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da "La torre di cristallo" - 9

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Gennaio 2000
                                                                                                                              Roma,
                                                                                                             primo pomeriggio.
 
- Ma io non lo so proprio. No, Rosa. Non riesco a decidere. Cioè, per me, avrei deciso. Lo sai no? Te lo ricordi quando a un anno e mezzo, sì, lo so che te lo ricordi, a un anno e mezzo saliva le scale e contava. No, du, ti, tatto… e saliva. Lo so, lo so che te lo ricordi.
Gli sono sempre piaciuti i numeri. Ti ricordi quando giocava con quei numerini di plastica, con la lavagnetta magnetica? E non ne sbagliava uno. Vero? Sì, era proprio carino, da piccolo. Ok, pure adesso. Ok. Sempre andato bene in matematica. A parte con quella cretina della maestra di sostegno, che non ci capiva niente e gli faceva scrivere i numeri a lettere e sì sbagliava pure. Sì, sì, te l’ho raccontato, Rosa. Ti ricordi, vero? Ecco. Io avrei deciso. Liceo Scientifico. Hai freddo? Accendo un po’ il forno? Ma sì, lo so, lo so che non c’è solo matematica. Certo che lo so, ma ci sono io, no? L’aiuto. Per le altre materie l’aiuto. Ok, chimica. Filosofia. Italiano. Sì, Rosa, latino. Lo so. Ma ce lo vedi tu in una scuola professionale? Quei ricettacoli di derelitti che non hanno mai studiato e li buttano lì perché per un paio d’anni devono continuare la scuola, per l’obbligo. Te l’immagini come me lo conciano? Come lo sfottono? Dice l’aiutiamo col sostegno della psicoterapia. Ma che cavolo vuoi aiutare? Me lo distruggono. Pensa che sfottimenti forsennati. Ma no, Rosa, non esagero. Lo so come sono i ragazzi. Come s’accaniscono sui deboli. Li vedo a scuola. Lo so. Basta che ne vedano uno con qualche appiglio di prese in giro ed è fatta. E lui. Dai Rosa, lo conosci. Quanti ce ne sono di appigli. Parlare coi professori? Ma che fanno i professori. Come fanno a neutralizzare quel lavorio sotterraneo di sberleffi, di critiche, di messe in mezzo? Vuoi una sigaretta? Lì, guarda, sul tavolinetto tondo.
Insomma, Rosa, ho una paura fottuta. Vogliamo dirlo. Ecco. Una paura fottuta.
Ma sì, adesso sta andando bene. È una fatica titanica farlo studiare. Ma ce la facciamo. Sì, lo so che è duro lo scientifico. Fabio ha fatto lo scientifico, no? Dammela anche a me, una. Lo so che fumo troppo. Ma tu fumi. Pure io, no?
Poi che professionale, scusa? Gli facciamo fare il meccanico? Che ha imparato a farsi i lacci delle scarpe da un annetto? Che gli facciamo fare? Sì, sì, Rosa. Disegna bene. Ma che ci fa col disegno. Poi, mica basta saper disegnare. La creatività va nutrita. Lui non legge mai. Ha sempre paura che poi gli si chieda che ha letto e debba confessare che non ci ha capito un cavolo. E così non legge. Non fa niente per paura di non saper fare. E niente impara. Dio, che disastro, Rosa mia. E ti ricordi come eravamo contente quando ho scoperto che l’aspettavo? Ti ricordi le feste? Ma chi cavolo se lo poteva immaginare che andava così. No non piango. Tranquilla. Non piango. Poi non c’è tempo.
Oggi pomeriggio dobbiamo fare i compiti anche per domani, che domani si va da Levi. Si decide. Che tanto lo so che ci litigo. Ci litigo sempre. Sembra che gli piace a quel dannato, di stuzzicarmi. E poi, alla fine, porca miseria Rosa, alla fine ha sempre ragione lui. Vedrai se non la spunta anche stavolta. No, non ci vado prevenuta.
Sì, hai ragione. Decideremo per il meglio. Sei cara. Una partitina a carte? Dai…ti faccio vincere, scema. Dai… che tra poco torna.
(by poetella)
 

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