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La finale

Ero andato a letto presto: il giorno dopo era in programma la partita di ritorno del Campionato Provinciale Ragazzi. Ma non dormii bene e mi svegliai di soprassalto. Dai balconi non entrava luce, così fui costretto ad accendere la lampada per vedere l’ora, svegliando mio fratello che mi riempì di “rimproveri”. Erano le sette e la partita era in programma a Montebelluna alle undici presso il mitico Stadio X Martiri.
Mi alzai velocemente, presi la mia roba per vestirmi e scesi in cucina. Mamma, sebbene fosse la festa di San Giuseppe, era già in piedi a governare la casa. Un veloce saluto pregandola di prepararmi la colazione. Mi guardò di brutto e mi disse: “ non vedi come piove meglio che tu stia a casa”. Il fare, come di suo costume, era perentorio e non ammetteva repliche, ma la partita era importante e alla fine la spuntai.
Il campionato era formato da squadre della provincia e di parrocchie di Treviso. Io ero del Duomo il cui allenatore mi aveva snobbato, e mi ero trasferito a Madonna Grande con il Miane, tramite un amico di mio fratello. Lì, a dir il vero, ero tollerato perché “foresto”, ma segnavo goals e quindi volenti o nolenti mi avevano accettato. Ero un buon centravanti, dotato di un bel tiro ambidestro e con un fiuto speciale per la posizione.  “Sentivo” dove sarebbe arrivato il pallone buono ed io ero presente …. Inoltre avevo un fisico adatto per il ruolo.
Mi recai in Piazza Madonna Granda dove era fissato il raduno: pioveva e faceva freddo.   Ci infilammo in un pulmino con al seguito alcune macchine. A quei tempi non c’era traffico. Il mezzo percorse la distanza in una ventina di minuti. Avendo perso la gara di andata dovevamo assolutamente vincere per sperare nel titolo.
La pioggia continuava a scendere e quando uscimmo dagli spogliatoi per il riscaldamento il terreno di gioco, privo completamente o quasi d’erba, si presentava pieno di pozze d’acqua e fango.. Speravo in un rinvio. Rientrammo dentro per le ultime raccomandazioni dell’allenatore. Ci guardammo negli occhi e lanciammo un urlo di auto convincimento. L’arbitro fece l’appello e finalmente entrammo nel terreno di gioco. Io, da ultimo, come da rito scaramantico.. Il direttore di gara, malgrado i pareri contrari dei due capitani e una veloce ricognizione, decise che si poteva giocare.
Il primo tempo passò stancamente perché tutti noi avversari compresi, eravamo convinti che la partita non sarebbe finita …. Nell’intervallo ci cambiammo le maglie perché erano tutte inzuppate d’acqua e levammo in fango dalle scarpe di gioco. Io me ne restai in un angolo e pensando alla cocciutaggine dell’arbitro e come far fessi gli avversari che all’andata ci avevano irriso.
Al rientro la pioggia era aumentata. Il campo era zeppo d’acqua e quindi certamente non invogliava i giocatori che da par loro di voglia ne avevano pochina. Al Montebelluna bastava un pari e certamente non forzava il ritmo. Io vagavo da una parte all’altra più per scaldarmi che per giocare veramente.
Improvvisamente la nostra ala destra decise di fare una folata sulla fascia e guardando verso il centro del fronte d’attacco, lasciò partire un bel cros teso. Vidi il pallone arrivare e sentii una voce di un compagno che mi diceva: “dai tira”. Colpii il pallone di collo pieno sinistro, che intriso d’acqua, era pesantissimo, ma mi ero ben coordinato e  partì un siluro che si insaccò nel “sette” del palo lontano, levando, come si usa dire in gergo, le ragnatele.
Gioia immensa: sommerso da abbracci nell’acqua e nel fango. Da quel momento gli avversari cominciarono una disgustosa sceneggiata con l’arbitro affinché sospendesse la partita. Ma a pochi istanti dalla fine i nostri difensori, per perdere tempo malgrado il nostro capitano li invitasse a stare attenti per via del campo bagnato, cominciarono a fare melina. Il pallone a causa dell’acquitrino, si fermò e un avversario, lesto come una volpe, se ne impossessò e fece secco l’incompevole portiere. La frittata era stata fatta.  Il Direttore di gara, poco dopo, fischiò la fine dell’incontro. Nei nostri spogliatoi successe un po’ di tutto. Urla contro i due che avevano giocato in maniera scellerata. E così via …  Poi piano piano gli animi si ricomposero. Andammo a pranzo: alla fine era solo una partita di calcio. Eravamo tutti giovani e avremmo avuto altre occasioni.
Finalmente arrivai a casa. Ero abbacchiato e mi presi, dopo quelli mattutini, un’altra dose di rimproveri da parte di mia madre: Mi sentì tossire, mi tocco la fronte e sentenziò: febbre. Infatti il termometro si fisso ai 38 gradi di temperatura. .
Mamma si arrabbiò ancora di più e essendo molto apprensiva, volle chiamare il medico. Avevo preso la tonsillite giocando in mezzo a tutta la pioggia. Me ne andai a letto pensando a quel tiro e relativo goal che avevo fatto. Una cosa davvero straordinaria. Ma alla fine il titolo lo avevano vinto gli altri. Il calcio è fatto di episodi, Noi avevamo già perso nella partita di andata dove avevamo buttato al vento un sacco di occasioni. Le medicine cominciarono a fare il loro effetto. La stanchezza fece il resto. Mi addormentai. Era finita l’avventura tra i ragazzi per limite d’età. Mi aspettavano altri campionati e forse altre soddisfazioni o delusioni.
 

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