Frammenti di Rossovenexiano | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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Ho lavato i miei pensieri

 

Lei è in me

Una luce
nell'animo m'è apparsa
deflagrata con la forza
d'una stella esplosa.
Via via accrescendosi,
acquistando vibrazioni.
Mai più
il buio della Notte
potrà avvolgermi totalmente,
giacché ormai m'appartiene.
Lei è in me.
©flamonair

 

Lacrime

In senili palpiti, bussa l’ora,
su porte inchiodate.

Mute scale, incalzano pareti sfocate,
finestre nude,
nel silenzio arricciato.

Gravitano istanti di neri mantelli
i suoni scompaiano
nel vento a galoppare ombre affilate.

Vibrano le primule
sotto distese lacrime di lirici sparvieri
feriti di sogni senza ali

©iry50

 

Frantumi

Spira dolce, il vento
e l' onda, spuma verso lembi di cielo,
lontano, all' orizzonte
è giunta l' ora
e ancora
mi struggo d' un tormento riacceso
respirando le note di una dolce melodia.
Di giorno in giorno
più flebile
il fiato della vita e vago,
inquieta, dietro a un ramo di pruno
in compagnia di giorni senza data,
aspettando che l' Aurora torni
che d' ogni cosa, altro non resti
che frantumi di parole rimaste nelle orecchie.
Non c' è legge che protegga da sé stessi
se rinverdiscono amarezze
paralizzando quei momenti
in cui ho creduto
di lavar via i pensieri tristi
stendendo le mie lacrime ad asciugare
©Ventidiguerra
Cose Così [ho lavato e steso]

S'oscura il cielo di solchi salati
impasto di occhi nero rimmel
sfidando di baci labbra arse..

[T R I S T E].

Ora narro impantanata all'inverno
ché nella pioggia i miei pensieri
ho lavato, rilavato e steso.

©ManuelaVerbasi

 

Lacrime di vetro

Fanciulla
ho intonato canti ignari
rincorrendo
farfalle multicolori.

...paradiso colmo d'amore....

alitavo al vento
bolle di sapone
regalandole al cielo.

con speranza
ho lavato i miei pensieri tristi
asciugando
lacrime al sole.

ma ritornano
schegge di passato
a lacerare l'anima.

nel greto
dei giorni che scorrono.

-lastre di vetro tagliente-

© Antonella Poleti

 

Appena ieri

Ero pieno di pensieri allegri, tanto
appena ieri
quando il fiume grande su campi inquadrati
come reggimenti
sul finire d'agosto straripava
guizzi ombrosi, silenti
veloci, le pozze.

il tempo in cui mettevo il naso appena fuori
a veder se pioveva
ridente come un pulcino, zampettante
queste secche oggi opprimono.

cavedani e carpe spariti
a lavarmi i tristi pensieri
per stendermi ad asciugare fra le chiome
le cicale le ali più friniscono.

i legni, di rive inesistenti
raggrinziscono al sole

©taglioavvenuto

 

Il silenzio…

L’ultimo raggio di sole
si era spento negli occhi,
umidi di pianto,
insieme alla promessa
dell’amore eterno!
Stretta nel buio dell’attesa,
senza parole,
per non offuscare
chi l’avrebbe riportata
alla luce,
restò muta e senza lacrime,
nel giorno agonizzante
e… si voltò verso la vita.
©Rosemary3

 

Sapone alla camelia

Ho lavato i miei pensieri
con sapone alla camelia
sapida di stagioni
di ceneri da amare
al seno turgido
ho appeso germogli di parole
amori naufragati senza neve
in una sete obliqua
smorzandomi nell'avvento del silenzio
in un bosco in chiaroscuro
ho amato con sassi in fondo al cuore
in notti acerbe
di quercia e di betulla
nell'astio dell'inverno
su verbi crudi.
E ora sono sale i miei pensieri
spade di ruggine
appesi a rami secchi
ossessi tra le gambe
coriandoli e carezze
alla deriva
nella genesi del vento.
Muti di fiori.
©neraorchidea

 

LXIV

ci sono notti
in cui l’alcool
vive per me,
governa le
mie mosse.
notti in cui
la ragione
cede il passo
alla follia,
e in quelle
notti io
sono più
vero. non
so mentire
nemmeno
a me stesso.
ci sono notti
dalle quali
non puoi
scappare, e
ci sono notti
alle quali devi
pagare pegno,
perché essere
uomo vuol
dire anche
questo e non
solo. in quelle
notti ci sono
donne da amare,
e donne che
mai amerai.
e una notte,
ci sarà la notte,
quella a cui
render conto
di tutte le altre
notti passate
in bilico tra
il giusto e
la menzogna,
sospesi come
funamboli tra
la vita e la morte.
soltanto quella
sarà la notte,
la mia vera
ed unica notte.
©vedorosso

 

E sorrido, mentre m'asseto di te

Non le sono piaciuti, i miei occhi.
la psichiatra, avvisata dall'ospedale, oltre alla ramanzina, mi ha raddoppiato una dose. dice che devo prendere più luce, ché restare in ombra non fa bene alla malattia. io le ho chiesto: e a me, a me cosa farebbe bene?
guardandomi negli occhi, non ha saputo rispondere. forse erano ancora più brutti di quando sono entrata, la prima volta, o forse è solo che lei non sa vedere. lei, lei dice che se non esco fuori dai lutti, non ritornerò con i piedi per terra, ma sotto. le ho risposto che.
stanotte il soffitto era più basso del solito, ma in compenso avevo due cuccioli che mi regalavano un po' d'ossigeno.
parlare con l'orologio in mano mi lascia sempre dentro qualcosa di strano, ché penso ché chi ci vuole aiutare ha troppo da fare per ascoltare. così l'unica cosa che sono riuscita a dire è che ancora chiamo al telefono il mio amico andato, e che quando mi ricordo che è morto. non sono riuscita a finire la frase. i fazzolettini ci sono sempre sulle loro scrivanie.
le mancanze si sommano, e i dispiaceri pesano, e come fossero mazzi di carte le mischio, e poi gioco coi dolori. non so perdere. non so perdere la vita degli altri. e la paura mi fa dire cazzate, oltre che farle.

i miei occhi sono gonfi, forse saturi di nero, e quando vedono l'arcobaleno, visto che non ci sono abituati, lo scambiano per veleno, ed hanno paura. sono stanchi, stanchi di guardare da lontano.
in tre mesi la vista è scesa di molto. ho pensato a mia madre, e al suo diabete. ho pensato alla neve che hanno dovuto portare, e ai sorrisi amari che hanno dovuto ingoiare. ora stanno provando a sorseggiare qualcosa, ma hanno bisogno del bicchiere.
che forza che è pisolo!
i suoi occhi sono appesi all'attesa, e non smette di fissarmi, ché vuole essere preso in braccio. lo allungo, e gli faccio una carezza sotto il mento, a quello doppio, e lui si butta subito giù come fosse appeso per le zampe. e trema.
e tremo, all'idea di svegliarmi la mattina, e non ritrovare il sogno. lei dice di attaccarmi a quello. io le ho detto che ho mani troppo corte, ma non sono avara, e che poi so disegnare le pareti, ma a volte restano muri e sono peggio dei muli.
di mulini a vento ne ho visti molti, è questo il problema, anche se non sono mai stata in olanda. o forse è solo una questione di munizione, ché non riesco a spararmi buone notizie, per salvarmi, e allora l'essere indifesa conta fino a zero, e come una corda, il pensiero gira intorno al collo.
giro il collo e il volto si sofferma su una foto. è immaginaria, anche la cornice, ma io la vedo. e mi domando dove conduce l'essere il tempo ignoto. è un innominato il grido che festeggia nella mente, mentre poi la realtà sconfina e si appropria, con subdola forza, proprio di quella forza che dovrebbe essere la guida per trovare il bastone.
sarei dovuta essere il bastone della sua vecchiaia. me lo diceva sempre. ora io lo devo ripetere a me stessa, ma non è la stessa cosa. tutto ciò che i miei occhi toccano sa di proibito, e si scottano, e bruciano, mentre cercano di trovare qualcosa tra il divenire che se ne va in fiamme.
la fiamma era alta, e la legna scoppiettava parole calde. i cuscini neri in terra giocavano a dama col pavimento rosso, ed io mi sentivo la più bella del reame. sapevo dare alla mente quel tanto che bastava al futuro per arrivare a sera, e nei disegni di un lenzuolo trovavo le righe necessarie per scrivere senza andare a cercare l'inchiostro altrove.
devi mandare la mente altrove, mi ha detto, e smettila di pensare, vedrai che tutto si sistemerà. dentro mi dicevo che aveva ragione, ma poi la ragione se ne va in giro a bighellonare, e come fosse birra, l'irrazionalità m'ubriaca la vista. non sono matta, solo un pochino, quel tanto che basta ad infilarmi nel letto dei guai. ma guai, a non essere così, sarebbe come togliere i pori dalla pelle, ed io devo toccare tutto con la mano.
allungo la mano, e cerco la tua, mentre cambi, e non solo le marce, ma anche il flusso delle mie vene. e mentre sento il desiderio di baciarla, la lingua mi dice che è ora di deglutire, se non voglio morire. e ti mando giù, più giù, nel petto, dove passi come un treno in arrivo, e sento lo stridore dei freni, e capisco che mi devo fermare, se non voglio partire di nuovo.
di nuovo m'arriva la tua voce, ogni volta che m'affaccio e vedo andar via qualcosa di rosso, e come una mattanza che m'assorbe, prendo la schiena e la sorreggo, proprio con quel bastone che all'improvviso s'appropria di ciò che non vedo, e mi sostiene. e mi sostieni, mentre scendo dalla rampa di quel garage che è l'unica nostra realtà che ha il nome di fantasia, ma che sappiamo toccare senza usare i rami che escono dai polsi, e come foglie ci sentiamo leggeri, e radici, le parole non dette, ci concimano il presente.
sono presenti, i miei occhi, coscienti di ciò che penso.
mentre la mia faccia si fa strana, ché quando viaggio s'assenta, inconsciamente mi dico che non c'ha capito niente, perché sento che mi sorride la pelle.
e sorrido, mentre l'osservo scrivere le ricette, ché io le medicine già le prendo, forse ho solo bisogno di un bicchiere...

©simonettabumbi

 

 
 
-Associazione Salotto Culturale Rosso Venexiano
-Direttore di Frammenti: Manuela Verbasi
-Supervisione e grafica: Manuela Verbasi
-Foto di ©Soylu elaborazione grafica Emy Coratti
-Redazione
-Selezione testi a cura di: ventodimusica
-Segreteria: Eddy Braune
-Autori di Rosso Venexiano
-Editing: Manuela Verbasi. Rita Foldi, Emy Coratti
 

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a cura di Ezio Falcomer

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