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Lacunari

 
Gli pneumatici con la spalla bianca si arrestarono in prossimità dei due vasi da cui si ergevano due rigogliose piante di limone. Il veicolo sobbalzò. Aprì la portiera e il tacco nero della scarpa a terra trovò spazio tra una breccia e l’altra. Aprì la porta di ingresso con cautela. Non voleva distrarre dal sonno il burbero Giorgio, il maggiordomo, come lo chiamava per attizzargli la focosa permalosità, il quale lo aveva cresciuto con affetto genitoriale dopo l’incidente che lo aveva reso orfano. Certo che se lo avesse veduto così abbigliato, come una perfetta signorina anni 30, chissà quale espressione gli sarebbe apparsa sul volto. Si sfilò le calzature per salire l’ampio scalone che conduceva alle camere da letto. Quando passò davanti allo specchio, nel corridoio, rimirò il proprio riflesso con compiacimento. Era una ragazza carina. I lineamenti delicati ed il trucco ingannavano e piacevano, se no quel ragazzo con cui si era appartato alla festa si sarebbe ritratto con disgusto quando la sua mano sotto il vestito non trovò quanto avrebbe desiderato. E non erano neppure ubriachi. Si gettò sul letto con un sorriso che i suoi pensieri avevano scovato con facilità. Gli occhi al soffitto a cassettoni. Ogni lacunare era un contenitore in cui era incastonato il suo desiderio di spegnersi, di oscurarsi, di rifuggire quella sensazione di irrequietezza che lo induceva all’ostilità verso la continuità statica. Avrebbe voluto calma, ma quando la possedeva doveva, necessariamente, frantumarla, renderla innocua. L’insoddisfazione che rimarcava i fallimenti maggiormente del conseguimento dei successi lo costringeva a reprimere la consapevolezza di sé. Non per addebitare responsabilità ad altri, ma era stato sempre costretto all’eccellenza e ogni suo seppur minimo errore veniva punito, fomentando insicurezze inesistenti. Così aveva deciso di non consentire più a chicchessia di ferirlo, di pungolarlo con i denti acuminati della perversa logica della supremazia. “Sei colorato!” – la frase di Maddalena, pronunciata dopo aver subito le sue cattive frustate, gli apparve nei ricordi. Maddalena non era come lui: era realmente priva di colori. Amava ricevere e donare dolore. “Nessuno può nascondersi per sempre”. Frasi da fotoromanzo ridicolo, prevedibile e banale. Ci sono casi in cui, però, la banalità è oltre ogni ridicola realtà. Senza alcuna nota di dubbio lui era ridicolo. Correva a nascondersi, come era solito fare da bambino in cantina e, al buio che non lo spaventava, riponeva i barattoli delle proprie essenze, senza tuttavia considerare che esse non sono domabili come le apparenze. Quando riaprì gli occhi, volse lo sguardo intorno. Era ancora nella stessa posizione supina, ma la luce del mattino filtrava tra le tende. Eppure era convinto di non aver ceduto al sonno. Sollevò gli occhi al soffitto e rimase attonito. Ogni cavità era di un colore diverso dall’altro, come le striature della mediocrità che gli solcavano la schiena pervase da quel ritmo orgiastico proprio della follia variopinta. Neppure in quel momento permise alle lacrime di trovare sfogo.
 

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