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Verena

Verena
 
Era un pomeriggio caldissimo e afoso, ma di un’afa che si sente particolarmente a Jesolo, se non sei piazzato in riva al mare con la tua bella sdraio. Infatti ero in quel posto sonnecchiando dolcemente, aprendo ogni tanto gli occhi per vedere il passaggio sul bagnasciuga.
Purtroppo avevo un impegno. Alle diciannove iniziava il primo turno del torneo di doppio misto dove io ero impegnato. Questa volta mi avevano trattato bene con l’orario gara, ricordando che le partite del singolare me le avevano sempre programmate ad orari impossibili.
Mi alzai dalla sdraio pigramente e andai verso casa per preparare la borsa con tutto l’occorrente: scarpe, accappatoio, shampoo e ovviamente le racchette. I campi di gara erano vicino allo stadio Picchi e quindi non lontani da dove alloggiavo.. Potevo fare le cose con comodo.
La mia compagna di doppio era una ragazza tedesca di Duisburg che abitava, assieme alla famiglia, in una villetta attigua alla mia in riva al mare. Verena  il suo nome: bionda, alta, capelli lunghi, snella, con un fisico mozzafiato. Avevamo fatto subito amicizia . Il padre e la madre erano dei tipici tedeschi: grossi e rubicondi, amanti sicuramente della birra e della cucina italiana. Senz’altro danarosi. Parlavano un buon italiano.
Con Verena avevamo fatto alcune ore di tennis in buon palleggio e mi era venuta l’idea di dirle se voleva fare il torneo di doppio misto. Si mostrò immediatamente entusiasta. A me andò benissimo perché era una che correva, picchiava e non si arrendeva mai. Una perfetta partner per uno come me a cui piaceva giocare al volo e sottorete.
Scesi in strada e lei mi stava già aspettando assieme al padre che ci avrebbe accompagnato nello stadio del tennis.
Lei era sorridente e vogliosa di scendere in campo. Io, come al solito, prima di qualsiasi evento, ero sul teso e un po’ nervoso. Stavo già pensando chi avremmo incontrato di li a poco e desideravo che la cosa non finisse al primo turno. Lei invece era tutta un sorriso e non faceva che parlare, con il suo italiano dalla cadenza tedesca, di dritti, rovesci, volè, servizi e così via ….
Arrivammo ai courts e andammo a cambiarci nei rispettivi spogliatoi. Verena ne uscì fasciata da un completino corto in rosa confetto. Restai a bocca aperta e non solo io. Gli avversari erano decisamente più anziani di noi: marito e moglie. Li avevo visti palleggiare e un sorrisetto era uscito dalla mia bocca: Mi avvicinai a Verena e toccandole il braccio le sorrisi. La partita durò poco: due sets veloci come il vento. Lei correva come un cerbiatto a fondo campo, tirando palle veloci e velenose. Io giocavo sotto rete cercando di chiudere il punto al volo.
Il padre di lei era raggiante e dopo aver fatto la doccia, ci offrì delle bevande fresche. Andammo a casa felici e contenti : Suo padre cantava a squarciagola e noi ne seguivamo il ritmo.
Il torneo durava una settimana non essendoci tante coppie in gara. Potevamo arrivare benissimo in finale. Perciò passammo molto tempo ad affinare la tattica di gioco, ma anche per parlare delle nostre cose. Mi parlava di Duisburg, del Reno che la attraversava e che acoglieva l’affluente Rurhr, del ragazzo di cui era innamorata. Il Reno suscitò in meno immediatamente dei bei ricordi. Il fiume lo avevo studiato a scuola nei minimi dettagli: era ed è uno dei più importanti, se non il più importante corso d’acqua europeo. Conoscevo tutto di lui: i porti, le città, cosa veniva trasportato, i paesi europei che attraversava. Fu un grande argomento di conversazione. Però onestamente ero attratto dalla sua bellezza, dalla sua voglia di vivere, dalla gioia che trasmetteva.
Match dopo match arrivammo a giocarsi la finale contro una coppia francese. C’era una discreto pubblico corso ad ammirare le ragazze. L’incontro fu duro, punto a punto, ma alla fine vincemmo
Verena  lanciò in aria la sua Bancroft e venne verso di me a braccia aperte. Mi abbracciò e baciò dolcemente. Andammo a congratularci con gli avversari e ci preparammo per la premiazione in campo. Molti spettatori, specialmente ragazzi, le si avvicinarono per farle i complimenti, ma lei era sempre attaccata al mio braccio e  vedeva solo me.
Alla sera in un ristorante vicino festeggiammo con una super cena di pesce assieme alla sua famiglia, mettendo ben in mostra i piatti d’ argento che avevamo vinto qualche ora prima.
La premiazione ufficiale del torneo era stata programmata per il sabato successivo  in un noto locale Jesolano. Si doveva indossare dei vestiti adatti alla circostanza. Dovetti fare un salto a Treviso per trovare qualcosa di idoneo per l’occasione. Verena si presentò con uno splendido abito celeste che risaltava tutto quello che aveva da far vedere. Mamma mia che emozione vedere che molta gente si girava a guardarci, o meglio, a guardare lei. Mangiammo, ballammo dei lenti favolosi, ma la serata ufficiale non finiva mai. E noi avevamo voglia di stare da soli. Eravamo stanchi di guardarci solo negli occhi e di tenerci la mano quando si entrava in campo.
Salutammo tutti e ci rifugiammo nell’intimità della Mercedes che il padre ci aveva prestato.
Sola l’alba che inesorabilmente arrivò,  fermò la nostra notte d’amore. Eravamo tutti scompigliati: Ci demmo una rappezzata e andammo verso la sua villetta. Prima di scendere dalla vettura buttai l’occhio in giro. Si era dimenticata del reggiseno. Lo raccolsi e me lo misi in tasca.. La madre era sulla porta che aspettava. Fece finta di darmi una ramanzina ma mi strizzò l’occhio.
Avevano ancora alcuni giorni di ferie e io passai uno dei momenti più felici della mia giovinezza.
Al momento dei saluti il cuore mi batteva forte. Mi presentai con un gran mazzo di fiori e un tennista in peluche. Lei mi diede un braccialetto con incisi nome e data Ci abbracciammo a lungo e restai con un forte senso di mancanza. Poi ritornai in me. L’estate era ancora lunga e a giorni sarebbe arrivata la mia ragazza.
Ci incontrammo ancora per alcuni anni sempre a Jesolo, ma il momento magico era passato per sempre. Comunque passammo molto tempo assieme sia in spiaggia sia ai campi di tennis. Alla compagnia si era unito anche il fidanzato che, onestamente,  pur essendo al corrente della nostra amicizia si comportò sempre bene con me.
Con Verena ci scambiammo una promesso di amicizia eterna e così è stato.
Oggi, grazie anche alle moderne tecnologie ci sentiamo spesso via Skype o Whatsapp e ogni tanto mi fa vedere il piatto vinto al torneo e il peluche
 Lei, al contrario della madre, ha mantenuto la sua linea ed è una splendida settantenne. Con due figlie sposate e laureate. Parliamo sempre di tutto, ma il ricordo va sempre a quel magico luglio del 1967 e a quel giorno che alzammo felici al cielo i trofei vinti.
 

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