Francesco
Andrea Maiello


Recensioni

Francesco A. Maiello nasce a Napoli nel 1948 e, dopo la laurea in Medicina e Chirurgia nel 1976 ed una serie di vicende umane ed intellettuali, non ultima «l’abbandono filiale per intolleranza coniugale», inizia a definirsi referente delle anime celesti, decidendo di dedicare tutta la sua passione di uomo alla scrittura. La musa divina si presenta come un mix di poesia e filosofia allo scopo di dar cura alle anime. La ricerca della cura giusta nasce dalla volontà di guarire in primis la propria, affetta - dichiara l’autore – da cirrosi psicosomatica, da quando gli si è fatto «’o fegat tant», poiché a Napoli - si sa – «’o tuosseche arruvin ‘o fegat» (le amarezze rovinano il fegato, ndt). Maiello afferma che la cura giusta deve poter riportare «il mondo intero nell’era della pace, dell’amore e della Luce!». L’autore, pur trafitto dall’amore, non dispera «perché l’amore deve vincere sul male e trionfare nell’io profondo, sede della coscienza, dove la luce spirituale fa germogliare quei momenti della nostra anima che noi chiamiamo sentimenti», pertanto si proclama «novello Platone» che esiste «per amare veramente». Affinchè vinca l’amore è necessaria una nuova educazione morale, spiega Maiello: bisogna restaurare il valore etico della famiglia, della scuola, della politica, della religione, del sesso. La religione, ad esempio, può aiutare qualora a scuola venga impartita con criterio: «occorre il sigillo della religione unica dell’amore, più propositiva e non più solo passiva e tanto bigotta con antiche proibizioni, soliti peccati e inutili confessioni. [...] La comune religione dell’amore, inoltre, per accrescere le sue conoscenze, deve spaziare e attingere anche in campo filosofico e scientifico al fine di dare il giusto indirizzo all’umanità e farci acquisire il comportamento ideale alla luce dell’intelletto e della sapienza». Mentre cerca di giungere alla meta prefissa, il nostro poeta, attraverso una scrittura adatta ai tempi disincantati che corrono, ci invita al dialogo discorrendo di questioni fondamentali della vita, ma senza affanno, come seduti dinanzi ad una tazzina di caffè, con amara disillusione. Quella di Maiello è una scrittura ironica, quasi cinica, come se, discutendo di questo o di quel problema che oggi ci fa più o meno dannare, non fosse più capace di disperarsi e finisse col trattare tutto con filosofia. La stessa invocazione iniziale alla musa come fonte d’ispirazione è un espediente ironico: ironia contro quanti prendono se stessi e ciò che fanno con estrema, ridicola, serietà. Un’‘invocazione scritta un po’ in latino, un po’ in francese, un po’ in italiano, un po’ in un latino italianizzato: l’uso della rima, di lingue storpiate, del code mixing o del code switching in funzione enfatica palesano l’onnipresente ironia delll’autore che sa quanto lo scherzo celi la messa in evidenza di scomode verità. Ironizzare sul mondo, ironizzare sui fanatismi della gente: Maiello riesce a farlo magistralmente. Talvolta ad esempio, si esprime utilizzando termini tecnici della medicina che poi traduce banalmente per deridere quanti utilizzano paroloni con pomposo, quanto mai ridicolo, vanto. La materia, quindi, si presenta come un continuo raccontare e raccontarsi con un’ironia da clown, triste e saggia, a tratti nostalgica, attraverso momenti di pungente satira politica o digressioni filosofiche, offerte sempre con puntualità e inserite armonicamente nel tutto. La necessità dell’autore di esprimersi in maniera alternativa è chiara: la nausea per quanti al suo posto avrebbero preferito prosaicamente una redditizia carriera da medico, strumentalizzando la propria cultura e a costo della propria disumanizzazione e morte interiore, è a dir poco evidente.

Emma Liberti