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blog di Mariagrazia Tumbarello

cose buone

voglio guardare
l'orizzonte con te,
stanotte,
che si assottiglia tra le fronde
odorose
degli abeti senza foglie,
mangiarsi di lustri stupiti
le lacrime che sgorgano
senza fantasia,
rigandosi anche la coperta
sdrucita
di un cuore
che muore di te,
aspettandosi

che destino!

su Viale dei Platani
il nostro incontro
coronato dalle stelle,
sguardi piovevano
tra le scapole
abbassate
e il cucito nuovo
della nonna sul plissé,
voltavo la faccia
per non vedere
quegli occhi
rigare di lacrime

nuove primavere

accecami l'anima,
arrampicati dolce
sui miei sorrisi più aperti,
tra i laterizi delle mie profonde
sconosciutissime albe chiare,
tra quei silenzi dorati,
adombrati appena
dalle tende spesse
che soffocano mattine sorprese,

fiabe

assorbimi di morbide estatiche
notti,
voglio essere l'altalena
solenne
che si scalda perenne
tra le antenne del cielo,
gioire di abbracci colorati,
finchè ci sorprenda l'alba
di tenere sibille
intrecciate,

porto sicuro

riprenditi il tuo posto,
quello sicuro
tra la folla in delirio
che ci osserva muta,
scandaglia anch'essa
il nostro ritorno
e quella luce da interstizio
che si inclinava sicura,
marmorea certezza
che rivoglio indietro,

bomba

scintille di spuma dorata,
quella notte in riva al dopo,
ci perdemmo
nel tamburo
della battigia,
di dolore ritmata,
sarebbe stato un istante,
e poi la luna,
e poi noi,
e poi il battito impazzito
dei cuori

il futuro, ieri

non chiamarmi amore
per timore di solitudine,
non perderti in puerili percorsi a ritroso
del tuo tempo nuovo,
porpora saremo al cospetto dei lunari sbiaditi,
perlustrami da schiena a collo
come fossimo strumenti
dello stesso vibrare fragile

vergogne

provo vergogna
per la non vergogna che regna,
che inonderei il mondo
e le fattezze sue
di liquori ammutoliti e arrossati
dal vento,
per dar l'illusione momentanea
di un sussulto d'uomo
che soffi ancora
sulle altezze altere

albe illuse

se piegando le ali al tempo
rinverdissi di noi,
avrei contato mille e più albori irrisolti,
e spiegate vele
perfino all'ossessione morente
del fascio di luce maligno
che attraversa sguardi
per impoverir di meno,
invece m'aduso

pioggia vespertina

scompare tetro
e sibila forte,
come il gatto che s'impenna
sulle pendici dell'albero brullo,
fossi catena
t'avvinghierei
alla mia sorte maledetta,
d'esser in costante adorazione
della pioggia vespertina
che s'adagia molle

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