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Meringa

Si andava tutti a puttane.
Omologati dallo Stato, gestore della gnocca, e spronati da esempi illustri: il Duce e D’Annunzio, stando ai loro biografi, ne sbrigavano una al giorno, procurate solertemente dai propri segretari.
 
   Peraltro, era netta la distinzione fra la figura di moglie (santa) e amante (troia). Figure che, oggi, ci vengono raccomandate in unica, infiocchettata confezione… possibilmente regalo. In sostanza, si vorrebbe istituire la… santa troia (se m’è concesso, proporrei la beata gnocca).
 
   Il limite d’età per entrare nei casini, o case di tolleranza, come dicevano i benpensanti (e comunque frequentatori), era diciotto anni, ma tutti noi cercavamo di entrarci prima sfruttando la carta d’identità di un amico la cui fotografia, di solito, ci somigliava soltanto nella voglia.  
Il mio… tutore, sul documento si chiamava Turchetto e ci somigliavamo come uno svedese e un somalo (io, lo svedese). Però lui aveva la bocca un po’ storta, così mi presentai alla maitresse (o ruffiana) storcendo un labbro. Quella aprì la carta d’identità e senza nemmeno guardarmi sibilò: «Fuori! prima che ti storca anche l’altro». Eggià, a quei tempi, persino le ruffiane erano gente seria.
«Brutta troia!», commentò Gigi, cioè il “somalo” Turchetto, «andiamo in Fiori chiari che là c’è Meringa, una maitresse brava.»
Infatti, Meringa si limitò a intimare: «Fuori!» Ma, nel restituirmi il documento, vide la mia espressione costernata (o forse era proprio disperata) e cambiò tono: «Cinque minuti seduto su quella sedia e… solo per guardare!», mi indicò la prima sedia della saletta.
 
   Erano sei o sette ragazze sui trenta, quarant’anni, portati come si portavano all’epoca, cioè da cani (mi verrebbe da vacche, ma sarebbe irrispettoso e maschilista). Ne ricordo bene una soltanto, mora, con un abito lungo, trasparente, aperto da un profondo spacco che metteva a nudo il morbido vello inguinale. La guardavo standomene seduto composto con le mani quasi giunte, non propriamente in preghiera… soltanto in adorazione.
Credendomi un cliente, la Mora mi si avvicinò con sguardo torbido (almeno mi parve), prese con garbo una delle mie mani e la posò sopra una mia coscia, col palmo verso l'alto, poi, scostando lo spacco, vi si sedette a cavalcioni per alcuni secondi
Non svenni.  
 
   Una “marchetta semplice” durava pochi minuti, ma una “marchetta mancata” può durare una vita. E Meringa, ben lo sapeva. Le meringhe, si sa, hanno un cuore di panna. E anche questo ricordo, s’è fatto ormai meringa.

 

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