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Sid liscious book

I sonori pazzi raccolti dal professor Franco B, il libro fosforescente di sid liscious ( le prime dieci puntate )
Antefatto
I giri di pensiero, per quanto strani, non usuali o, perfino da chi li fa e figuriamoci dagli altri, ritenuti dissennati, farneticanti e deliranti comunque fanno parte della storia dell'uomo.
In prima istanza almeno per avergli fatto capire quel che non si deve fare, ma c'è anche una seconda opzione.
Sanno indubbiamente condurre oltre la propria dimensione.
E questa, se non erro, è la rampa di lancio da cui partimmo per evolvere ed arrivare ad adesso.
E nessuno di loro dunque gode del diritto d'essere giudicato in base a quello ch'eravamo.
Nemmeno fino a tre secondi fa.
Massima attenzione pertanto.
Quel che non era diventa, volenti o nolenti, spessissimo è e... 
E per in seguito mutare in sarà, naturalmente.
Prefazione
All'inizio non avevo previsto una prefazione nemmeno per questo testo.
Il secondo ( ndr ) 
Era contraria ai miei principi.
Per me infatti il lanciare in pasto, ed ognuno s'arrangi, di solito è più che sufficiente. 
Poi invece me ne sono fatto persuaso, di metterne una, perché è verità impossibile da non porre in risalto, e distinzione basilare in merito, la necessità che m'ha spinto a farlo.
E codesti brani pertanto potranno sembrare infinite e fragranti notizie sul sottoscritto, ed il suo stato psicofisico attuale, innanzitutto è la precisazione necessaria, ma in realtà al contrario sono semplici episodi interni d'auto combustione "patacerebralfonica", e probabilmente comica, vergati da altri me. 
Con la mia testa e le mie mani certo, bensì lo stesso mai si dovrà pensare nascano, o trovino conforto, dal subconscio, o dal conscio, o rappresentino convinzioni, o parametri, intellettuali, metrici ed artistici del mio vigente stare al mondo. 
Sono mica sulle nuvole perdinci.
E questo va sottolineato e sia evidente alla comunità intera.
Qui io volevo, e l'ho fatto tanto, tanto, tanto, solamente divertirmi "logicamente" uscendo cosciente dalle mie e nostre solite dinamiche, o assegnando per l'occasione voce ad alternativi me. 
Lavoro difficilissimo peraltro, potete giurarci, ed ottenuto scansando meticolosamente le mie piste e quelle di società e scegliendo di proposito degli attori strambi e complicati, ergo, concetto appunto importantissimo, ho bisogno di ribadire ciò e non nei miei riguardi ovviamente, io lo so bene quel che faccio, ma ad esclusivo beneficio di chi eventualmente leggerà. 
Che sbadato non confonda.
Ed in effetti adesso sono convintissimo, una volta tenuta nella mente stampata in rosso la prefazione, la lettura del tomo possa assumere pertinente misura sposando, preventiva, l'adatta mentalità necessaria.
Praticamente nei fatti dunque, lasciavo intuire, caso su caso ricostruisco situazioni mai avvenute con, di e fra persone problematiche, nelle quali da una parte io mi limito a riportare "ciecamente", e pari pari al loro ipotetico dettato, e dall'altra conduco a braccio il visitatore attraverso ragionamenti e connessioni di personaggi, ben si capirà, umanamente, spiritualmente e manualmente assai diversi da noi, anche se, ed eccoci al nocciolo del discorso, secondo me spesso capaci di spunti interessanti, o simpatici, o riflessivi, o perfino poetici, normalmente in noi oramai culturalmente giudicati inetti e rimossi. 
Culturalmente e definitivamente aggiungo, tanto definitivamente da poter ora, che abbiamo capito, come dire leggerli dall'alto e fare il classico sorrisetto, di tenera superiorità, incontrando bello stile deturpato o teorie sbandate. 
Che la distanza rimanga fissa e sacrosanta perbacco e che la sintonia, sempre qualora incuriositi dalla cosa in sé chiaramente, lieviti nell'attenzione e nel giudizio libera d'impedimento alcuno. 
Che cavolo in fondo andiamo a leggere delle cronache dal mondo dei folli, e composte in toto da folli, e quindi c'è d'aspettarsi l'inimmaginabile e lo faremo, considerato sopra, con spirito leggero, nonostante purtroppo, non di rado, si sfiori lo sfascio dei valori consacrati mi preme inserire di consapevole consapevolezza postuma.
Insomma ci apprestiamo ad incontrare vicende del tipo poverino il signore che agisce, o ragiona, o mette insieme, così ha evidentemente dei problemi. 
Però, però, però.
Ecco la chiave è adesso esposta.
Tanto faticoso e controcorrente camminare estasiato nell'oltre fuori di me medesimo ( esercizio molto consigliato all'umanità intera e non una roba da niente ) e, ribadisco di nuovo previo aver stabilito le sacrosante proporzioni estetiche e morali, parecchio materiale per tutti gli interessati a dinamiche esilaranti, prospettive inconsuete e sezioni di realtà ottenute con il coltello fra i lobi.
P.s.
Nel trascrivere i brani mi sono trovato alle prese con diverse, ed inestricabili, questioni da gestire. 
Ve n'anticipo una sperando funga da traccia per le altre.
La punteggiatura.
La punteggiatura non potevo inserirla normale.
Poco da fare.
Pure lei doveva essere travolta dagli stati emotivi, e dal conseguente modo di leggere particolare, causati dai farmaci in coloro cui ho voluto dare vita.
E perciò mi sono inventato quella che andrete ad incontrare.
Portate pazienza.
 
Introduzione
 
Stavolta ho fatto le cose per bene e cambiato addirittura approccio alla scrittura.
Ho ancora poca voglia d'impersonare uno scrittore intendiamoci, ma per l'occasione mi sono impegnato seriamente dato... dato il tema sortomi ha immediatamente rapito subito, ed assai, la mia passione.
In pratica cioè ho fatto ricerche invece d'inventare.
Ricerche rispetto a quello su cui volevo scrivere.
Una novità assoluta per me questa.
Ed all'uopo mi sono immerso dunque nello sterminato archivio storico ottenuto riunendo in unico luogo, e questo fin da quando hanno iniziato a chiudere, le cartelle cliniche di tutti i manicomi italiani passati ed attuali.
Dei loro casi famosi e degli interessi scientifici suscitati appunto da tali casi.
Ed ho letto pertanto moltissimi resoconti di consulti o sedute. Rabbrividenti cronache di esperimenti e spaventose narrazioni dettagliatissime sugli effetti di taluni farmaci su persone ignare e... e m'andavo in noia per la verità, con tutte queste tristezze, finché non rinvenni, ultima d'una classica polverosa pila ammucchiata, un'intrigante busta sigillata spessa la metà degli altri fascicoli e di colore verde euforico.
Sulla quale nel davanti ammiccava un'etichetta nera recante la seguente dicitura bianca...
"Le registrazioni a sorpresa del brillante professor Franco B".
L'ho aperta e, giuro, mi s'è rifiorito in un baleno l'entusiasmo.
Dentro infatti rinvenni dei nastri per lo più riguardanti dialoghi, o declamazioni, fra matti in "intimità" nella camera da letto, o in relax sulla panchina nascosta al parco, o eccezionalmente in uscita accompagnata, con inseriti dei monologhi, dei racconti visionari, qualcuno anche di vietato ai minori, delle fiabe e dei rari sfoghi unilaterali rivolti non si sa se alla sedia, al pensile o al materasso.
Non starò tanto a descriverveli.
Mi sembra ovvio capiate a me sono piaciuti in toto immediatamente, indi per il resto ognuno decida solitario se interessato ed in che maniera.
Il succo comunque rimarrebbe il brillante professor Franco B era solito, in quei luoghi, piazzare registratori mimetizzati, e dopo qualche volta addirittura facilitare l'incontro fra due soggetti nei loro pressi, in quanto secondo lui studiando il raccolto e diventando in grado di prevedere antecedentemente lo sviluppo d'un qualsiasi meeting, naturalmente rispetto alla tipologia delle problematiche fatte incontrare e sviscerare, si sarebbe compiuto un passo avanti notevole nell'individuare, con certezza, le aree su cui intervenire per indurre la guarigione dalla malattia.
E se lo credeva lui non vedo perché in questa sede io dovrei contestarne la teoria.
Ed aveva raccolto così delle sorprese sonore notevolissime, che ora io inoltre ho selezionato facendo attenzione, alcune simbiosi fra deviazioni eccessivamente diverse ebbero esiti malamente controversi, nel trascrivere principalmente i risultati di contatti fra diagnosi simili, peraltro quasi tutti estratti dal capitolo magnetico riguardante persone diventate problematiche a vita normale in corso, meno ardui da penetrare e più alfabeticamente accettabili e... e questo temo sarà il papà di svariati eufemismi.
Vedrete comunque ci sarà da divertirsi, da sobbalzare, da incazzarsi, da approfondire, da compartire, da praticamente dovere ammettere sano e filante, da prendere veloci le distanze e perfino da meditarci.
Promesso.
P.s.1
Mi preme calcare la vicenda dei divenuti mentalmente problematici a vita in corso ed il motivo è palese.
Si tratta difatti d'individui che avevano avuto in passato una cultura, una storia, un'educazione, esperienze e delle opinioni regolari e probabilmente proprio queste cose furono in grado di minarne la stabilità futura.
Una sola indicazione in proposito, ma da tenere assolutamente buona, buona, buona.
Causa ufficialmente sono stati travolti da supposto anormale non... non sono affatto diventati stupidi.
P.s. 2
La qualità artistica e narrativa di molti episodi, sarà diversa o contorta o al limite dell'accettabile, per conto mio non si discute e per questo non l'ho voluta intaccare con interventi esterni di sorta.
 
Il primo estratto
( "Una vera e propria scelta di vita" di Mario colui che ricorda perché dimentica )
«Ciao Mario».
Ciao. 
Tu...
Tu sei la Paola!
«No sono la Stefania».
Ovvio ovvio la sorella di Alessio.
«Uhm...
Mio fratello è Sergio».
Urca dai giusto quello...
Quello biondino di Bassano.
«Quasi.
Abita da sempre a Schio ed è moro».
Vero cavolo che...
Che ci siamo conosciuti perché vostra mamma faceva l'infermiera di mia nonna o...
O di mia zia.
«No.
Mia mamma è morta ch'ero bambina».
Oh!
Mi dispiace ma dimmi Giorgio...
Giorgio come se la passa in questo periodo?
«Giorgio chi?».
Tuo fratello.
«No Mario scusa mio fratello è Sergio».
Uff...
Certo dai che scemo, quello che ha avuto un bambino con la tipa inglese.
«Norvegese Mario ed è una bambina, Mario.
Lavora e sta bene comunque».
Chi?
«Mio fratello non m'avevi chiesto di lui?».
Sono contento sai per Paolo.
Ha messo la testa a posto e s'è fatto una famiglia.
«Perdona Mario.
Mio fratello si chiama Sergio e non ha mai avuto la testa fuori posto».
Ah bella questa.
Che stampo che sei Piera.
«Stefania».
Che ne dici di prendere un caffè?
«Ok».
Io lo prendo lungo ed amaro sai Susy.
«Perché mai amaro?... Stefania!».
Per una vera e propria scelta di vita direi cara Giulia.
«Te l'ha consigliato il dottore, Mario?».
No no.
Dimenticavo sempre di mettere lo zucchero e...
Ed alla fine mi ci sono abituato ch'è una meraviglia.
Il secondo estratto
( " L'orco consapevole" di Cobra colui che di mestiere disinnescava mine antiuomo ma sognava fossero antidonna )
Che dici se ti racconto una favola, Sandro?
«Una favola tipo c'era una volta, Cobra?».
Sì, Sandro.
«Ok dai, Cobra. 
Perché no?».
Allora ovviamente c'era una volta una fanciulla carina carina, Sandro, e viveva in una povera casa piena di poveri fratelli, poveri nonni e povera mamma sottomessi ad un bruto padre terribile, Sandro.
E vagando nel bosco alla ricerca di cibo e legna, Sandro, codesta fanciulla si perse una mattina spaventandosi, non appena ne fu consapevole, senza equilibrio alcuno.
E venne il temporale, Sandro, e l'impaurita fanciulla cammina cammina e vennero i fulmini, Sandro, e la terrorizzata fanciulla cammina cammina e vennero i lupi, Sandro, e questa fanciulla cammina cammina e vennero gli orsi, Sandro, e la fanciulla cammina cammina e venne la notte, Sandro, e fanciulla cammina cammina e venne il gufo, Sandro, e cammina cammina e vennero le pupille luminose inquietanti nel buio, Sandro, e cammina cammina e vennero parecchie albe, Sandro, e cammina cammina, cammina cammina, cammina cammina la fanciulla infine si rese conto d'essere rimasta incinta, Sandro.
Non so se comprendi Sandro.
Ora non era più perduta nel bosco, Sandro, ora il bosco rappresentava il solo luogo sicuro in cui sottrarsi dai rimbrotti dei grandi e dalle vergate violente del padre.
Che peraltro, non appena realizzato, nel frattempo, Sandro, si dava da fare preoccupato, organizzava squadre di ricerca ed aveva ingaggiato perfino un principe azzurro, di pronto intervento, nel caso la sua creatura fosse caduta nei malefici d'una strega.
Ma lei cammina cammina si nascondeva sempre meglio e cammina cammina s'allontanò inesorabilmente.
I fratelli piangevano, Sandro, i nonni disperavano, Sandro, e non ti dico i numeri della madre, Sandro.
Uno strazio struggente quella dimora, Sandro.
Bensì il padre inalberato non s'arrese mai e continuò a cercare, a perlustrare, a chiedere ed ad informarsi su avvistamenti strani, o misteriose fanciulle sconosciute di passaggio, finché, ventisei anni appresso, finalmente la riconobbe in una senzatetto della capitale.
E lei insieme lo riconobbe e l'emozione d'entrambi scaturì in un tenero abbraccio ed in una domanda dalla voce roca e grezza, Sandro.
Perché non tornasti fanciulla?
All'inizio cammina cammina mi persi padre, fu la risposta, e cammina cammina vagai per ritrovare la strada, se non che cammina cammina ad un certo punto mi ritrovai gravida, padre, e cammina cammina realizzai di non sapere assolutamente nulla di chi potesse ritenersi il papà, né della maniera in cui fece in modo di potersi ritenere tale, e dunque cammina cammina con paura e vergogna decisi d'andarmene padre.
Per così poco fanciulla mia? sbottò l'uomo.
Su dai torniamo a casa. 
Tutti t'aspettano e bastava lo chiedevi a me chi era il papà fanciulla cammina cammina.
Tu non hai niente da nascondere e non hai nessuna colpa fanciulla cammina cammina.
Sarò anche un orco, però so riconoscere ed accettare i "doni" che ottengo allorché, ubriaco, perdo la testa libidinoso fanciulla cammina cammina.
Li so ammettere ed accogliere e per il resto Dio ha voluto nel frangente svenisti ed è ottimo credi il non ricordi conseguente fanciulla cammina cammina.
È ottimo.
«E vissero felici e contenti, Cobra?».
Non barare, Sandro. 
M'avevi chiesto se la favola partiva con c'era una volta, non se finiva e vissero felici e contenti ed adesso ti devi accontentare d'un finale a tua discrezione, Sandro.
D'un finale a tua discrezione...
Sandro.
Il terzo estratto
( "L'elemento basilare" un momento euforico di Daniele lo dal sarcasmo facile )
Sulla terra a dei brividi corrisponde la pelle d'oca, Pino e... e sul mare, Pino, che corrisponde a dei brividi?
«Oh non so».
Ma ovvio, Pino, la pelle d'orca.
E quando nevica sul mare, Pino, cos'è che diventa indispensabile?
«Ancora non so.
Mi cogli impreparato con questi indovinelli».
Semplicissimo, Pino, le gomme da nave.
«Wow stupefacente».
E di nuovo nel mare, Pino, cosa serve assolutamente fare se non vuoi fermarti e continuare a navigare?
Che all'uopo bisogna perfino ignorarne gli accenti, tanto risulta importante?
«Oddio, questo è difficile però!».
Serve non dire mai ancora, Pino.
Mai, mai, mai.
«Cavolo e sì che stavolta m'avevi pure aiutato.
Sono proprio tonto».
Non ti preoccupare, c'è la domanda di riserva, Pino.
«Sentiamo dai».
Be' visto ch'eravamo in barca allora adesso mi devi dire che faresti, rimanendoci, nell'eventualità, nel frattempo, vuoi assolutamente sentirti in montagna.
«Urca, rimanendo in barca sentirsi in montagna.
Aspetta vediamo. 
Hum. 
Non mi viene in mente nulla.
Nulla, nulla, nulla».
T'arrendi, Pino?
«Sì che altro posso fare?».
Chiaro, Pino, quel che potresti fare.
Chiarissimo.
Potresti sederti sopra una cima, Pino.
Semplicemente sederti sopra una cima, Pino.
«Ce l'hai con me oggi?».
Giammai, Pino, giammai.
Il mare è una fonte d'ispirazione straordinaria.
C'è il mammifero che vedi unicamente allorché Balena.
C'è il pesce fornito di pedigree attestante, senz'ombra di dubbio, la nobiltà della Razza.
E ci sono pure i Pagliacci, che attrezzano spettacoli meravigliosi non appena sei un po' giù, Pino.
«Che meraviglia.
Viene da pensare è una fortuna l'uomo finora abbia interagito pochissimo con lui e si sia limitato, più che altro, ad ammirarlo o solcarlo superficialmente».
Oh che dici, Pino!
Sbagliato, sbagliatissimo codesto tuo ragionamento.
L'uomo invece ha fatto tantissimo in passato per lui, per le sue dinamiche interne e per i suoi abitanti e recentemente s'è addirittura superato inserendo un elemento basilare.
«Basilare?».
Sicuro, Pino, un elemento privo del quale qualsiasi società mista è avviata allo sfascio, Pino.
La Concordia, Pino.
La Concordia.
Il quarto estratto
( "Quand'ero bambino" una lettera fin troppo aperta di Gustavo )
Quand'ero bambino la mia mamma si divertiva, credo vedendomi infelice, a cambiarmi spesso papà.
Ne portava a casa cinque o sei di diversi al giorno.
Uno alto, uno basso, uno biondo, uno moro e qualche volta perfino uno pelato.
Io scambiavo un saluto con loro e mangiavo i dolci che mi portavano o giocavo con i giocattoli regalatimi.
In realtà non è che potevo fare molto altro che tutti questi nuovi genitori avevano la stessa mania.
Chiudersi in camera con lei e farla ridere ed urlare cose tipo oooh dai continua, continua, continua.
Ed io m'immaginavo chissà che barzellette e chissà che avventure le staranno raccontando e mi rilassavo ed addormentavo beato.
Poi la mia mamma morì ed io tornai così ad avere un solo padre.
E codesto mio solo padre si divertiva, credo vedendomi infelice, a presentarmi in continuazione nuove mamme.
Con cadenze un po' più dilatate certo, ma anche lui ponendo grande attenzione nel diversificare.
Una bionda, una magra, una grassa ed una rossa, che di calve non ne ho mai viste.
Ed io scambiavo un saluto e provavo il pigiama nuovo o leggevo il libro di fiabe donatomi.
In realtà non è che potevo fare molto altro che le nuove genitrici anche avevano la medesima mania.
Si chiudevano in camera con lui e ridevano e rilasciavano oooh dai continua, continua, continua.
Ed io m'immaginavo chissà che barzellette e chissà che avventure gli starà raccontando e mi rilassavo ed addormentavo beato.
Dopo pure il mio papà solo morì.
M'affidarono ad un religioso.
Il prete m'informò, credo vedendomi infelice, che d'ora innanzi avrei dovuto considerarlo come un vero padre.
Perfetto pensai ancora pigiami e libri di fiabe, se non che invece ricevetti dolci e giocattoli e sinceramente, lì per lì, rimasi stordito da codesti epocali cambiamenti.
Sapete un adolescente ha bisogno delle sue consolidate certezze.
Ebbi una crisi d'identità.
Fortuna ragionando ed indagando mi ripresi subito.
In realtà non era cambiato nulla.
Adesso era il mio vero papà che chiudeva la camera e rideva e rilasciava oooh dai continua, continua, continua e...
Ed io di nuovo dunque m'immaginavo chissà che barzellette e chissà che avventure gli staranno raccontando e mi rilassavo ed addormentavo beato.
Il quinto estratto
( "Uno di sotto" di Uli l'esperto nell'esplorare viscere, comprendere visioni e provocare infezioni )
Eh sì! 
C'è pure un ciclope qua da basso. 
Ed enorme ovviamente. 
Cento metri ed oltre d'altezza. 
Braccia lunghissime. 
E pari a tutti i ciclopi ha un occhio solo. 
Il terzo. 
Piazzato sul ginocchio sinistro. 
Che non si capisce cosa gli fa vedere d'altronde. 
È tutto buio.
Ma potremo dire sta abbastanza normale non sapere proprio bene cavolo vede il terzo occhio. 
O qualcuno che lo sa me lo dica per favore. 
Abita all'incirca, il ciclope intero, cinquemila chilometri al di sotto della crosta.
In un'isola di detriti formata da stalattiti e stalagmiti, crollate le une sulle altre, circondata da orridi profondi e non serve neanche dire inesplorati. 
Collegata, l'isola, agli strati fermi da uno strettissimo istmo dove... 
Dove passai a fatica. 
Ed è mio amico. 
In che maniera lo conobbi?
Arrivai a lui inseguendo una teoria affascinante balzatami nella papilla gustativa del mio quarto occhio. 
Avevo notato, man mano affondando le viscere della nostra di terra, che incontravo esseri sempre più giganteschi. 
Falene balene e vermi treni con cinquanta vagoni per intenderci. 
E che avvicinandomi al nucleo lievitavano ancora. 
Non bastasse pure io crebbi esponenziale. 
Che oramai stavo alto quattro metri. 
E tastavo essere bocconcino ambito da molte ogni volta mi grattavo le parti nobili.
Comunque non divaghiamo. 
La teoria sortami era che il centro della terra irradia un'energia equivalente a quella della luce il sole.
E che quest'energia, parecchio nutriente, diventi meno intensa allontanandosi da lui. 
Il pianeta vicino al sole è bruciato dalla luce. 
Quello lontano baciato appena insomma per fare un paragone.
Tanto da arrivare sopra la crosta con la potenza appena sufficiente per farci crescere quanto siamo. 
Ed i grandi alberi sproporzionati rispetto a noi ne sono una buona prova congetturavo.
Affondando radici oltre la media della loro specie infatti vanno, forse ignari, incontro a questa forza diventando giganti rispetto a chi calpesta il suolo e basta. 
Ed è per questo, secondo me, le creature andando giù lievitano incredibilmente. 
Cioè perché inglobano ignare energia potente.
Chiaramente però il ciclope mi catturò all'istante ed in attesa di mangiarmi voleva ingrassarmi un tot, che sono sempre stato magrolino. 
Così per fortuna ho avuto un minimo di tempo allo scopo d'elaborare un piano di fuga. 
E visto c'ero un piano che nel contempo dimostrasse la mia teoria. 
Alla fine decisi avrei dovuto piantargli nell'occhio l'equivalente, per lui, d'una pagliuzza. 
Una roba piccola che non se ne rendesse conto. 
Ed all'uopo attesi s'addormentasse, gli alzai un minimo la palpebra, urca che faticaccia, e ne spinsi, altra faticaccia, una nell'iride escoriandolo. 
E poi scappai veloce verso l'alto. 
Manco volessi terminare la mia esplorazione. 
E ci riuscii anche. 
Naturalmente lui appena sveglio cominciò un furibondo inseguimento. 
Scappavo veloce approfittando del fatto non poteva infilarsi in alcune strette fessure dove passavo io e doveva quindi fare lunghi giri. 
Risalii lesto quasi per non fargli venire sospetti. 
Risalii che ora ero alto tre metri. 
E lui sessanta e stava con l'occhio arrossato. 
Continuai la fuga ch'ero quasi tornato alla mia altezza di sempre e lui urlava dal dolore al ginocchio. 
Balzai su ch'ero si può dire piccolo al solito e lui ridotto ad una ventina di metri e... 
E la pagliuzza rimpicciolendosi l'occhio aveva assunto la mole d'una trave enorme. 
Ed aveva creato un'infezione impressionante. 
Stavo vincendo esultai.
In conclusione comunque al solito non ci riuscii. 
Lo stavo uccidendo e non faceva parte del mio gioco.
Senti, gli urlai. 
«T'ascolto» rispose. 
Stai per morire. 
Lasciami perdere non hai possibilità.
Vai veloce giù. 
Ricrescendo la pagliuzza tornerà inoffensiva e dopo se vuoi te la tolgo io.
«Non mi dire avevi previsto tutto questo?» mi domandò stupito. 
No no lo sospettavo unicamente possibile e volevo dimostrarmelo. 
«Dai vieni» esclamò. 
«Persone del tuo calibro non meritano d'essere mangiate bensì di dar da mangiare agli altri». 
E pertanto gli saltai in groppa ed in men che non si dica fummo nuovamente lievitati. 
Potei estrargli la pagliuzza ed ebbi per sempre da lui lo stesso rispetto che il leone dedica al topo da quando la sua zampa non ha spine.
Il sesto estratto
( "Il signor Lui Chi" di Geppo l'arche/tipo )
L'ho incontrato al bar.
Niente occhi a mandorla.
Strano era strano.
Ubriaco era ubriaco e stressato era stressato.
Che hai? gli ho chiesto.
«Niente niente» m'ha risposto.
«Sono solo... sono solo milioni e milioni d'anni che nessuno riconosce a Cesare quel ch'è di Cesare.
E che tutti si prendono i meriti al posto d'un altro.
Io.
Io ho messo i mammut dove li trovano adesso.
Avevo intuito la lunga conservazione ed il frigorifero infatti, bensì con la scusa d'una banale era glaciale, tra l'altro venuta di sorpresa, manco un riconoscimento m'hanno dato.
E sempre io avevo afferrato il serpente... il serpente perde la pelle perché va in vacanza senza la crema solare e quindi l'avevo inventata.
E pure allargata a tutte le razze.
Altro che per evento ciclico e naturale e... e credi per questo abbia avuto un credito?
Manco morto.
Poi anche, sempre io, sarei l'iniziatore unico dell'umana era moderna.
Ma quale ruota.
Ma quale ferro.
Ma quale fuoco.
La mia infallibile pillola sterilizzante solubile in acqua per dinosauri ha dato il via, in breve tempo, al clamoroso sviluppo dell'uomo.
Ed invece tutti credono sia stata una stantia sassata cosmica a terminarli e dunque lasciarci campo libero.
Non ne posso più.
Ed adesso arrivi tu e bello bello mi chiedi cos'ho.
Che prendi in giro?».
No no scusa.
Non volevo.
T'avevo solamente visto depresso e solitario e m'andava di darti una parola di conforto.
«Non parlarmi della parola! 
Che di nuovo io per primo creai aiuto mentre... mentre il leone lunghe zanne mi stava assalendo.
E naturalmente non arrivò nessuno.
Figurati.
Non capiscono nulla neanche di questi tempi pensa in quelle remote condizioni».
E come hai fatto a rimanere vivo?
«Semplicissimo!
Ho urlato una roba diversa.
Ho urlato qui... qui c'è un'immensità d'oro e sono arrivati praticamente d'invasione.
Al che ne ha mangiati un'esagerazione ed altri ne arrivavano e giù in di lui pancia.
E via così all'infinito tanto che alla fine... alla fine mi sono annoiato di quello spettacolo e, di per cui, ho assemblato il fucile e gli ho sparato.
Ed è per quello mi trovi in codesto luogo.
Praticamente tento di dimenticare.
È troppo umiliante sopportare d'appartenere ad un genere che capisce, banalmente e tristemente, unicamente le questioni atte al farlo crepare nel minor tempo possibile.
Amico.
È troppo umiliante.
Non so se te ne rendi conto.
Non so se te ne rendi conto».
Il settimo estratto
( "Mamma mia che..." di Stuper il principe dagli sgrammaticati racconti gialli con finali a sorpresa sorpresa )
«Stamattina...
Stamattina il caffè non s'inchina.
Che schifo!
Fa freddo e devo muovermi.
Voglio cercarlo per fargliela pagare.
Nient'altro nella mia vita darà risultato finché non avrò vendicato il mio "fratello" di sangue».
Il tipo che pensa queste frasi è appena sceso in strada da una pensione, dopo essere arrivato in città nella tarda serata precedente.
È alto ed ha capelli scuri e non lisci, mentre l'altro personaggio di codesta storia è un biondo con gli occhi azzurri, che nel frattempo sta sudando impaziente nel carcere cittadino in quanto oggi dovrà venir rilasciato.
La sua detenzione è legata agli sviluppi imprevisti d'una rapina molto milionaria e dal bottino scomparso.
Lui infatti staziona dentro perché sospettato d'un omicidio, definito ambiguo dalla polizia, avvenuto privo d'apparente motivo.
Lisciandosi i capelli ed i baffi con le mani il moro entra in un bar equivoco.
La signorina della cassa, previo un largo sorriso, un torbido bacio ed una lauta mancia, l'informa che "lui" era stato catturato e sta per uscire, ma... 
Ma ciò purtroppo succede giusto allorché il sole fa socchiudere le palpebre, al chiaro, penetrando abbagliante dal grande portone che s'apre.
«Il cielo da fuori è più ampio e devo stare attento al traffico» pensava il biondino, che con un mezzo pubblico intanto si dirigeva al quartiere rosso.
Lo scuro si precipitava invece in macchina e guidando rabbioso verso il carcere per poco non si scontrava con un tram e...
Ed una volta arrivato ricevette l'amara sorpresa di non vedere nessuno.
Al che solamente suonando il campanello trovò il modo di sapere i liberandi erano già andati.
Che disdetta.
Tornando verso il centro e tentando di razionalizzare un tot il furore ebbe però una folgorazione.
"Avrebbe" certamente, conseguenza di tanto tempo passato solo ed al fresco, per prima cosa cercato una donna e di sicuro dove si trovano facile.
E Dolly guarda caso l'aspettava ansiosa.
Lui era il suo confidente, guardia spalle, factotum, riscossore di crediti, buttafuori del locale e stallone preferito.
Nemmeno trenta secondi e stavano scopando, se non che lo stesso lei, fra aaah ed oooh vari, riuscì ad informarlo di quanto qualcuno girava per la città cercando qualcun altro e...
E lui venendo con fervore le rispose che adesso era il momento di sistemare tutto.
Adesso!
Non è facile scovare uno in ambienti che lo proteggono e nascondono, bensì non mi sfuggirà.
L'ha fatta infame ad uccidere.
A tradire ed appropriarsi indebitamente.
Questo era il tema fisso nella testa nera e nel medesimo momento, sotto altri capelli, si sognava il caldo dei tropici, che sarebbe diventato possibile una volta eliminato l'ultimo ostacolo e recuperato il malloppo.
Andava in giro per locali e bar, frequentati da gente dell'ambiente, mostrando una sgualcita foto di quotidiano e promettendo una desiderabile cifra per l'indirizzo del "santo" ritratto.
Domandava se gli avventori avevano mai sentito parlare di tanti soldi da piazzare o d'un rapinatore che in cambio di nuova identità aveva parecchio per pagare.
Curiosava dappertutto insomma.
E giunse quindi ad investigare pure nel locale dove lui stava ad abitare.
Dove a lui ogni mossa avvenuta si doveva raccontare.
E...
E fu in questa maniera che finalmente una sera il telefono squillò dicendo che, una volta annusata la grana, avrebbe potuto fornirgli un indirizzo preciso.
Stranamente comunque ciò successe esattamente quando chi, su precisa indicazione, lo aveva seguito dal locale di Dolly riferiva il nome d'una pensione.
Non avendolo visto direttamente non posso essere certo sia lui dunque domani verifico di persona, fu lo stato d'animo nei due quella sera.
Di prima mattina invece lucidarono con uguale brillantezza l'arma, la caricarono, la puntarono sullo spazioso specchio del bagno e si compiacquero della figura rimandata.
Tuttavia non avevano fretta e scelsero mezzi pubblici per spostarsi, uno verso la pensione ed uno in direzione del locale.
Presero un cappuccino ed ove lo scuro venne distratto dal titolo d'un quotidiano il chiaro era tranquillo nello scendere il metrò.
Il tragitto fu breve, al che la porta del treno e quella del bar s'aprirono simultaneamente liberando un paio di persone a questo punto bramose.
Desiderose di farla finita.
In caccia finale e mortale.
Ora moro dirigeva verso la stazione della piazza e biondo da sotto veniva su e...
E poggiando il piede sul primo scalino della scala mobile, ravvicinata e parallela a quella che scende, alzò lo sguardo e...
E fu colto in flagrante da una violenta reazione emozionale tentando di mettere a fuoco una filiforme figura apparsa nefasta in alto.
Da in cima, ancora con troppa luce negli occhi, non poteva distinguere bene guardando nell'ombra, anche se gli sembrò, improvvisamente, di riconoscere laggiù i tratti d'un ben noto personaggio allora...
Allora due mani si strinsero forte attorno ai relativi calci di pistola dentro la tasca, due dita tolsero una sicura e quattro pupille diventarono furiose nel cercare una conferma.
Erano molto tesi.
La distanza fra loro lentamente e fatalmente diminuiva e l'agitazione montava.
Stava arrivando il tempo tanto agognato ed erano oramai prossimi all'azione, indi i loro sguardi, non appena furono a distanza di tiro, s'incrociarono fermi innescando attimi interminabili.
La tensione interna salì in entrambi allo zenit e...
E culminò pesantissima nell'attimo in cui realizzarono che si stavano sbagliando.
Che non avevano di fronte il loro nemico giurato.
Che il fatto liberatorio lì per lì non sarebbe avvenuto e di conseguenza si rilassarono solo...
Solo a causa di tutto ciò, ed unicamente transitandosi fianco a fianco, ricordarono di come s'erano dimenticati i loro, famelici e deliranti, sguardi incollati e fu così, giusto tale descritto intendo, che l'uno aveva lo stesso colpito l'altro, con precisione assoluta e perizia sconvolgente, tanto che magicamente all'unisono pensarono mamma mia...
Mamma mia che brutto tipo!
Sembrava proprio allucinato.
Chissà che storie paranoiche e demenziali aveva per la testa per rimanerne ridotto in quello stato.
Se fossi messo male pari a lui mi farei vedere e preoccuperei seriamente, seriamente, seriamente ed innanzi...
Innanzi, al modo del mondo intero riguardo alle considerazioni sul prossimo, diedero una scrollatina di spalle e continuarono per i fatti loro.
L'ottavo estratto
( "Il vetraio che prima m'ha sconvolto e dopo fatto nero" di Normo il riparatore contestuale )
S'era rotto un altro vetro, e guarda caso proprio su una finestra, così presi le pagine gialle e, alla voce ripara, trovai un nome che mi fu immediatamente simpatico e che ovviamente chiamai.
Tu tuu tuuu pronto?
«Sì!
Mi dica».
Verrebbe a ripararmi il vetro d'una finestra?
«Certo! oggi ho tempo».
Bene! le do le misure.
«Fa nulla.
Mi detti piuttosto l'indirizzo.
Arrivo lì e lancio un'occhiata poi se posso sistemo».
Ricordo ancora che pensai strana conversazione e...
E che più tardi nel pomeriggio il campanello m'esortò verso la porta d'entrata.
Andai ad aprire ed era lui.
Ne fui di botto certo.
Entrò infatti spuntando non di molto da una folta barba e senza esitare, sotto al "danno", posò a terra l'unico bagaglio che recava con sé.
Un tintinnante sacco di iuta pieno all'incirca per metà caricato penzoloni sulla spalla.
Subito tastò con fare sicuramente interessato e piglio serissimo l'infisso e l'aria che passava palpando ben bene con le mani e dopo disse «si può fare!» e versò di per cui il contenuto del sacco sul pavimento.
Io... 
Io in verità rimasi perplesso da tutto ciò e pure rispetto al fatto aveva portato una gran quantità di pezzi di vetro rotto e nient'altro.
Lo stesso lui senza perdere nessun nuovo vocabolo, previo una rapida ricerca a terra, scelse uno dei cocci e lo pose nell'angolo basso sulla sinistra del rettangolo vuoto, che aveva da aggiustare, ed in seguito, chissà con che parametro, ne trovò un altro ed un altro ancora.
Sempre concentratissimo e mai distratto.
Sembrava cercare a terra il frammento perfetto che chiudeva tra quello appena poggiato e l'infinito.
Guardava su...
Guardava giù...
Rimescolava leggermente con i polpastrelli ed il palmo della mano i vetri ed alfine convintissimo sceglieva e poggiava.
Ed il tutto con piglio assolutamente molto, molto, molto professionale e ripeto privo di attrezzi o collanti vari.
Ora capirete...
Capirete facilmente com'ero stupito ed un tot sarcastico in merito alla riuscita della cosa, ma lui vi s'impegnava talmente rapito che non me la sentii di fermarlo, dunque mi rassegnai in salotto quantomeno dubbioso.
In effetti dentro sapevo bene quanto stavolta le pagine gialle m'avevano ingombrato però... 
Però "fuori" mi ritrovavo invece parecchio incuriosito sull'evolversi della vicenda.
Stetti insomma praticamente in stallo, certamente pessimista anche se rilassato per del tempo, finché lui venne e borbottò «tutto sistemato!».
M'alzai sogghignando comunque potete credermi se vi dico che praticamente stavo per svenire dalla sorpresa quando... 
Quand'ho visto il vetro intatto.
Rinnovato e completamente fissato e robusto e senza striature o crepe.
Pazzesco! esclamai.
In che modo ha potuto?
«Vede signore non appena m'accordai con lei stamattina uscii di casa per recarmi alla discarica, dove in mezzo ad un'enorme quantità di pezzi di vetro, con pazienza, raccolsi "coloro" che mi parevano.
E dopo pranzato sono venuto qui ove, lei m'ha visto, con altrettanta pazienza ho provato a riunirli dentro al buco come credevo.
Intende contestare?».
No. No.
Non voglio certo né rimproverarla né non pagarla, solo mi piacerebbe saperne oltre sul modus operandi.
«Uffa!
Sempre la solita storia.
Le ripeto e...
E stavolta per favore ascolti bene.
Sa già tutto di quello che ho fatto.
Non c'è nient'altro su di me da svelare.
Mi succede questa particolarità e basta e non so perché la natura pensò d'affidarmela e non mi va di capire o studiare in proposito.
La situazione mi pare eccitante e so che, e questo perfino in generale, dopo avere capito tutto altro non può rimanere che la noia.
Insomma non ho assolutamente segreti da compartire io semmai...
Semmai anzi a dirle la verità non capisco io il suo rimanerne stupito.
Che tipo di risposte è abituato ad avere dalle sue richieste?
Voleva per caso un vetro nuovo?
Be' allora impari a decidere bene cosa vuole prima di chiedere.
In fondo a me ha domandato di riparare se ben ricorda.
Di riparare.
Arrivederci.
Grazie e...
Buonasera».
Il nono estratto
( "Poema del frutto spappolato" di Leone e non per caso )
Ho messo la goccia abbondante di limone.
Scaldato il cucchiaio da sotto come per la marmellata le more.
Risucchiato quasi usassi cannuccia nel succo di pesca e mi sono fatto la pera.
E sono piombato per terra a mo' di dal ramo marcio fico.
È passato uno e m'è scivolato sopra, gambe all'aria, manco fossi una buccia di banana.
S'é messo ad urlare e contorcersi che sembrava avesse ingerito, senza togliere le spine, un fico d'India.
L'agente intervenuto m'ha detto sei fatto uguale ad un caco.
Gli spacciatori t'hanno spremuto pari un'arancia.
Vieni vieni in centrale cocco.
Che ti faccio passare per dietro un'anguria.
E per bonus t'appioppo qualche castagna.
Che se non parli ti schiaccio le susine e ti trasferisco la carruba.
Corbezzoli tuoi ho pensato e pertanto allorché uscii, dopo essere stato zitto a guisa di nel bosco lampone, stavo la guancia sinistra molto fuoco di fragola.
E l'orecchio destro sembrava settembrina vermiglio mela.
Ero contento però di non aver dato gusto tale prima della paglia la nespola, ma purtroppo mi sentivo lo stesso la testa a melone.
E sulla vetrina la mia faccia sembrava, dato vago perennemente un minimo spettinato, un trapuntato ananas con gli occhiali neri.
Allora, ammirandomi, mi sono detto mamma mia che spreco, assurdo ed inutile, di vitamina C per uno già alla frutta.
Mamma mia.
Il decimo estratto
( "Abbracci gomme da masticare e cronaca nera" di Mail il narratore di fatti perlomeno inconsueti )
Fu una mattina di fronte ad una chiesa, con le campane martellanti nei timpani, che...
Che incominciarono la sua fortuna ed anche la sua sfortuna
potremo dire.
Era in quel luogo per l'ultimo saluto al padre d'un grande amico.
Con il quale s'erano conosciuti oramai quarant'anni prima,
quando avevano quindici o sedici primavere.
E mai avrebbe potuto mancare dunque.
Solito capannello di persone occhiali scuri faccia seria.
Soliti saluti di parecchi conoscenti comuni.
Solito arrivo del carro con bara.
Un minimo per fortuna composto di scene disperate.
E via tutti in chiesa per la cerimonia.
E lui nuovamente al solito ad aspettare di fuori.
Caffettino con alcuni "colleghi".
Sigaretta nervosa e la salma presto riapparve dal santo portone
sorretta dall'amico e dai suoi fratelli o parenti stretti che...
Che dopo averla inserita in macchina funebre si fermano dietro e sono a disposizione per condoglianze ed onorificenze, al morto queste, varie.
E lui allora agì pari a tanti, si presentò dall'amico e gli strinse la mano guardandolo fisso negli occhi.
E ciò fece sì un abbraccio, forte forte forte e stretto stretto stretto, per nulla programmato ed incredibilmente emozionante sorgesse...
Sorgesse ad entrambi spontaneo.
E carico, carico, carico.
Non riusciva più a terminare da solo codesto abbraccio.
E l'adrenalina nel frattempo straripava fino a dare la percezione a momenti mi solidifico ed esco per dentro i pantaloni.
Dove questi s'appoggiano alle calze chiaramente.
E la commozione nel mentre invitava lacrime a materializzarsi per alleggerire suggestioni pesanti.
E la sensazione di mai immaginato porse così le sue migliori credenziali tanto...
Tanto che gli scapparono sul serio un tot di gocce di pipì ed uno sguardo d'odio alla persona che l'interruppe.
Pazzesco pensò, mai provato una cosa simile.
Ma quale primo bacio.
Ma quale prima scopata.
Ma quale diploma o laurea.
Ma quale realizzazione lavorativa.
Ma quale paesaggio.
Ma quale scoperta.
Ma quale vincita alla lotteria.
Ma quale nascita di figlio.
Niente, niente, niente, aveva mai suscitato altrettanto in lui.
E decise di per cui che l'avrebbe voluta ancora quest'esperienza.
Ancora, ancora, ancora ed ancora.
E la moglie di suo fratello dopo un mese morì senza una valida motivazione.
E la mamma della sua sposa fu trovata morta in circostanze anomale.
Ed il gemello del suo caro collega cadde nel burrone accidentalmente.
Ed il figlio d'un altro amico fu trovato morto d'overdose.
Lui chierichetto che non aveva giammai nemmeno fumato uno spinello.
E altri casi strani insomma cominciarono ad apparire intorno a lui.
Che nel frattempo oltre a cogliere a dismisura ed avere una dimensione ottimale di quello che poteva donare il mondo s'era...
S'era pure organizzato di conseguenza.
Mettendo ad esempio un pannolone avanti di recarsi all'ennesimo funerale.
Uno sballo.
Letteralmente uno sballo da perpetrare, con le giuste precauzioni, all'infinito.
Alla fine comunque lo beccarono, ch'era rimasta solamente una vecchia nonna tra i parenti prossimi di tutte le sue frequentazioni e stava super controllata.
Che oramai qualche sospetto aveva cominciato a serpeggiare.
Il giudice, pur trovando per una volta le motivazioni interessanti, non poté non dargli un ergastolo per ogni omicidio e se...
Se non fosse la gemella del suo compagno di cella, appena sei settimane appresso la condanna, si suicidò stranamente soffocandosi con centotrenta big babol ingerite contemporaneamente tutto...
Tutto sarebbe finito lì.

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