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6- Favole e bambole -

 

All'inizio avevo pensato... Perché all'inizio? All'inizio di cosa? Di questo ultimo percorso? O penultimo?

Penultimo, terz'ultimo, quart'ultimo, chi lo sa?

All'inizio di questo percorso avevo pensato che fossimo algoritmi.

Noi esseri viventi ed anche quelli che, alla nostra conoscenza limitata di umani, appaiono cose non viventi.

A confermarmelo, l'esperienza. Visiva, tattilmente spaziale, ed emozionale.

Wo bist du, mein Leben? Was, durch sie?

Un input di dati lungo tutta la storia, arricchitosi nel tempo per renderlo più complesso, come se non bastasse. Già. Non bastasse a dipanarne la soluzione.

Eterotopie ed eterocliti sparsi sulla mia coscienza come se un misterioso seminatore, il Misterioso, volesse continuare a divertirsi. Ironie perpetue, infinite-finite come gli universi?

Un mondo matematico nel quale è possibile, come nella musica, o nel linguaggio dell'artista, che l'angoscia ti penetri dentro, o la gioia, permeabilizzandoti i sensi, rendendoli liquidi, teneri come la carne del bambino.

Oppure, anche i solidi hanno questa proprietà, o ciò che noi percepiamo come solidi?

Irina è una bella ventottenne di Mosca, di padre ucraino e madre russa. E' laureata, come tutte le ucraine e le russe immigrate in Italia, in ingegneria Ingegneria meccanica mi ha detto, e poiché non m'importava, ho fatto verso di lei atto di fede.

Fa la cameriera al Bar Centrale, alternandosi nei turni. Uno al mattino, l'altro alla sera, fino al martedì, giornata di chiusura.

E' stata sposata; ora è divorziata, e fidanzata, si fa per dire, con un italiano. Prima del matrimonio, durante, tra il divorzio e quest'ultimo fidanzamento ha conosciuto, ed è andata a letto, con una marea di maschi. Mi dice che ha tralasciato le razze asiatiche solo per due basilari motivi: uno, quelle di colore giallo ce l'hanno piccolo, e a lei piccolo non piace; due, a partire dal Pakistan o giù di lì, fino a quel che diciamo Medio Oriente, i loro stomaci trattengono troppo a lungo il sentore delle spezie, aglio compreso, che ingeriscono quotidianamente.

Ma non è assolutamente razzista, anzi; nel corso di questi ultimi quindici anni., oltre che uomini europei, ha provato anche africani del Nord e del Sud, americani dei due sub-continenti, tre australiani e due neozelandesi. “E' stato quando ho fatto la cameriera in un villaggio olimpico, cameriera ai piani. Tutti e cinque erano nuotatori. Uno più bello dell'altro. Delle spalle come un armadio e un vitino così. Ma ciò che mi è rimasto impresso maggiormente di loro è il culo, e quelle gambe come le colonne di un tempio greco, depilate alla perfezione. Monumenti al simulacro del pene. Ora capisco gli antich, i miti.

Tutto è nato quando un cosacco sfondò la mia porta".

Non sa trattenere un sorriso, raccontandomelo. Probabilmente, rivede ancora i suoi ingressi furtivi, notturni credo, nelle singole di questi ragazzi, (o nelle doppie?) e rivede il cosacco.

Non sono stato a chiederle ulteriori dettagli. Rifuggo dalla descrizione dei piaceri, di qualunque tipo essi siano, che le donne mantengono vivi nelle celle delle loro memorie. Hanno quell'oscenità perfida, tipicamente femminile, che ad ogni momento potrebbe risalire loro negli occhi, addirittura alla bocca, e in un attimo distruggere il fuco.

Le ho chiesto solamente, a sorpresa, quando meno se lo aspettava, mentre con la grazia sinuosa delle anche solide e caparbiamente capaci arrivava fino a me, mentre con la gentilezza dovuta a chi non la disturba, mi porgeva un caffè, “ Ami Beethoven, e quale? Il miglior ricordo che hai?”

“ Te lo scriverò tra cinquant'anni”. Ha risposto alla seconda domanda. “ A meno che tu non ti accontenti di favole e bambole dell'infanzia. Quando il buio sarà sceso sulla mia vita silenzioso come una penna agitata”.

Ora anche il mondo degli algoritmi mi appare incompleto. Ne ho ormai la certezza.

Non tutti i problemi possono essere algoritmicamente calcolabili, matematici o meno.

Si tratta di una questione ancora lì da risolvere, nonostante von Neumann e Turing.

Merita piuttosto spendere qualche parola in più sulla vita di Irina. Sul perché di questa sua continua insoddisfazione e ricerca. Di cosa?

Ma di un qualcuno e qualcosa che la renda felice, è indubbio.

E felice per quanto, in che misura?

Il fatto è che come energia, perché di questo parliamo quando parliamo di cose ancora viventi e di morte, (o apparentemente tali) siamo stati dispersi nello spazio ed a questo siamo in debito.

A lui dobbiamo tornare per ricostituirne, renderne inalterabile la riserva, cara Irina. Gli universi, finiti o meno che siano, per vivere e mantenersi necessitano di energia.

Poco importa ad essi che ti sia stato riservato un tempo limitato durante il quale venire a vita, possibilmente procreare, e ritrasformarti in energia.

Eccoci arrivati al punto nevralgico. Quel possibilmente.

Procreando tu dai vita a nuova energia. Tu, e il lui, o i lui, darete vita a nuova energia, o meglio, i tuoi figli assorbiranno l'energia rilasciata dalle cose che muoiono.

Il principio primo delle nostre esistenze è la procreazione, dare vita perché tutto prosegua.

No, ora non pensare alle compensazioni come in economia; lo scompenso sulla Terra è già stato regolato altre volte, basti pensare ai Dinosauri, e prima ancora ad altre specie che nemmeno più conosciamo.

Concentrati su quel venimmo dispersi nello spazio.

Cosa facemmo per non morire? E perché, lo riuscimmo a fare?

L'evolversi fu solo un accidente di percorso, un pegno ai nostri spostamenti, alle miriadi di diversità dei luoghi e dei tempi in cui ci trovammo nei milioni di anni trascorsi sul pianeta.

L'unica cosa che non cambiava era l'energia che ci muoveva.

Quella che ci spingeva a cercare, prima "un", poi, con l'avvento del raziocinio, "il", partner. 

E son quasi sicuro che sia stata sempre lei, l'energia, a scomporre, nel nostro cervello, le varie facoltà mentali. Per essere riprodotta, certo.

Buona Nona sinfonia, buona dissonanza, cara Irina.

 

 

 

 

 

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