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Danza Cosmica

Lento lo sguardo
s'appresta a varcare l'orizzonte.
Oceani di stelle
sommergono la Luna
che fluttua - mollemente -
sul mare senza tempo.

I recessi del Cosmo
vibrano dell'unico suono,
del canto dei pianeti in festa.
La Galassia balla e si dimena
come vergine
dall'origine dei tempi.

Alexis
30.04.2010

Haikai

ho defecato
al centro del tavolo
ridendoci su

***

se passo nudo
tra la gente vestita
nessuno vedrà

***

l'abito scopre
ancorchè bellissimo
le tue bruttezze

uno su mille... e gli altri novecentonovantanove?

Eccomi qui... ad ascoltare "uno su mille" di gianni morandi...
Secondo lui "uno su mille ce la fa"... e allora io mi chiedo.. e gli altri novecentonovantanove? possono farcela anche loro! Basta non perdere la speranza, anche se il viaggio della vita può sembrare molto faticoso. La parola chiave è "ritentare". Non il "ritenta" che ti trovi nelle confezioni di Kinder cereali quando non vinci una macchina o un motorino, ma ritentare per raggiungere i propri sogni, perché non si ottiene tutto al primo tentativo.. e proprio perché provi e riproverai che il risultato sarà più soddisfacente!

Un bastardo seduto sul ponte della Vittoria

Lui è un bastardo
l'uomo delle tasche bucate
l'oppiatore folle
quello che chiamano
Ruga D'Amianto.

Ha scarpe senza lacci
una gomma da masticare
che apre le bolle
lui
Ruga D'Amianto.

E' seduto sul ponte
il ponte della Vittoria
con tre euro e un catino
di spine di pesce
che guarda le donne
che passano svelte
perchè lui è
Ruga D'Amianto.

Non ha moglie
forse
dico forse
ha un figlio
ma nessuno sa davvero
chi sia
questo figlio
di
Ruga D'Amianto.

E' un bastardo
e piace alle donne
quelle che studiano
quelle che amano
quelle che cantano
quando cucinano
e sussurrano il suo nome
con due Pater Noster
e due maledizioni.

Un prete dice
che Ruga D'Amianto
è un senza Dio
un poliziotto dice
che è un terrorista
una madre sostiene
che non è suo figlio
io so solo
che lo trovi la sera
seduto sul ponte della Vittoria
che guarda le donne passare
con lo sguardo nel vuoto
lui
il senza cuore
lui
Ruga D'Amianto.
 

La parola di cinque lettere

La parola che ha detto continua a risuonarle nella mente, come quel cortese imbarazzo che l’ha accolta. Lei non sa come le sia venuto in mente, di dirla. Le è proprio sfuggita. L’ha pronunciata a capo chino, a voce bassa. Eppure è bastata a spegnere la conversazione nel solito gruppo di amici, riunito per una cena ed una piacevole chiacchierata. Per fortuna era abbastanza tardi per congedarsi, andare ognuno a casa sua. Già se li immagina, col loro sorriso ironico. «Ma proprio lei, ma ci pensi?».
 
O magari no, non avranno detto niente, si saranno limitati a scrollare le spalle.
 
No, proprio non lo sa cosa le sia venuto in mente. Eppure in queste occasioni è sempre controllata, ironica, dispensa argute osservazioni e citazioni colte senza mai risultare supponente, insomma, la conversatrice perfetta. E adesso, fare una figura del genere...
 
Eppure si stava parlando delle solite cose. La politica - ma solo per fare qualche battuta ironica sull'Italia che non cambia mai - l'ultimo libro di tizio, l'ultimo film di caio, la tal mostra, il tal concerto. Poi uno ha detto: ah, per me il cinema è veramente importante. E così si è passati a parlare di quali siano le cose «veramente importanti». E chi citava la lettura, chi l'ascoltare musica, chi il viaggiare...
 
Lei, contrariamente al solito, stava zitta. Li ascoltava come se fosse immensamente lontana, non nella stessa confortevole stanza con loro, seduta sul confortevole divano di quella confortevole stanza. Li ascoltava e pensava: «no, no, non è così, c'è qualcosa di più importante». Ma era come se questo qualcosa le sfuggisse.
 
Ma  lo sapeva, lo sapeva che c'era qualcosa di più importante. La sua mente analitica continuava a cercare, cercare. E poi all’improvviso l'aveva trovato, quel qualcosa, ed era rimasta stupefatta dalla semplicità della risposta. E proprio in quel momento, incuriositi dal suo silenzio, le avevano chiesto: «E per te, qual è la cosa veramente importante?» e lei non aveva potuto farne a meno di dirlo anche a loro, come se fosse la soluzione di un indovinello che era riuscita a decifrare. E l'aveva pronunciata, quella stupida parola di cinque lettere. Aveva detto:
 
«Amare».
 

Come un quadro di Monet

Non abbiamo saputo cogliere il presente
abbiamo camminato troppo in fretta
le uniche soste, per riannodare i lacci delle scarpe

Abbiamo immaginato porte e pareti
eravamo, invece,
gherigli senza scorza
uniti da non far passare aria
ma esposti a pioggia e vento

E tu amore
anche se vedi che sorrido in un giardino
come un quadro di Monet
sappi che dietro a tanto incanto
c'è un pianto che soffoca l'anima

il paese dei balocchi

Dai tuoi occhi, laghi gemelli, abissi di luce celeste,
scruto e vedo l'infinito irreale e proibito, un mondo perfetto, di Pinocchio con Lucignolo e di Alice...
 dove la fantasia dell'Amore regna sovrana e il ciclo della vita è scandito dal pulsare del mio cuore,
che batte orgoglioso e superbo....
Poi le tue palpebre crudeli e violente, si chiudono in una morsa, tutto scompare,
il buio ritorna sovrano, il silenzio ovattato che tutto placa e arresta.
La realtà mi circonda, i tuoi laghi bagnati dalle mie lacrime, la fine del sogno, è il The End del paese e dei suoi ciuchini...

un bacio rubato

Rimpiango di aver rifiutato le tue labbra delicate, che ora potrò soltanto guardare,
provo rabbia verso la mia paura e la mia insicurezza,

sono fragile.. troppo debole per questo genere di cose, e a differenza dei miei sogni ad occhi aperti non sono una leonessa invulnerabile...

vorrei tornare indietro, ma il passato è qualcosa di irraggiungibile,
vorrei fuggire dal presente, fuggire dalla realtà, perché mi sento schiacciata da essa..
mi sembra di essere sempre triste... forse perché il dolore è più pesante della felicità..

E ora le tue labbra sono per qualcun'altra.. e quel bacio non più mio mi è stato rubato, senza infrangere nessuna legge, ma comunque non lo rivedrò mai più...

Scrivere è bellissimo!

Tre stelle brillano nel cielo in questa notte calda. Esco dal bagno avvolta nell’accappatoio e scivolo nella mia camera, a piedi scalzi. Decido di indossare per la prima volta dopo tanto tempo la mia camicia da notte di lino viola e mi butto sul letto. La casa è buia, l’unica luce accesa è quella della mia camera da letto, fioca, devo cambiare lampadina. La porta-finestra è socchiusa e uno spiffero d’aria solleva le mie tende color pastello, facendo disegnare loro ampi cerchi concentrici. Finalmente è estate. Pensieri senza forma rimbalzano qua e là nella mia testa mentre cerco istintivamente un foglio straccio e una matita che si possa definire tale. E’ sempre così: quando sento il bisogno di scrivere mi prudono le dita e devo chiudere gli occhi forte per non lasciar scappare il pensiero che ho in testa. Recuperato un moncherino e un block notes mi butto avidamente sulla carta: che bello scrivere. Osservo felice il mio pensiero che finalmente ha preso forma, la forma di tante lettere e parole che danzano nella mia stanza e che mi sorridono. Scrivo, scrivo e non mi fermo, è difficile trovare un modo per concludere i pensieri di quella giornata. Perché se riesco a trovare una fine per il mio racconto, non posso dire lo stesso dei miei pensieri, che si evolvono e crescono, durante tutta la notte. Scrivo di me, di quello che ho in testa, di quello che penso e di come vorrei cambiare il mondo. Scrivo delle mie emozioni, dei miei sentimenti, delle cose che mi succedono. Scrivo delle mie manie, della Terra che si trasforma, di come vedo le cose, di come considero le persone. Scrivo di tutto.

Resta

Resta, spingiamoci oltre il buio

di lato agli occhi della finestre in fiore

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