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blog di Mariagrazia Tumbarello

vetta

m'arrampicano i ricordi
verso vette che non so smussare,
e poi quel sorriso largo
che si fa beffe del mondo
m'intenerisce ancora,
e attendo primavera
per sapere se è l'illusione del giorno
o se è il. destino e il suo richiamo

perdono

perdonami
quell'aria imbronciata
su cui dipingo
di voluttà ancestrali
le finestre del mondo,
sapessi che condividiamo
lo stesso cielo,
abbandonerei
la smorfia di dolore
e mi accamperei
tra i tuoi occhi belli

ce ne andremo

ce ne andremo
a primavera inoltrata,
quando la rabbia delle cinciallegre
avrà coperto d'insulti l'aria morbida,
cadenzando il ritmo voluttuoso
del catrame all'asfalto gioioso,
vinceremo
la prima tormenta che invade il sonno,
picchiare forsennata

corre dentro

sento la vita corrermi dentro
come ululato di cane
che si cimenta
all'opera,
frettoloso
di salirmi di gota in gota,
l'ansia che divora il corpo
e le mani la mente,
battito carnale
che ovunque sposti lo sguardo

lettere divaricate

a parte il dolore
che vola al cuore
come anticamera arredata,
cosa resta
di un piangere perverso
che all'alba
mostra lividi invivibili?
a parte la fiera incandescente
dei miei istanti appisolati
a rimirare le cartoline

al vento

tra i capelli
il fiore nuovo,
e nelle mani la speranza aperta,
un filo di gioia
percorre il silenzio,
e gote ansiose
di vedere il giorno,
ti porto al mare,
sibilasti lieto,
e ancora attendo
di mangiar le onde,

germogli di primavera

pare più prossimo
il cielo,
con quell'aria bambina di
dispettita arroganza,
e quegli aculei
che il vento ha ridotto
in cenere
dall'avanzare fiorito
di una primavera tanto timida,
s'affaccia corrucciato e tenero

scrivendo, di noia e d'altro ancora

m'anima il respiro
che t'avviene alle gote,
stemperando d'aria alla luce
il colore diletto
della sera ch'avanza,
porpora velata d'opposto segno
che ostenta viluppi di noia
sospesa,
goccia di memoria rappresa

soldato

sopra un pensiero
di perenne angustia,
marcio come soldato
in cavalleria superata,
e rivedo il campo
di battaglia
su cui conquistai quel cuore
che pareva perduto,
agito come un burattino
che abbisogna vita,

lunatica

ho dentro le viscere
uno sfavillio di campane cerulee
che rabberciano lo stomaco,
come un futile disegno di grazia contorta
che fatico a scorgere;
volo di farfalle incerte
che tingono e stingono i contorni
seguendo il cono di luce specchiata

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