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IL PAESE DELLE PAROLE

C’era volta, tanto tempo fa, un paese che si trovava sul cucuzzolo di una montagna lontana lontana.
Il sole appena sorto lo illuminava di una luce brillante accendendo di bagliori tutti i fili d’erba bagnati di rugiada, e la sera al tramonto rifletteva la sua calda luce sui vetri delle finestre per augurare una buona notte agli abitanti e con la promessa che sarebbe tornato all’alba.
D’inverno, anche quando c’era la nebbia, il piccolo paese si svegliava sempre al sole. Un bianco mare di soffici nuvole si stendevano ai suoi piedi, dando agli abitanti la sensazione di potervi camminare sopra.
Dovete sapere che era un paese davvero speciale: i suoi abitanti erano composti di pensieri.
Avevano sì un corpo, ma non era una cosa solida e fissa, era come una immagine olografica, Avevano un aspetto umano, ma dentro non scorreva sangue, scorrevano parole pensieri, idee.
Quando uno era arrabbiato, infatti era di colore scuro e cupo perchè così erano i suoi pensieri. I bambini erano sempre di colori pastello perchè i loro pensieri erano allegri e fantasiosi.
Nessuno aveva una forma stabile e ben definita, infatti c’erano certe donne secche secche e lunghe lunghe che se ne andavano in giro impettite e scure perchè non c’era nessuno che le degnasse della virgola di uno sguardo. Poi magari incontravano un pensiero birbone che le faceva sorridere, e cominciavano  a lanciarsi virgole e puntini e quando finalmente si scambiavano  gli accenti, allora il loro aspetto cambiava: diventavano più morbide, sinuose, assumevano sfumature pastello e riflessi di sole si accendevano nei loro occhi. Anche la loro forma cambiava. Diventavano magari più basse e tonde e andavano a braccetto  con il loro pensiero birbone con gli occhi accesi e la fronte rossa come se una leggera febbre ardesse dentro di loro.
Avevano nel centro del paese una grande sala comune, dove alla sera si incontravano.
Era bello il rito serale dell’incontro dopo avere adempiuto alle incombenze della giornata.
C’era un grande camino dove ardeva sempre il fuoco dell’unione e dell’amicizia.
Non c’erano tra di loro belli o brutti,ricchi o poveri.
Tutti avevano idee, pensieri, da condividere con gli altri. C’erano i pensieri dorati di anziani, che riportavano a tempi lontani, ed era una grande ricchezza, poterla condividere con loro. C’erano i pensieri  colorati delle donne e degli uomini, che si scambiavano la quotidianità, i consigli, le risate. C’erano i pensieri dei più giovani, pensieri dai colori accesi , sogni, speranze, e c’erano i pensieri rosei dei bambini che spesso si addormentavano lasciandosi cullare dal suono delle parole dei grandi.
A volte si scatenavano anche accese discussioni dove i pensieri correvano veloci, a volte si lanciavano virgolette e la punteggiatura stizzita  evidenziava l’ostilità di pensieri diversi. Ma questo di solito durava molto poco, c’era sempre un pensiero  per  incontrarsi e intendersi!
Un giorno il Re ebbe, una splendida idea per ravvivare la vita della comunità avrebbero fatto una bellissima festa: tutti avevano la possibilità di esporre un loro progetto. L’idea più bella sarebbe stata realizzata.
Così tutti cominciarono a pensare, elucubrare, e nessuno parlava con gli altri per paura che le loro idee venissero copiate.
Smisero di parlarsi, smisero di incontrarsi e condividere pensieri e idee.
Si sentiva aleggiare nell’aria una strana atmosfera, pochi i colori, Dappertutto si stendeva una bruma grigia e spessa e anche il sole sembrava meno luminoso. I punti esclamativi cominciarono a percorrere le strade a tutte le ore del giorno e della notte, mentre i punti interrogativi continuavano a chiedersi come uscire da quell’impasse.
Piano piano, gli abitanti cominciarono a sparire dal paese. I pensieri, le idee non condivise morivano.
I pensieri solitari languivano e si spegnevano come piccole fiamme senza fuoco.
I pensieri più giovani fuggirono e andarono a cercare fortuna per il mondo.
Quelli che rimasero,sono ancora lì, a cercare l’idea più bella per realizzare la festa, senza rendersi conto che mai più si farà.

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