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Bianco e nero.

chiudo gli occhi
lame saettanti di luce azzurrina
lacerano il nero profondo
attraversandomi le orbite
 
apro gli occhi
il bianco alienante della stanza
offende  e ferisce le mie pupille
riconosco il dolore subitaneo
 
chiudo gli occhi
adagiato sulla coltre rassicurante
del nero ovattato e amico
ascolto paziente passare il dolore
 
bianco e nero
apro gli occhi e sogno a colori
il film è finito, finalmente
chiudo gli occhi
 

Colori ribelli.

socchiudo le palpebre
come prudenti persiane
imprigiono gelosamente
una rivoluzione carminio
tra il grano pettinato ad arte
mi strappa un sorriso
che sono felice d'essere
ogni tanto - non come dovrei.
 

Mille e più colori.

se le mie parole avessero colore
dipingerei un meraviglioso acquerello
con tenui colori, gentili e delicati
descriverei sensazioni dimenticate
 
se i miei pensieri avessero colore
come Van Gogh incendierei l’anima
forti e violenti, ma sempre sinceri
descriverei così amori sensuali
 
se potessi scegliere il colore
per descrivere i miei anni passati
userei l’iride rigogliosa di tutti i colori
della grande tavolozza della vita
 

a schizzi e a spruzzi

Sveli,
ancora una volta,
nell' eccesso dei  gesti
i frammenti di un antico canto.
Decifro a stento
le tue contraddizioni e
guardo oltre la calma delle onde
che si confonde con la nebbia
 da lì,
proprio da quel centro,
risorge la brama
a schizzi e a spruzzi
mentre, invano, ti fai ombrello di te stesso.
L'attesa si fa sussulto
imprigiona e tutto sovrasta
Tutto è blu come i tuoi occhi.
Troppo lucidi per mentire.
 

Lettera d'amore

Tu, amore mio che mi domandi sempre di parlarti del nostro futuro, oggi voglio scriverti cosa penso veramente dalla parte più profonda del mio cuore e perdonami se parlerò di presente e di passato costruendo metafore su metafore, confuse immagini nei tempi e similitudini allegoriche tra strofe e passi; righe in rima nei modi e scioglilingua poetici a cavallo tra poesia e prosa come fosse un gioco che mi riesce perché mi ci trovo sempre, quando scrivo a te, come un gatto sul tetto.
 Sai anche noi camminiamo sullo stesso bordo, al ciglio delle stesse tegole scosse, sempre mosse, legati da un’unica mano e sul foglio di questa carta che vola agli spesso imprevisti vortici dei tempi, sta scritta la poesia della mia vita con te. Ma troppo dentro questo soffio di vento stiamo, che a volte ne ho paura io stesso. E in questi pochi attimi di vita di questi prossimi infiniti anni con te, a volte immensi amori perduti e sogni infranti come fantasmi vagano e uniche sono le mobili parvenze che vagamente a volte compiamo. Strade di gesti che lastrichiamo d’inutili parole. Spesso perdiamo allora la storica memoria persino difficile a dimenticarsi dal tanto male di olocausti compiuti ed erigiamo approssimative scuse o ci accontentiamo di un suono mediatico e di una lacrima che scivola facile o del falso sorriso dello stupido al potere.
E per le occasioni uniche perdute? A volte, in questo caso un insulto sta a difenderci o un sussulto sta ad amare. Ma il tempo passa e grava presente nel sogno di un istante, nella paura di sempre nell’atavico rispetto per la Signora, solo perché prima o poi busserà alla nostra porta e non per altro.
Quindi per lasciare qualcosa: scriviamo, e come sempre io scrivo e ci domandiamo: dove andiamo? Perché dobbiamo? E senza una vera risposta ci sentiamo così come adesso siamo, una povera pietra che rotola; per non doverci pentire e al peso del cuore non riuscire mai e continuamente provare pur di non lasciare nulla di intentato; destinati poi, a non vedere legata alla precedente la nuova generazione, che resta eternamente legata a identici sogni: ma distrugge pur di ricominciare a costruire sulle macerie di chi ci ha lasciato, non prima di aver gettato irriverenti il sale sull’appena consegnato.
Figli contro i padri o lotte perdute così diabolicamente ripetute. E poi le nuove invenzioni:
bambini clonati, dna di animali estinti o dittatori riabilitati o peggio: perdonati.

I colori di Roma

 grida quel gabbiano
tra i tanti gabbiani
: volteggia ad ali spiegate sul biancore del marmo
nei pressi del fiume
-là dove si piega e si stonda
ad abbracciare i vicoli e le piazze
brulicanti macchine e persone-
oltre le cime dei platani che inverdiscono
in questa primavera esitante
che si confonde nel grigio
 
ah, sì! questo grigio di Roma
queste tinte sfumate dei palazzi
che sottendono l'azzurro e l'esplosione dei colori
e che disegnano lo sguardo
inchinandolo alla bellezza
costringendolo a non vedere altro
a non amare altro
 
è qui
è qui il motore immobile la causa apparente
qui
la radice profonda dell'appartenenza
il grido al cielo
l'illusione di eternità
 
 
 

Anima nera

 
 

Il tuo corpo è lì
Fremente nello specchio
L’anima nera
Esce lealmente fuori
È la tua tetra realtà

 

 

Davvero

Cambia il tuo volto,
l'ennesima promessa rinnegata.
Scintilla malizia
nei tuoi occhi color carbone.
Il tuo sorriso
nasconde
ironia di peccati.
Chi sei?
Chi sei
          davvero?

Dal palco arringando gli esuli

Eravamo becere vele latine
usati dialetti per alienare il vento.
Una lingua antica che sapeva mentire nelle andature
ai sobbalzi della storia.
 
Parlavamo di prua alle orde di conquista,
più che i candidati in urla dai muri;
avevamo intorno schiamazzi di nuvole grame
ed occorreva la fretta dei motori a scoppio
perchè si riguadagnasse la prossima piazza.
Eravamo beceri, becchi e controversi!
Fuori dalle fosse dei morti, corvi di borsa.
Era conteso l’abisso
e, sul tappeto d’acqua, sconveniente battere i piedi
provocando la roulette dei miracoli.
 
Ma il mare della gente muta, muta la mente.
 
Quando lei parlerà non basteranno mani
alle cime dei cuori.
 

Altro colore

Sentire tutto un mare,
il rosso di un profilo innamorato
dove il rumore di una carezza
attrae il mio essere fantasia
sopra l'azzurro di uno sguardo.
L' amore segue con labbra in aria
il bianco di una fila di sospiri,
nell'acqua l'ombra di un'eternità
mi rallegra.
E le vetrate blu della tua pelle
mi fanno vedere quasi
il sapore di un cielo intimo,
come se tutto fosse giallo
di sogno,
altro colore da far entrare
in noi.

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