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Ushotoku. La malattia intrinseca dell'Ego - Taisen Deshimaru

<< Il mito del demonio è universale; il demonio occupa le profondità del mondo sotterraneo; è il simbolo delle forze istintive che scaturiscono dal subconscio e, grazie alla forza del suo potere, può essere simile agli dèi. Incarna tutte le forze che sconvolgono, oscurano, indeboliscono la coscienza e la fanno regredire verso l'indeterminato e l'ambivalente. E' il tentatore quanto il carnefice: in ciò costituisce la sua ambivalenza; è anche necessario che egli sia nefasto e distruttore, che allontani chi vi resta sottomesso (chi è lo zimbello delle forze occulte subcoscienti), ma senza di lui, senza l'istinto, non è possibile attendersi nessuna compiutezza. E' la condizione necessaria al superamento umano.
E' in questa ambivalenza che lo Zen concepisce l'idea di demonio; il demonio viene identificato con i "bonno", con i desideri, con l'illusorio; è la malattia intrinseca dell'ego - e dell'egoismo - dell'affetto quale che sia, l'affetto per il Buddha, per il bene, per la verità. E' l'incarnazione della ricerca avida, dei progetti fomentati in segreto, del calcolo; è di natura instabile, lunatica e versatile, a volte si rallegra, a volte si irrita. Infatti lo spirito del demonio oscilla sempre tra gli estremi del piacere e del dispiacere, della soddisfazione e dello scontento, della ricerca e della fuga. Si definisce con il termine "ushotoku", lo spirito del desiderio che cerca di conseguire un aspetto dell'esistenza del mondo fenomenico; il suo antonimo è "mushotoku", la non ricerca, lo spirito libero da ogni affetto, da ogni desiderio; è lo spirito che comprende l'impermanenza e l'instabilità di ogni forma fenomenica, che comprende che tutto è intrinsecamente "ku" [vacuità] e che, di conseguenza, non c'è nulla da ottenere. lo spirito di desiderio, se in sé e per sé è spiacevole quando si tratta della vita e del mondo, diventa deplorevole quando si tratta di religione. E a questo riguardo quante religioni s'ingannano!
In effetti è cosa normale trovare nello spirito dei credenti o degli adepti religiosi una forte tendenza a sperare in un conseguimento, in una ricompensa, tendenza che si fonda su una pratica egoistica, in quanto invoca il compenso, la ricompensa e, quindi, rivela una carenza. Tale carenza è la non comprensione del “ku” universale, infinito, senza limiti. Avendo fatto saltare ogni barriera della discriminazione e della dualità, vale a dire ogni limite dell’ego, il vero atteggiamento religioso consiste nell’essere questa universalità, nel diventare illimitati. Porsi un obiettivo diventando praticanti, o addirittura accarezzare la più tenue speranza di farsene un merito, colloca immediatamente l’atteggiamento religioso agli antipodi di ciò che esso dovrebbe essere: del tutto disinteressato nell’abbandono del corpo e della mente, che è lo stato puro di concentrazione in cui si fa astrazione da qualsiasi pensiero, da qualsiasi pregiudizio, da qualsiasi sentimento e sensazione; uno stato che può nascere unicamente dalla postura bene assunta e disinteressata, come ci insegna “shikantaza” [semplicemente stare seduti in zazen].
Dalla perfetta serenità del corpo, insediato nell’immobilità, emana simultaneamente la perfetta serenità dello spirito, senza movimento, né nello spazio, né nel tempo. Ciò significa ritrovare lo stato originario del nostro spirito, che trascende ogni dimensione e non può essere contenuto in niente; lo si qualifica anche con il termine che designa l’inqualificabile: “fukatoku”, che non può essere afferrato, né dallo spirito, né dal corpo, né dal pensiero, né dall’atto, né dalla parola.
Quando il vento soffia verso ovest, la nube è spinta verso ovest; lo spirito è uguale alla nube che si lascia guidare dal vento dei “bonno”, il vento del karma; da quando nasce fino a quando muore esso è vagante, a piacimento del vento, a piacimento del demonio.>>
 
 
(Taisen Deshimaru, “La pratica della concentrazione. Lo Zen e la vita quotidiana”, traduzione di Pietro Negri, Roma, Ubaldini, 1982, pp. 73-74)
 
 
(da http://phenomenaq.blogspot.it/…/ushotoku-la-malattia-intrin…)

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