è
il compito. M'arrampico tra le nuvole
mi faccio dondolare dal vento
cerco lei dentro il Cuore,
e tra i miei mozziconi cerco
memoria per non ingannarmi,
per temperarmi. Cerco,
forse ad occhi chiusi di
recuperare il soggetto primo.
ho la fantasia,
la realtà,
filanti sensazioni
fragili emozioni
forbici non umane
mi ri- tagliano i colori
pennelli li mescolano,
ho appigli su corolle, ali, fiumi...
ma non è tutto.
Per arrivare al senso magico
occorre un duro impasto,il lievitare
sul desco e attendere
che maturi il frutto.

Olga Carol Rama

 Ha 92 anni Olga Carol Rama, amica di Edoardo Sanguineti, Felice Casorati, Albino Galvano, Italo Calvino, Massimo Mila, Carlo Mollino e molti altri. A New York conosce Andy Warhol, Orson Welles e soprattutto Man Ray, con il quale continua a frequentarsi fino alla morte di lui avvenuta a Parigi il 18 novembre 1976. Carol Rama affermò coraggiosamente che: “Il senso del peccato è stato il mio più grande maestro!” Questo suo trascorrere del tempo “fa vissuto”, come ama esprimersi definendo così, qualsiasi “esistenza” che conserva l’impronta del trascorrere del tempo. Una brocca screziata, “fa vissuto”! Un’anziana donna, “fa vissuto”, un collo di volpe argentata consunta, “fa vissuto”!     Giuseppe Lorin per Rosso Venexiano, interviste                     continua a leggere qui

Maria Assunta

La chiazza di sangue era enorme.
Il rosso brillante si stava già scurendo ai bordi, virando verso il nero.
Mamma e papà capirono finalmente cosa aveva cercato di gridare nonna dalla finestra e misero una mano davanti agli occhi di noi due bambini, perché non vedessimo quell'immensità rossa spuntata nella tromba delle scale di casa. Ma era troppo tardi. Avevamo già visto. E se anche non avessimo visto, sarebbe bastato l'odore che impregnava tutto: un odore denso, sconosciuto e dolce.
Ci spinsero in fretta in ascensore, e poi in casa. Mentre aspettavamo il pranzo seduti in salotto, sentivamo i genitori e mia nonna che confabulavano in cucina. Non ci dissero niente, nessuna spiegazione. Ma noi sapevamo che bastava aspettare. Quando mamma e papà furono usciti per tornare al lavoro (allora non esisteva l'orario continuato), chiedemmo a nonna. E lei, con la tipica ruvidezza contadina di chi ne ha viste tante, rispose: «Ma niente, quella pazza di fronte si è buttata di sotto, dall'ottavo piano». Mio fratello voleva sapere i particolari: come avesse fatto, quanto ci avesse messo per arrivare e com'era dopo essersi schiantata a terra. Io chiesi perché. Alle domande di Paolo, mia nonna rispose con dovizia di dettagli. Alla mia, con un'alzata di spalle ed un sollevarsi degli occhi dal cielo.

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