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Dopo la pazzia

Dopo la pazzia c'è sempre la quiete,
gli atomi del disagio modulati
secondo una meccanica incomprensibile.
Le radiografie alla psiche.
Il pianto.
Dopo la pazzia ci sono sempre le mani
tremolanti, i capelli arruffati per le docce perse,
la barba lunga di due o tre settimane.
C'è il caos che si ferma a fare spazio a una candela,
una candela flebile e tremula che si scioglie
come il fard di Tamara; una candela che guida
la sentinella pigra a non addormentarsi più.
Dopo la pazzia ci sono io che mi guardo allo specchio
e vedo l'ombra di me stesso. Smarrito. Vecchio.
Uscendo dal sonno della ragione,  quattro volte di fila
come un alunno ripetente.
 

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