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Sulla follia

E andando ancora verso il disagio
là  ci si scopre poeti,
mediatori di profonde vertigini,
dissimulatori del grido.
È andando là,
che s’impara l’arte del galleggiamento,
e s’impara a stare comodi
nelle zone paludose,
nelle case che fanno puzza di vecchio,
nei gabinetti incrostati.
Io sono il poeta dell’immondizia,
un ratto tra i cantori,
un parvenue della parola;
ora:  immaginate un silenzio spettrale
alle 5 del mattino,
dentro una stanzetta da nerd,
guardate questo panzone che scrive
poesie tipo questa, ogni notte
come un maniaco.
Lì conoscerete l’abisso,
la puzza d’ascelle,
tutta la negligenza d’un existance.
 
*
È la follia il problema degli umani:
questa pura- forza  astratta,
questo gigante senza centro,
questo grande contorno
dalle ali pitturate di nero;
questa cosa che tanti credono
di potere cantare,
delinearne la carne,
renderne il focus.
Ma che invece ha la condanna
di rimanere sconosciuta.
Dovremmo tutti interrogarci di più
sul ruolo del folle.
Io per esempio che da otto anni
sono diventato schizo-affettivo,
ho conosciuto il nocciolo sacro
di questo sonno chiamato sofferenza.
I folli sono l’exellence dell’uomo riflessivo.
è che con la loro sensibilità
tutta questa (troppa) sofferenza
li trasporta in un limbo
dove non si soffre neanche più.
Ma si galleggia,
s’impara l’arte della respirazione subacquea,
dove gli stronzi del mondo normale
assumono un’aria d’irraggiungibilità;
dove si pensa,
si riflette,
si conosce la rotondità del mondo.
  

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