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Medea - Ovidio - Metaformosi - Libro VII

Ovidio Le Metamorfosi Libro VII
Medea
 
Lo tollerassi, dovrei riconoscermi figlia di tigre
confessarmi dotata d'un cuore fatto di ferro e di pietra
Tanto varrebbe assistere alla sua morte con occhi
complici...tanto varrebbe aizzargli contro i tori
i feroci figli del suolo, il drago che non dorme mai...
Gli dei non permettano! Anche se questa non è materia
di preghiere: è materia di azione. Ma che faccio? Liquido
[ il regno
di mio padre? Uno straniero proteggo (e senza sapere
chi sia), che, salvato da me, senza me dia le vele ai venti
sposi un'altra donna, abbandoni Medea ai propi rimorsi?
Se arriva a tanto...
 
 
 
Hoc ego si patiar, tum me de tigride natam
tum ferrum et scopulos gestare in corde fatebor
Cor non et specto pereuntem oculosque videndo
conscelero? Cur non tauros exhortor in illum
terrigenasque feros insopitumque draconem?
Di meliora vilint! Quantamque non ista precanda
sed facienda mihi. Prodamne ego regna
[parentis
atque ope nescioquis servabitur alvena nostra
ut per me sospes sine me det lintea ventis
virque sit alterius, poenae Medea relinquat?
Si facere hoc...
 
 

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