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Papà

Sentivo dir di te, Padre, che c’eri
a mamma che a Maria ardeva ceri,
sentivo dir che stavi in lontan loco
quando raccolti s’era accanto al fuoco.
Parlar sentivo d’Africa Orientale:
Speriamo, almeno, torni per Natale.
Mamma in ginocchio: A Dio, tua volontà,
fa che torni a questi bimbi il loro papà.
 
Fa che ritorni a noi il grande tesoro:
ci faceano  cantare tutti in coro,
fa che ritorni a noi il dolce amore
che quì l’aspetta un pezzo del suo cuore.
Io non sapevo l’Africa che fosse
nè capivo papà che dir volesse,
ma un giorno don Arlia* nell’Omelia
disse esser figlio alla Vergine Maria.
 
Indi la mamma che m’avea per mano
spiegommi che un papà l’ha ogn’umano.
Il tuo,  disse, lontano in altra Terra
dove chiamato è a fare la guerra.
Ma tosto tornerà:Vedrai che bello!
La casa allieterà come fringuello
e mi descrisse, poi, la sua bellezza
e il cuore mio fu colmo d’allegrezza.
 
Fu nell’estate del quarantacinque
che nelle braccia forti sue mi cinse,
sul volto dipinto aveva  l’amore,
forte batteva il piccolo mio cuore.
Seguirono, ricordo, giorni felici,
Non tornarono più: Furon fugaci.
Furono quando sua mano possente
mi dava il senso d’essere saliente.
 
Erano tempi duri, era la fame;
necessitava ricercare il pane.
Lo facesti, Papà,  bidoni in mano
andando da casa ancora lontano.
A cavalcioni stavi ai respingenti
di quei vagoni merce traballanti
chè miglior posto non era in convoglio
per chi non possedeva portafoglio.
 
Fosti un amico duro ma sincero,
ti dimostrasti uomo,un uomo vero,
burbero padre fosti m’affettuoso
e pur nell’austerità giammai odioso.
Sotto finzione della noncuranza
d’amor profondo segno era presenza.
Lo sguardo torvo, animo benevolo
lieve riso tradiva finto nuvolo.
 
Mi torna alla memoria il tuo dispero
quando finir potevo in cimitero.
Er’avvilito, confuso e desolato:
Povero figlio mio,che sfortunato!
Ma tutto è solo nella mia memoria;
la nobil’Anima  è innalzata in aria
e il ricordo ch’è nel mio pensiero
è che di Te, Padre, fui e sono fiero.
 
 
 

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