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Svegliatevi

Chi dispone di un avere, è un cittadino che  conta, in quanto tale viene contato nel novero della cittadinanza. Chi invece non dispone di alcunché, fonda il proprio diritto d’appartenenza alla cittadinanza sulla sua unica risorsa alternativa, che è la forza-lavoro. La forza-lavoro si conta in braccia, e queste sono quelle dei figli, di cui si sforna di conseguenza una sfilza considerevole. Così, chi ha un censo, è censito, chi ne è privo fonda sulla prole la propria appartenenza sociale: è un proletario. “Censo” si oppone a “prole”, indicando nei due opposti casi le modalità fondamentali del rispettivo tenore socio-economico.
Questo andava bene per l’antica Roma, ove vigeva tale criterio discriminatorio. Ma ai giorni nostri, per ritrovarlo, dovremmo magari volgere la nostra attenzione altrove dal nostro evo tecnologico: a nessuno verrebbe in mente di censire i ricchi per i loro averi e i poveri invece per il numero delle braccia dei loro figli.
Qualcuno vada a dirlo ai sedicenti anarchici, o agli obsoleti epigoni delle Brigate Rosse, gambizzatori a tempo scaduto di biechi capitalisti di qualche secolo fa, sopravvissuti soltanto nelle loro allucinazioni. Non esiste più un “proletariato armato” che fa nel 2012 la rivoluzione del 1848, perché non esiste più la “prole” fatta di sole braccia, venuta al mondo per soccombere ad una catena di montaggio. Neanche la catena di montaggio esiste più e non credo possibile rinvenire in tutta Europa un solo genitore povero che considera la sua prole una sorta di forza-lavoro, fatta di braccia senza cervello.
I figli di puttana esistono ancora, certo. Anzi, sono più in auge che mai e diventano spesso l’icona cui la prole dei meno abbienti si ispira, in una propria accezione di escalation sociale. Questo non vuol dire sparacchiare a casaccio su “intellettuali asserviti al gioco della grande finanza”, né invasarsi citando altrettanto maldestramente Bakunin, proprio dove fa retorica con topiche quasi cristologiche.
Ragazzi, svegliatevi. Quel vostro mondo manicheo ove era così agevole ed elastico distinguere buoni e cattivi, e bastonare gli uni e santificare gli altri, o non c’è mai stato, o non si è mai estinto così pienamente ed integralmente come oggidì, 2012. Così, mentre voi cercate i cattivi di un mondo estinto, a vostra insaputa fiorisce un’altra semenza, magari più maledetta ancora, a cui fate un favore, togliendole di mezzo gli ultimi epigoni della razza sconfitta a cui ancora date la caccia.
Così gli sconfitti vanno a caccia di altri sconfitti, mentre la cattiveria, quella vera, si trasfigura, si sublima e si resetta nell’icona oramai elettronica di un Messia cibernetico.
 
‘Per Morandi questo è il "momento di una fase storica in cui un nodo dell'alternativa tra barbarie imperialista da un lato e presa del potere politico da parte proletaria dall'altra, si pone in termini sempre più pressanti, oggettivi e drammatici di fronte alla classe". La lettera si conclude così: "Proletari di tutti i paesi uniamoci!". La Repubblica’.
Morandi è un assassino in carcere per il doppio omicidio “Biagi-D’Antona”. Lui si ritiene un brigatista, un rivoluzionario. È un buon esempio di delirio autoreferenziale, in cui il pazzo che vuole conquistare il mondo crede che questo si componga di un numero illimitato e anzi infinito di pazzoidi frenetici come lui. Senza contare che il pazzo che uccide inseguendo un ideale, è sempre un dittatore pazzo (anche senza vittime da tiranneggiare). E la pazzia lo insegue anche nella grammatica assurda e anacoluta: il “nodo dell’alternativa che… si pone… di fronte alla classe”, scusate, ma che cazzo sarebbe?

 

 

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