L'attualità di Platone, 1a parte (L'abc della vita) | Filosofia | Francesco Andrea Maiello | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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L'attualità di Platone, 1a parte (L'abc della vita)

abc metà Ale grande.jpg
In preda alle malattie epatiche dei miei genitori...
 
nel rinvenire alla vita
mi diagnosticai una falla
che, tra pensieri folli,
la mente mi spegnea...
 
di poi preso dai giochi...
 
nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai in una selva oscura
ché la diritta via era smarrita...
 
mi ritrovai pure da solo senza più famiglia...
 
solo e pensoso i più deserti campi
vo mesurando a passi tardi e lenti
e gli occhi porto per fuggire intenti
ove vestigio uman l'arena stampi...
 
e con la prematura dipartita di mio fratello Mario, con cui condividevo l'amore per... i giochi...
 
e prego anch'io ne tuo porto quiete.
Questo di tanta speme oggi mi resta!
 
entrai in severa depressione. Nel buio dell'anima e nel vuoto della mente il tempo non passava mai e divenne così un macigno insormontabile.
 
Ma poi mi sovvenne Platone che, in virtù della sua carica di amore spirituale, mi colmò quella profonda depressione morale in cui ero sprofondato per farmi ritornare in vita e rivivere la vita nella maniera più congeniale. Mi vidi proprio come il prigioniero della sua caverna che, libero dalle catene e in groppa al cavallo bianco, tenendo finalmente ben salde le redini, volò lassù in alto nel mondo delle idee e degli ideali e...
 
così tra questa
immensità s'annega il pensier mio:
e il naufragar m'è dolce in questo mare...
 
"la bellezza brillava allora in tutta luce, quando nella beata schiera ne godevamo la beatifica visione... e la celebravamo integri ed inesperti dei mali che in seguito ci avrebbero atteso, in misterica contemplazione di integre e semplici, immobili e venerabili forme, immersi in una luce pura, noi stessi puri e privi di questa tomba che ora ci portiamo in giro col nome di corpo, imprigionati in esso come un’ostrica ...
 
Ora, la bellezza, come s’è detto, splendeva di vera luce lassú fra quelle essenze, e anche [d] dopo la nostra discesa quaggiú l’abbiamo afferrata con il piú luminoso dei nostri sensi, luminosa e risplendente. Perché la vista è il piú acuto dei sensi permessi al nostro corpo …
 
Cosí solo la bellezza sortí questo privilegio di essere la piú percepibile dai sensi e la piú amabile di tutte. Chi pertanto [e] ha una lontana iniziazione o è già corrotto non può rapidamente elevarsi da questo mondo a contemplare la bellezza in sé di lassú, col mettersi a guardare ciò che qui in terra si chiama bello; cosicché egli la riguarda senza venerazione e, arrendendosi al piacere, come una bestia, si lancia a seminare figlioli, o abbandonatosi agli eccessi non prova timore né vergogna a perseguire piaceri contro [251 a] natura. Ma chi sia iniziato di fresco e abbia goduto di lunga visione lassú, quando scorga un volto d’apparenza divina, o una qualche forma corporea che ben riproduca la bellezza, súbito rabbrividisce e lo colgono di quegli smarrimenti di allora, e poi rimirando questa bellezza la venera come divina e se non temesse d’esser giudicato del tutto impazzito, sacrificherebbe al suo amore come a un’immagine di un dio. E rimirandolo, come avviene quando il brivido cede, gli subentra un sudore e un’accensione [b] insolita: perché man mano che gli occhi assorbono l’effluvio di bellezza, egli s’accende...
 
Ma riassalendola il ricordo della bellezza, ringioisce. Cosí sovrapponendosi questi due sentimenti, l’anima se ne sta smarrita per la stranezza della sua condizione e, non sapendo che fare, smania e fuor di sé non trova sonno di notte né riposo di giorno, ma corre anela là dove spera di poter rimirare colui che possiede la bellezza. E appena l’ha riguardato, invasa dall’onda del desiderio amoroso, le si sciolgono i canali ostruiti: essa prende respiro, si riposa delle trafitture e degli affanni, e di nuovo gode, per il momento almeno, questo soavissimo piacere. Ed è cosí che non si staccherebbe mai dalla bellezza e che la tiene cara piú di tutte..."
 
Da “L'idea del Bello e la dialettica dell'amore” (Il Fedro di Platone)

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