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S’Inarca il Tramonto a Svanire

 
Squama scarlatto
l’orgoglio dei sensi,
nei tropici in fiamme
d’anime avvinte
in fiori perversi,
fra tormenti di labbra
e parole riarse.
 
Sono mani di nuvola,
a dipingere lunghe
le rotte dei sogni,
su sentieri di pelle
spalmati di neve,
verso la culla di rose
pronte a sbocciare.
 
Nel torpore dorato
dell’estasi in volo,
gridano gli occhi
alle ombre nel cielo,
con ciglia di piuma
a sostenere la notte,
sul rogo di acque
in alta marea.
 
Guardinghe, le ali,
s’avvitano in fuga
nella tua terra
matura di stelle.

Cose Così [di notte]

Avevo il tuo seme
e la mia notte

mi hai fatto l'amore tutto il tempo.

 

 

 

Traggo diletto

Traggo diletto dal modo
che il tuo respiro in gola
s’arresta quando le mie mani
sul villoso petto indugian.
Un incendio, un desiderio,
un turbine di passione m’assale
quando la tua bocca sul mio seno gioca
o la tua lingua sul mio ventre danza.
In Paradiso volo, se con la tua
sfreghi la mia coscia
e con le dita la mia femminilità
accendi, infiammi, tormenti,
godo del travolgente amplesso
che l’ardor consuma,
infine all’oblio giungo
e poi sfinita al tuo fianco m’acquieto.
 

 

I Falchi Volano in Orbite Chiuse

 

(Come stampi sulla seta)
 
Scalciano i cavalli del sole
al traino d'imperlati fuochi,
su geometrie di pelle vaga,
divorata e dipinta di rosso,
nel desiderio di folgore strana.
Pugnale fra i denti,
artiglio pianeti confetto,
imboccando il fremito
di una rosa che canta.

(il rossetto dei tuoi baci)

Diversi, gli accenti acuti
d'avide mani in accordo,
a trarre confuse sinfonie
in un gemito spumoso,
aritmico d'apnea lunare
smosso in carni d'orchidea,
dove rassegno l'anima
e l'azzurro del respiro.

(a firmare il desiderio)

Fuoco di Rovo (Yamakaji - Haiku)

 

La notte incendia

ombelico stellato.

Calde promesse.

 

Perfezione di schiavo (Vibeke's contest - Il tocco di una dea)

- Aaaaahhh! Aaaaaaaaaaaaahhh! -
Eskil stava irrimediabilmente per venire. Svigorito da una cinquantina di minuti di furente battaglia erotica con la sua Padrona, durante la quale aveva elargito il suo liquido seminale al pavimento già un paio di volte, sentiva che era giunto il momento d'eiaculare per la terza volta - ed auspicava ultima, per quel giorno. Aumentò la cadenza dei movimenti penetratori e, nonostante cominciasse a sentire gli adduttori indolenziti a causa di alcune contrazioni irregolari nei movimenti, riuscì a condurre in porto l'orgasmo senza particolari apprensioni.
- Mmh, sì, è stato bello! - canzonò implacabilmente Lady Malene.
- Perchè mi fa questo? - chiese Eskil, col tono candido d'un infante.
- Fare cosa? - ridacchiò beffarda la Padrona.
- Lei sa cosa... - sussurrò afflitto l'uomo.
Eskil poteva essere tranquillamente considerato l'uomo più bello di Stavanger. Alto un metro ed ottantacinque, dalla muscolatura armoniosa e flessuosa, aveva una chioma corvina lucida che gli lambiva i lobi delle orecchie per andare a sfociare ai lati della nuca, e degli occhi verdi che parevano malachite vitrea perpetuamente estratta dai giacimenti dello Zambia.
Per diversi anni era stato un infaticabile dongiovanni. D'altronde, non era un'attività che gli risultava particolarmente ostica, dato che di donne propense a penzolare ai suoi piedi al minimo schiocco di dita ne trovava parecchie, a Stavanger come altrove.
Il problema è che quel modus vivendi non era quello che desiderava lui. Condannato all'appariscenza da un'avvenenza inesorabile, l'unica voglia reale che gli era rimasta era quella d'instaurare rapporti con un'impronta tangibilmente asessuata.

Sviene l'Aquila, a Febbrili Altezze.


   
Alfabeti muti irregolari,
in rintocchi di piuma
a scandire le braccia
del tempo immaginato,
nelle rosse firme ai calici
d'alate metamorfosi,
o l'acqua di sirena
a spegnere gli artefatti
di lingue allo studio vive,
al corpo di nuove identità.
 
Foglie di mani ardite,
sulla via tortuosa
d'elisir di petali in solfeggio,
scalando mondi gemelli,
per virtuose lacrime
di fertili terre munte,
in abbandono al sole.
 
Si sciolgono i nodi,
tutto avviene quasi per caso,
in un lampo,
dalla terra al cielo.

 

Il fascino

Argento polito i capelli lisci
appena lunghi
siedono sulle spalle
d’epidermide fine pallida
incoronano la figure smilza elegante fiera
appollaiata lenta sullo sgabello alto del pub.
Gli occhi grigioverde fondi un mare
il sorriso svagato di gatto
che rassetta il muso
mi portarono a lei a una spanna
dai ginocchi nudi puntuti
di qua dalle natiche formose soffici
da stecchire gli occhi.
Per mano
al suo covo caldo solitario andati
specchio di lei totale senz’altro verso
s’apre e ha tra le cosce di seta
accolse il mio viso
consumando la sua lucida voglia
dissetando il mio desiderio morboso.

Una monta.

 
 
Si raccontava
sui banchi a sbalzo
con le timbriche dei pennini scivolanti
concetti espressi a polvere di parole
nell’ironia del riso fraudolento
quei ritagli
che le bionde concedevano ai bruni giovanotti
sulla tolda del peccato.
 
Per tutte le curve a gomito
del fiato di Chet
il suo ottone ripreso negli acuti
quelle stridule note che sgommavano i soffitti
ricadendo occhi sui ventagli delle gonne
nello sfregarsi implume di due pubi sfrigolanti
come a dire del sesso esposto
e intanto parco di clamore
per i ruvidi manovali di toilette.
 
Le bionde alle intraprese decadute
davano in cambio un senso di conquista
che nemmeno avremmo immaginato
tremando equi per il fratello e la passione.
 
Così nascemmo in protesta
quando già la protesta era solo
una monta.

La Freccia del Tempo ha Un Solo Bersaglio, All'Inizio

 
Fameliche fusa,
fusa mortali
ordite al collo
di primordi imboccati
nel giogo d’arsura,
a pulsare lingue fertili
cacciando carotidi nude,
in cruenta ebollizione
d’un miagolio con le ali.

Strillano dita rosse
perse in braci di miniera,
sciolte al bacio angelico
dal sale di pelle illuminata,
stravolta in umide didascalie,
dove si firma il cielo intimo
in estreme sinestesie,
ad assalire l’estasi promessa.

Ciclonici algoritmi
frullano tiepide vocali
sui percorsi scivolosi
delle anime in fuga minor,
lungo gli argini corrosi
da nuove metafisiche
e liquide semantiche.

L’icona stretta in vita
indossa candidi alfabeti,
giocando alla fine facile del mondo,
nel pentimento della carne
che spoglia l’anima,
appena nata.

 

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