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Condominio Nobile

 

Il telefono aveva squillato vibrando nella tasca destra dei pantaloni nel preciso istante in cui tu guardavi il complesso della basilica di santo Stefano. La vibrazione saliva lungo il tuo corpo ma in quell'istante, di vibrazione, tu ne stavi percependo un'altra.

Osservavi la basilica di santo Stefano e non riuscivi a staccare lo sguardo da quello stato di sospensione che il luogo ti trasmetteva. Provavi un senso di quiete, di pace.

La visita a Bologna ti aveva portato lì, quasi a conferma di un appuntamento prefissato, dove forze arcane ne avevano stabilito, con ferma decisione, la meta.

Al telefono era lui, l'ex collega di lavoro, uno dei ragazzi di via Gian Francesco Re, l'immutato amico, insomma lui, Claudio.

Forse era un caso, oppure si stava compiendo un'impercettibile evento sincronico, il telefono aveva squillato mentre stavi pensando a lui e a quel singolare libro che ti aveva prestato, dove già il titolo era strano, l'elenco telefonico di Atlantide, di Tullio Avoledo.

Un romanzo che narra di una misteriosa fonte d'acqua da poteri taumaturgici, che sgorga, mediante un rubinetto, nella cantina di un condominio, il condominio Nobile.

E tu, in quell'istante, tramite una bizzarra associazione d'idee, pensavi all'acqua che in questi ultimi anni, in modo sporadico, dopo giornate di piogge intense, affiorava dal pavimento della tua cantina.

Poi il pensiero, lasciata questa seccante situazione, ritornava alla basilica, al fatto che dentro la chiesa più antica, c'era un tempio egizio dedicato alla dea Iside, e sui suoi resti era poi sorto il primo nucleo della chiesa paleocristiana.

Pensavi anche al libro di Masaru Emoto, che nelle prove di laboratorio, aveva scoperto che l'acqua mutava, variando i suoi cristalli in base alle sollecitazioni esterne.

Acqua come cosa viva, dunque.

Guardavi quelle pietre affascinato, mentre provavi un senso di serenità e pienezza che non provavi altrove. Eri ritornato in quel luogo il giorno dopo e la sensazione l'avevi ritrovata intatta, come se fosse stata lì, pronta ad attendere il tuo arrivo.

Evidentemente c'era una sottile energia che scaturiva da quel luogo, dalle sue pietre, dai suoi spazi e da ciò che scorreva sotto il selciato, nelle sue viscere più profonde.

La cosa andava oltre il suo aspetto storico, artistico e religioso.

Provavi quella sensazione di pienezza, come quando al termine di una giornata mossa, rientravi a casa e ti abbandonavi sul divano, allontanando le sensazioni sgradevoli della giornata, lavando via dai tuoi pensieri quella scura melma schiumosa.

Era un ritorno alla madre terra, ad un legame primordiale con il tempo e il luogo. In effetti, anche il tempo sembrava rallentare, dilatarsi sino a spegnersi.

La telefonata era terminata da un pezzo, il cielo si era incupito. Il selciato iniziava a punteggiarsi a macchia di leopardo e alcuni passanti erano corsi a ripararsi sotto i portici. Tu avevi alzato gli occhi al cielo e alcune gocce d'acqua erano scivolate sul tuo viso, bagnandolo.

 

 

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